Fonte: Climate&Capitalism - 20.10.2024
Dopo le ultime tre settimane, dovrebbe essere chiaro a tutti che gli uragani e le tempeste, in un mondo modificato dal clima, sono minacce diverse e molto più pericolose di quelle che l'umanità ha affrontato finora.
La regione delle Smoky Mountains sta ancora contando i danni causati dal gigantesco uragano Helene, che si è riversato dal Golfo del Messico nel cuore dell'America, riversando 42 trilioni di galloni d'acqua sui terreni montuosi già saturi per le tempeste precedenti polverizzando, idraulicamente, miliardi di dollari di infrastrutture, aziende e case.
Per fare un paragone, la precedente inondazione da record nella zona risale al 1916, quando, secondo Accuweather, «il fiume Swannanoa, a Biltmore, è salito a 21,70 piedi, un record che è rimasto imbattuto per più di 100 anni, finché Helene non lo ha portato a 26,10 piedi, battendo quel record di 5 piedi».
Accuweather ha stimato i danni di Helene in 250 miliardi di dollari o più. L'uragano Milton, che è seguito rapidamente, ha aggiunto altri 50-100 miliardi di dollari in stime di danni ancora in crescita.
La fisica di base descrive i fattori che stanno accelerando le tempeste in un mondo sempre più caldo.
In primo luogo, un'atmosfera che si riscalda trattiene più umidità, che è energia latente per le tempeste. Le acque calde degli oceani sono anche benzina per gli uragani.
All'inizio dell'estate scorsa, i meteorologi hanno messo in guardia sulle implicazioni delle temperature record della superficie del mare, causa di potenziali tempeste. Ma dopo un forte inizio della stagione degli uragani, le condizioni sono diventate avverse per lo sviluppo di tempeste nell'Atlantico, sopprimendo gli uragani fino a luglio e agosto.
Ma il calore e il vapore acqueo erano ancora lì, e la fisica trova sempre un modo.
A giugno, ad esempio, una depressione tropicale satura ha scaricato 13 pollici di pioggia sulla Florida meridionale. L'uragano Beryl ha raggiunto la costa del Texas, si è spostato a nord-est e ha innescato un disastro di inondazioni nel Vermont settentrionale, esattamente un anno dopo una simile catastrofe alluvionale. A settembre, un ammasso di nubi troppo disorganizzate per avere un nome ha fatto cadere un quantitativo di piogge “di 500 anni” sulle coste della Carolina.
In un mondo riscaldato non c'è bisogno di un uragano di grandi dimensioni per vedere gravi danni.
Non è necessario vivere sulle coste per subire gli effetti devastanti degli uragani.
In secondo luogo, le acque calde dell'oceano favoriscono la “Rapid Intensification”, ovvero tempeste che si espandono a velocità spaventosa, da depressioni tropicali a grandi uragani. Ad esempio, nell'ottobre 2023, nel Pacifico, i venti dell'uragano Otis si sono intensificati di 100 mph in 24 ore, colpendo Acapulco quasi senza preavviso; è stato il primo uragano di categoria 5 a toccare terra sulla costa pacifica del Messico.
L'uragano Milton ha superato tutte le previsioni con la sua rapida intensificazione nel Golfo.
Le tempeste che si intensificano rapidamente rendono molto più difficile, per le autorità, prepararsi e diramare avvisi adeguati, aumentando così gli impatti, i danni ed i decessi.
In terzo luogo, un clima più caldo aumenta la velocità dei venti degli uragani. Secondo il meteorologo Jeff Masters, anche un piccolo aumento percentuale della velocità dei venti si traduce in un potenziale di danno molto maggiore. Una stima della NOAA suggerisce che «un uragano di categoria 2 con venti a 100 mph causerà 10 volte i danni di un uragano di categoria 1 con venti a 75 mph».
In quarto luogo, tutti gli uragani odierni si verificano sempre più in alto mare, il che rende le mareggiate più dannose e rappresenta una minaccia maggiore per le infrastrutture, le case e le aziende costruite in un'epoca diversa, letteralmente: su un pianeta diverso.
Inoltre, un nuovo studio, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista Nature, mostra che un numero maggiore di cicloni sta toccando terra con maggiore intensità, mentre un altro studio evidenzia una tendenza crescente alle tempeste che si abbattono in modo forte e improvviso, come hanno appena dimostrato Helene e Milton.
Il clima non sta semplicemente cambiando, è CAMBIATO, ma il nostro modo di pensare non è riuscito a tenere il passo.
Viviamo in un mondo in cui i presupposti storici non sono più validi e i cambiamenti continueranno ad arrivare.
Il Washington Post riporta questa settimana una nuova, dura realtà: «Le calamità climatiche stanno diventando più frequenti, mortali e costose in un Paese che sta già affrontando enormi sfide finanziarie».
Il Post cita Mark Zandi, economista capo di Moody's Analytics: «Penso che il costo del [cambiamento] climatico sia sempre più una minaccia per le nostre già fragili prospettive finanziarie» – se consideriamo «decine o centinaia di miliardi in più ogni anno per aiutare a mitigare le ricadute degli eventi climatici, le prospettive sembrano ancora più fosche».
Nessuna società può gestire un problema che non è disposta a riconoscere e a nominare. La nostra politica è stata paralizzata da una campagna molto efficace, durata quarant’anni, condotta dagli interessi dei combustibili fossili per indebolire la fiducia degli americani nelle autorità scientifiche e ingegneristiche, che sono il fondamento stesso della nostra prosperità e leadership globale.
Le soluzioni, sotto forma di energia pulita e priva di emissioni di carbonio, sono a portata di mano e, come abbiamo visto a Midland e nelle contee limitrofe, migliorano immediatamente la qualità della vita nelle comunità ospitanti, aumentando notevolmente il gettito fiscale, rendendo più resilienti le reti elettriche e stabilizzando i redditi delle aziende agricole familiari, contribuendo al contempo ad assicurare un futuro sostenibile per i nostri figli e le generazioni future.
Peter Sinclair
Traduzione di Alessandro Cocuzza
Fonte: Climate&Capitalism 20.10.2024
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