Fonte: Science for the People - 09.09.2022
Uno studio pubblicato recentemente sul giornale Molecular Psychiatry ha suscitato grande scalpore tra la comunità scientifica in quanto confuta la predominante "ipotesi serotoninergica" della depressione. In appena due settimane dalla pubblicazione è stato letto da quasi mezzo milione di persone ed è stato oggetto di decine di articoli conseguenti.
I ricercatori hanno analizzato un totale di 17 sistematic reviews, meta-analisi, e altri studi, focalizzandosi sui seguenti 6 principi riguardanti l’ipotesi serotoninergica della depressione:
"(1) Serotonina e il suo metabolita 5-HIAA - se ci siano o meno livelli inferiori di serotonina o del 5-HIAA nei fluidi corporei dei pazienti depressi; (2) Recettori - se ci siano o meno alterazioni dei livelli dei recettori della serotonina nei pazienti con diagnosi di depressione; (3) Il trasportatore della serotonina (SERT) - se ci siano o meno livelli più alti del SERT nei pazienti con diagnosi di depressione; (4) Studi sulla deplezione - se la deplezione di triptofano (che diminuisce la serotonina disponibile) possa indurre la depressione; (5) Il gene del SERT - se ci siano livelli aumentati del gene del SERT nei pazienti con diagnosi di depressione; (6) Se ci sia o meno un interazione tra il gene del SERT e lo stress nella depressione."[1]
Basandosi sui principi qui sopra elencati, nessuno degli studi ha evidenziato alcuna significativa correlazione tra i livelli di serotonina e la depressione, portando i ricercatori a concludere che «non c’è nessuna evidenza convincente del fatto che la depressione sia associata, o causata, da livelli più bassi, o diminuita attività, della serotonina.»[2]
I ricercatori sostengono inoltre che, «l’idea che la depressione sia il risultato di anomalie nelle sostanze chimiche del cervello, in particolare della serotonina (5-idrossitriptamina o 5-HT) è stata influente per decenni» tanto che oggi «oltre l’80% del pubblico ritiene ormai assodato che la depressione sia causata da un’alterazione chimica.»[3] Alla luce di questi risultati, ci dobbiamo chiedere: come mai un’ ipotesi che ha fallito più volte nel dimostrare la relazione su cui si basa, ha raggiunto un'approvazione così generale?
L’ipotesi serotoninergica non è sempre stata la spiegazione dominante della depressione. Poco dopo la seconda guerra mondiale «il primo antipsicotico, la clorpromazina, è stato sintetizzato aggiungendo un gruppo cloridrico alla struttura della prometazina.»[4] Questa sintesi ha posto «le basi per lo sviluppo dei primi antidepressivi» che sono emersi in seguito alla presentazione di Roland Kuhn al World Psychiatric Association Meeting nel 1957; poco dopo sarebbe stato introdotto in Svizzera il primo antidepressivo triciclico per uso clinico.[5]
Un decennio dopo, a metà degli anni 60, una serie di studi introduceva la serotonina come la «molecola alla base della depressione». Questi studi culminarono nel lavoro di Lapin e Oxenkrug, che postularono nel 1969 la «teoria serotoninergica della depressione, basata sul deficit di serotonina a livello intersinaptico in alcune specifiche aree del cervello»6] Negli anni seguenti, la compagnia farmaceutica Eli Lilly creò un gruppo di ricerca sull’associazione serotonina-depressione, che individuò la fluoxetina cloridrato come «il più potente… inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina tra tutti i composti sviluppati.»[7] Questo risultato portò all’approvazione del Prozac (nome commerciale della fluoxetina cloridrato) per uso clinico da parte della Food and Drug Administration (FDA), il primo grande farmaco antidepressivo antagonista selettivo del reuptake [ricaptazione] della serotonina.[8]
Il lancio del Prozac rivoluzionò la mercificazione della medicina, incorporando un nuovo campo della pubblicità di massa che da quel momento in poi è diventato uno standard. Ad ogni modo, come evidenziato nel documentario Prozac: A revolution in a capsule, il farmaco ottenne la sua diffusione non solo attraverso la pubblicità - che, cosa piuttosto interessante, comparve in primo luogo nelle riviste di affari e finanza - ma anche attraverso l’introduzione nella cultura dell’epoca, come un simbolo iconico del suo zeitgeist.[9] Dai film di Woody Allen a The Sopranos, fino ai talk show della notte, il Prozac divenne il farmaco del suo tempo, un prodotto che, come la droga Soma in Brave New World [Il mondo nuovo, romanzo di Aldous Huxley, N.d.T.], forniva diretto e immediato piacere. Tutto questo portò al boom del Prozac, rendendolo, nel 1990, il farmaco più prescritto degli Stati Uniti, e nel giro di dieci anni dalla sua messa in commercio, nel 1988, raddoppiarono le visite mediche per depressione, mentre triplicarono le prescrizioni di antidepressivi.[10]
L’associazione tra la depressione e i ridotti livelli di serotonina fu il risultato voluto di campagne di marketing dell’industria farmaceutica, sostenute istituzionalmente (per esempio, dalla American Psychiatric Organization). Ciò ha fornito «un'importante giustificazione all’uso di antidepressivi» e ha perpetuato un mercato dei farmaci antidepressivi, valutato in quasi 16 miliardi di dollari nel 2020 (cifra che si prevede salirà a 21 miliardi entro la fine del decennio);[11] nell’attuale epidemia di antidepressivi, un american* ogni 6 assume un antidepressivo.[12] Questo fenomeno non può essere compreso separatamente dalla generale mercificazione e commercializzazione della medicina. Come ha sostenuto Joanne Moncrieff: «Ci sono alcune evidenti guide di questa tendenza, come l’industria farmaceutica, le cui attività di marketing sono state facilitate, sia dall’ arrivo di Internet che dalle politiche di deregulation, compresa l’abrogazione del divieto di pubblicità ai consumatori negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi negli anni ’90».[13]
Queste sono le ragioni e le modalità con cui la teoria serotoninergica ha guadagnato e sostenuto la sua egemonia a partire dagli anni ’90. Tuttavia, all’interno della comunità scientifica, quest’ipotesi è stata messa in discussione per quasi vent’anni, dal momento che studi individuali ne hanno confutato varie parti. La comunità scientifica, in linea di massima, è molto più scettica, a riguardo della "ipotesi serotoninergica", di quanto lo sia il grande pubblico. Questa disconnessione tra l'articolata e sfumata scienza della depressione e la percezione del pubblico profano è stata oggetto di vari articoli e conferenze, e dice molto a riguardo della separazione della scienza dalla vita quotidiana e dell’efficacia della commercializzazione della medicina.[14] Nondimeno, il 'botto' causato dal recente studio è dovuto al suo carattere esaustivo di "umbrella review" [revisione di revisioni, N.d.T.], che ha esaminato in blocco tutte le parti dell’ipotesi serotoninergica e, così facendo, nell’essere andato ben oltre i vari studi che si erano focalizzati su singole parti negli ultimi due decenni.
Dal determinismo biochimico al materialismo dialettico
C’è un mito diffuso che sostiene che coloro che operano nella società come "intellettuali" professionisti sono in qualche modo "autonomi e indipendenti" dall'ordine sociale dominante e dagli interessi della classe dominante.[15] Questo mito predomina nella comunità delle cosiddette scienze "dure" forse più che in qualsiasi altro livello di intellettuali tradizionali. Vi si assume come sensum communem che la scienza sia obiettiva e slegata dall'ideologia e dai fattori sociali. Per queste persone, come hanno detto gli scienzati marxisti Richard Levins e Richard Lewontin, «nulla evoca tanta ostilità… quanto il suggerimento che le forze sociali influenzino o addirittura dettino il metodo scientifico o i fatti e le teorie della scienza.»[16] Ma è proprio in questa illusione di obiettività non-ideologica che l’ideologia può essere vista come la più radicata, funzionando come cose che non sappiamo di sapere, cioè come presupposti non riconosciuti o pregiudizi intrinseci che mediano il modo in cui gli scienziati approcciano il mondo.
Questo non significa, come sostiene la malattia postmodernista [17] che affligge una parte della filosofia della scienza, che dovremmo mantenere un «profondo scetticismo epistemiologico» il quale spesso, come fa notare Ellen Meiksins Wood, confonde «le forme della conoscenza con i suoi oggetti… come se affermassero, ad esempio, non solo che la scienza della fisica è una costruzione storica, che è variata nel tempo e in diversi contesti sociali, ma che le leggi della natura sono esse stesse "socialmente costruite" e storicamente variabili.»[18]
Al contrario, nel marxismo, come sostiene Helena Sheehan, «non c’è alcun conflitto tra [sottolineare] la natura storica e contestuale della scienza e [affermare] la razionalità e il carattere complessivamente progressista del suo sviluppo.»[19] In sostanza, la comprensione del carattere socialmente determinato della produzione scientifica da parte della tradizione marxista, non dice che l’oggettività scientifica sia respinta o che l’oggetto stesso della ricerca scientifica sia concepito come relativo. Ciò che viene respinta è la forma di oggettività astratta e non mediata che prevale nelle scienze, mentre si afferma una necessaria comprensione, socialmente mediata, dell'oggettività scientifica. Ciò supera, come fa notare Sheehan, lo stantio dualismo "oggettivismo/costruttivismo" che struttura oggi il dibattito sulla scienza e afferma invece un atteggiamento dialettico tra entrambi gli elementi.[20] È importante chiarire questo aspetto affinché la prossima analisi dell'influenza del capitalismo sulla scienza non venga confusa come un abbraccio del relativismo e un rifiuto della capacità della scienza di produrre una conoscenza oggettiva del mondo.
L’ipotesi serotoninergica emerge in ciò che Levins e Lewontin chiamano "riduzionismo cartesiano" (l’oggettivismo estremo), che ritengono essere «la modalità di analisi dominante» in tutte le sfere delle scienze odierne. In psichiatria questo emerge nella forma del determinismo biochimico e genetico, un tentativo di ridurre la complessità dei problemi di salute mentale a malfunzionamenti di meccanismi biochimici o genetici per i quali, rispetto a questi ultimi, le grandi aziende farmaceutiche hanno sempre una pillola. Ma, come argomenta Moncrieff, «i problemi di salute mentale non sono equivalenti alle condizioni fisiche e mediche, vanno considerati, più proficuamente, come problemi delle comunità o delle società.»[21]
Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato che «all'interno di un determinato luogo, le persone con reddito più basso hanno, in genere, una probabilità da 1,5 a 3 volte maggiore rispetto ai ricchi, di soffrire di depressione o ansia.»[22] La quantità di fattori che derivano e contribuiscono alla povertà ha permesso ai ricercatori di stabilire «una relazione causale bidirezionale tra povertà e malattia mentale», al punto che la povertà aumenta la probabilità di malattia mentale e ne è ulteriormente accresciuta da essa.[23] Il fatto che i più poveri, in qualsiasi contesto, abbiano fino a tre volte più probabilità di soffrire di depressione rispetto ai ricchi, dimostra che qualsiasi analisi della depressione deve necessariamente tenere conto del contesto socioeconomico dell'individuo. L'insoddisfazione indotta dalla disuguaglianza permette di comprendere sia la povertà che la depressione in modo relazionale. Come Marx osservò già nel 1847,
I nostri bisogni e i nostri godimenti sorgono dalla società; noi li misuriamo quindi sulla base della società, e non li misuriamo sulla base dei mezzi materiali per la loro soddisfazione. Poiché sono di natura sociale, essi sono di natura relativa … Una casa può essere grande o piccola; fintanto che le case che la circondano sono ugualmente piccole, soddisfa a tutto ciò che socialmente si esige da una casa. Ma se, a fianco della piccola casa, si erge un palazzo, la casetta si ridurrà a una capanna... se il palazzo vicino cresce in misura uguale o anche maggiore, l’inquilino della casa relativamente piccola si sentirà sempre più a disagio, sempre più scontento, sempre più oppresso tra le sue quattro mura.[24]
Il riduttivo quadro cartesiano contiene diversi difetti metodologici che impediscono la comprensione concreta del mondo. Tratta, ad esempio, le interazioni tra parti e intero in modo unilaterale, come se le parti fossero entità omogenee, ontologicamente precedenti all'intero, e quindi come se l'intero fosse semplicemente la somma delle sue parti. Così facendo, questa prospettiva traccia linee artificiali e rigide tra cause ed effetti e non riesce a vedere come parti ed interi siano reciprocamente condizionanti, cioè come «la loro stessa interazione strutturi il modo in cui sono interconnessi compenetrati, risultando in ciò che viene definito, un intero.»[25] In breve, come gli interi non sono semplicemente la somma delle parti, ma le totalità attraverso cui le stesse parti raggiungono le funzioni che formano l'intero. Si tratta, in sostanza, di una riflessione metodologica sulle scienze dell'individualismo borghese e sulle robinsonate[26] che separano artificialmente gli individui dalla società e ritengono quest’ultima esssere semplicemente la somma di costoro.
Tuttavia, il determinismo/riduzionismo biochimico non deve necessariamente ridurre le sue spiegazioni ad un unico fattore. Per esempio, l’effimero successo degli SSRI [27] nel curare la depressione ha portato alcuni scienziati a sostenere ex adiuvantibus [28] (ragionando a partire dal risultato) che il ruolo della serotonina nella depressione sia di tipo interattivo e sia dovuto alla sua relazione con altre molecole come l’adrenalina e la dopamina. Benché ciò rappresenti una visione più articolata dell’ipotesi serotoninergica, in particolare, e della spesso erroneamente paragonata visione della depressione come "squilibrio chimico", è non di meno una forma di determinismo biochimico.[29] Questo, perché non riesce a vedere come lo "squilibrio chimico" non nasce dal nulla ma sia un prodotto dell’ambiente materiale in cui è inserito l’individuo. Il punto, ancora una volta, non è quello di sminuire il ruolo della biochimica per elevare quello dell’ambiente, ma di vedere entrambi come dialetticamente interconnessi, agenti «tra di loro attraverso il mezzo delle loro [individualità].»[30] Come sottolineano Levins e Lewontin, l'individuo «non può essere considerato semplicemente come oggetto passivo di forze autonome interne (biochimica/geni) e esterne (ambiente)», ma piuttosto l’individuo funziona come soggetto-oggetto che è allo stesso tempo condizionato da questi fattori (come oggetto) e reciprocamente li condiziona (come soggetto).[31]
I limiti dell’ipotesi serotoninergica dominante contribuiscono inoltre a dimostrare ciò che Friedrich Engels ha sottolineato nel suo testo incompiuto Dialettica della natura: «Gli scienziati naturali credono di essersi liberati della filosofia ignorandola o maltrattandola … sono nondimeno in schiavitù di essa, ma sfortunatamente, nella maggior parte dei casi, di quella della peggior specie.»[32] Questa visione riduttiva e biodeterminista imprigiona la scienza nel pensiero astratto, impedendole di vedere le cose nei loro movimenti e nelle loro interconnessioni. Riduce forzatamente problemi più ampi a semplici componenti - poiché questi sono visti come la base ontologica dell'intero - e limita la possibilità di osservare dinamicamente e globalmente questioni come la depressione.
E’ molto più comodo ridurre la depressione ad un fenomeno biochimico cerebrale che analizzare come le relazioni sociali prevalenti nel modo di vita capitalista creino le condizioni per l'emergere della depressione. Allo stesso modo, una volta stabilita questa riduzione, è molto più facile trattare la "soluzione" attraverso il consumo individuale di farmaci che attraverso un'attività rivoluzionaria organizzata socialmente. Come sostiene Moncrieff «nascondendo la natura politica» del disagio mentale, alcune «attività sociali conflittuali» sono inibite, e si distoglie l'attenzione «dai fallimenti del sotteso sistema economico .»[33]
Ricondurre la depressione al rapporto alienante e di sfruttamento tra le persone e il loro lavoro, i loro simili e la natura, non sarebbe solo un compito molto più laborioso, ma finirebbe necessariamente per evidenziare le radici sistematiche del problema. Data la mercificazione universale del capitalismo, e la forma che questa assume in quella che Levins e Lewontin chiamano "mercificazione della scienza", un risultato del genere sarebbe direttamente contrario agli interessi delle istituzioni che controllano la produzione di sapere scientifico.[34] Come in tutti i campi in cui è penetrata la logica universalizzante della produzione di merci, lo scopo è, chiaramente, il profitto; la ricerca della verità e la scoperta scientifica sono assorbite nella ricerca del profitto. Ciò è specialmente vero dopo quattro decenni di neoliberismo, in cui, come nota Moncrieff, «sempre più aspetti del comportamento e del sentire umano» sono stati mercificati e trasformati «in una risorsa di profitto per le industrie farmaceutiche e sanitarie».[35] «Investire nella ricerca» come sostengono Levins e Lewontin «non è nient’altro che uno dei vari modi di investire nel capitale».[36]
Nel mondo occidentale, questa realtà era chiara alla ricca tradizione di scienziati marxisti britannici come J.B.S. Haldane, J.D. Bernal, Hyman Levy, e altri che emersero dopo il Secondo Congresso Internazionale di Scienza e Tecnologia del 1931. Come J.D. Bernal affermava nel 1937, «la produzione volta al profitto non potrà mai sviluppare le piene potenzialità della scienza eccetto che per i suoi fini distruttivi», solamente «la comprensione marxista della scienza la mette in pratica al servizio della comunità e allo stesso tempo rende la scienza stessa parte del patrimonio culturale di tutti e non solo di una minoranza artificiosamente selezionata.»[37]
Verso una scienza e una medicina socialiste
La teoria serotoninergica ha guadagnato importanza perchè: 1) si colloca all'interno del quadro di fattore unico e causalmente lineare della visione riduzionista cartesiana, prevalente nella scienza mainstream; 2) è una diagnosi che facilita la soluzione estremamente redditizia fatta propria dall'industria dei farmaci antidepressivi, che vale decine di miliardi di dollari; 3) svolge un ruolo egemonico nell'allontanare la diagnosi dell'epidemia di depressione dalla sua vera origine - i rapporti sociali del capitalismo che mantengono le persone alienate da ciò che producono, dalle altre persone e dalla natura - e, in particolare rispetto agli Stati Uniti, nell'annegare nel debito per essersi ammalati, perseguendo un'istruzione o tentando di possedere una casa.
Il socialismo elimina queste difficoltà materiali su cui si fondano molti problemi di salute mentale e pone la classe operaia al controllo dell'economia, dello Stato e delle istituzioni civili, facendoli funzionare al servizio dei bisogni umani e planetari, non del profitto. Abolendo la povertà e la guerra, garantendo l'assistenza sanitaria, la casa e l'istruzione come un diritto per tutti, offrendo a tutti un lavoro soddisfacente e ben retribuito; oltre a tutte queste cose, una società socialista crea la sicurezza economica e sociale che trasforma radicalmente l'ambiente a cui la maggior parte dei casi di depressione sono riconducibili. Se si vuole seriamente superare l'epidemia di depressione in cui il capitalismo sta gettando la massa delle persone, il socialismo è l'unica effettiva soluzione.
Allo stesso modo, solo il socialismo può de-mercificare la scienza e garantire il clima sociale generale per un allontanamento da una visione egemonica dominata da un pensiero statico, riduttivo, astratto, individualista, irrazionalista, deterministico e binario, verso un pensiero materialista dialettico che sottilinea il cambiamento, l'interconnessione, la reciprocità, la socialità e la concreta indagine del reale.[38] Gli straordinari successi della scienza e della medicina cubane testimoniano cosa può essere fatto quando viene eliminata la ricerca del profitto e l’assistenza sanitaria globale, preventiva e comunitaria diventano la norma.
Mentre faceva fronte a un embargo, denunciato a livello internazionale, da parte del più formidabile degli imperi, l'impegno della rivoluzione cubana verso una scienza per il popolo le ha permesso di costruire un sistema sanitario riconosciuto internazionalmente come uno dei migliori al mondo.[39] Il sistema di assistenza globale cubano sottolinea l’impatto dei fattori biologici, sociali, culturali, economici ed ambientali sui pazienti. Lontano dall’approccio statunitense che privilegia i farmaci per affrontare i problemi di salute mentale, il sistema sanitario cubano permette una migliore comprensione dell'origine dei problemi medici, di ricevere l’adeguato trattamento e di prevenirne l'insorgenza.[40] A Cuba, il trattamento dei disturbi mentali promuove "psicoterapie individuali e di gruppo" di vario genere[41], integrandole con la psicofarmacologia.[42]
Gli scienziati cubani vedono i problemi di salute mentale e il loro trattamento «nel contesto della comunità,» non in individui isolati.[43] Come ha detto Alexis Lorenzo Ruiz, presidente della Società Cubana di Psicologia: «In ogni momento la comunità - come la famiglia - partecipa e contribuisce ad ogni azione verso un miglioramento del benessere delle persone afflitte da un disturbo mentale.»[44] Inoltre, al contrario del modello di cura centrato sulla malattia che predomina in molti paesi capitalisti, questo approccio centrato sulla persona promuove la multidisciplinarietà e l’integrazione tra l’assistenza medica e psicologica in vari campi della medicina - varie figure professionali tra cui medici, psicologi, infermieri e altri professionisti sanitari vengono formati fianco a fianco con le comunità che assistono.[45] Questo modello socialista ha permesso alla popolazione cubana di sviluppare le condizioni in cui, nonostante le enormi difficoltà materiali causate dall’embargo statunitense, la depressione a Cuba colpisce solo il 3,8% della popolazione, mentre negli Stati Uniti il 4,8%.[46]
Nel loro libro pubblicato nel 1985, The Dialectical Biologist, Levins e Lewontin riformulano l’undicesima tesi di Marx e affermano che «i filosofi dialettici hanno fin qui solo spiegato la scienza. Il problema, ad ogni modo, è quello di cambiarla.»[47] Nel mondo occidentale, i semi di questo cambiamento stanno nuovamente emergendo. Come ha scritto Nafis Hasan in Science for the People, «I recenti sviluppi nel campo dell’immunologia, dell’oncologia, della biologia teoretica ed evoluzionistica danno credito» alla visione che «qualsiasi approccio non-riduzionista (ad esempio la biologia dei sistemi) allo studio della biologia finirà con l'applicare un approccio dialettico.»[48] Il declino della riduttiva ipotesi serotoninergica nella ricerca sulla depressione è solo uno dei tanti esempi che dimostrano come la visione dominante sia un ostacolo per lo sviluppo delle scienze. Così come una rivoluzione socialista è necessaria per liberare l’umanità e le forze di produzione dai vincoli del sistema capitalista dello spreco, è indispensabile una rivoluzione del punto di vista, per liberare le scienze dal loro arcaico riduzionismo cartesiano e rinnovarle con «il metodo scientificamente più adatto a comprendere il mondo» - il materialismo dialettico.[49]
Note
[1] Joanna Moncrieff et al., “The Serotonin Theory of Depression: A Systematic Umbrella Review of the Evidence,” Molecular Psychiatry (2022).
[2] Moncrieff et al., “The Serotonin Theory of Depression.”
[3] Moncrieff et al., “The Serotonin Theory of Depression.”
[4] Victor Silva Pereira and Vinícius Antonio Hiroaki-Sato, “A Brief History of Antidepressant Drug Development: From Tricyclics to Beyond Ketamine,” Acta Neuropsychiatrica 30, no. 6 (February 2018).
[5] Pereira and Hiroai-Sato, ”A Brief History.”
[6] Pereira and Hiroai-Sato, ”A Brief History.”
[7] Pereira and Hiroai-Sato, ”A Brief History.”
[8] Pereira and Hiroai-Sato, ”A Brief History.”
[9] “Prozac: Revolution in a Capsule,” New York Times, September 21, 2014.
[10] Pereira and Hiroai-Sato, ”A Brief History.”
[11] Linu Dash, Vidhya Wable, and Onkar Suman, Antidepressant Drugs Market: Global Opportunity Analysis and Industry Forecast, 2021–2030 Allied Market Research, 2022); Moncrieff et al., “The Serotonin Theory of Depression.”
[12] Megan Pagaduan, “America’s Epidemic of Antidepressants,” Berkeley Political Review, November 7, 2021, .
[13] Joanna Moncrieff, “The Political Economy of the Mental Health System: A Marxist Analysis,” Frontiers in Sociology 6 (2022): 771875, .
[14] Jeffrey R. Lacasse and Jonathan Leo, “Serotonin and Depression: A Disconnect Between the Advertisements and the Scientific Literature,” PLOS Medicine 2, no. 12: e392. Nota: L'articolo mostra anche come la disconnessione tra la scienza e la pubblicità violi le leggi della FDA [Food and Drug Administration], e inoltre, che la FDA è stata deliberatamente inattiva nel reprimere la disinformazione propagandata perché queste pubblicità sono date «alla frazione di pubblico che funziona a un livello di lettura non superiore alla quinta elementare». In sostanza, la FDA permette la diffusione di questa disinformazione perché gli spettatori sono troppo poco intelligenti per comprendere la verità.
[15] Antonio Gramsci, The Prison Notebooks (New York: International Publishers, 2014), 7.
[16] Richard Levins and Richard Lewontin, The Dialectical Biologist (Cambridge: Harvard University Press, 1985), 4.
[17] “Postmodern Disease” [malattia del postmoderno] è un concetto introdotto da Ellen Meiksins Wood nel libro In Defense of History: Marxism and the Postmodern Agenda, pubblicato da Monthly Review, che affronta temi relativi all'egemonizzazione del postmodernismo nel mondo accademico e a come esso serva, in modi diversi e spesso indiretti, alla narrazione capitalista della "fine della storia". Il suo rifiuto della storia, dei punti di vista globali, dell'obiettività scientifica socialmente informata, della lotta di classe, ecc. lo rende nemico del marxismo, pur facendosi passare per "più radicale". Il paradosso, tuttavia, è che non solo non si oppone all'ordine esistente, ma lo serve attivamente come uno dei suoi principali strumenti egemonici. Come afferma Ellen Meiksins Wood, «il postmodernismo non è più la diagnosi... è diventato la malattia».
[18] Ellen Meiksins Wood, “What is the ‘Postmodern’ Agenda,” in In Defense of History: Marxism and the Postmodern Agenda, ed. Ellen Meiksins Wood and John Bellamy Foster (New York: Monthly Review Press, 1997), 5, 7, 10.
[19] Helena Sheehan, Marxism and the Philosophy of Science (New York: Verso Books, 2017), 46.
[20] Helena Sheehan, “Marxism, Science, and Science Studies: From Marx and Engels to COVID-19 and COP26,” Monthly Review 74, no. 1 (May 2022).
[21] Moncrieff, "The Political Economy of the Mental Health System."
[22] Matthew Ridley et. al., “Poverty, Depression, and Anxiety: Causal Evidence and Mechanisms,” Science 370, no. 6522 (December 2020).
[23] Ridley et. al., “Poverty, depression, and Anxiety.”
[24] Karl Marx, Wage Labour and Capital (Beijing: Foreign Languages Press, 1975), 33.
[25] Kaan Kangal, “Engels’s Emergentist Dialectics,” Monthly Review 72, no. 6 (November 2020).
[26] «Il cacciatore e il pescatore isolati da cui partono Smith e Ricardo appartengono alle immaginazioni prive di fantasia che hanno prodotto le robinsonate del XVIII secolo». Karl Marx, Grundrisse (London: Penguin Books, 1993), 83.
[27] Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato che «circa l'80% della risposta ai farmaci era raddoppiata nei gruppi di controllo con placebo» Vedi Iving Kirsch et al., “The Emperor’s New Drugs: An Analysis of Antidepressant Medication Data Submitted to the U.S. Food and Drug Administration,” Prevention & Treatment 5, no. 1 (July 2002). Una conclusione simile è stata raggiunta in un recente studio che ha raggruppato 73.000 pazienti, che ha dimostrato che solo nel 15% dei casi i farmaci funzionano meglio dei placebo. I ricercatori hanno concluso che: «È probabile che i pazienti affetti da depressione migliorino sostanzialmente grazie al trattamento acuto della loro depressione con farmaci o placebo. Tuttavia l'effetto medio degli antidepressivi produce solo un piccolo miglioramento rispetto al placebo, l'effetto del farmaco attivo sembra aumentare di circa il 15% la probabilità che un paziente tragga un beneficio sostanziale dal trattamento». Marc B. Stone et. al., “Response to Acute Monotherapy for Major Depressive Disorder in Randomized, Placebo Controlled Trials Submitted to the US Food and Drug Administration: Individual Participant Data Analysis ,” BMJ 378 (2022): e067606.
[28] Come è stato osservato dallo studio citato, questa «forma argomentativa è logicamente problematica: il fatto che l'aspirina curi il mal di testa non prova che il mal di testa sia dovuto a bassi livelli di aspirina nel cervello.» Jeffrey R Lacasse and Jonathan Leo, “Serotonin and Depression.”
[29] La fusione è significativamente presente nel marketing.
[30] Levins and Lewontin, The Dialectical Biologist, 89.
[31] È inoltre importante notare che «ogni parte o attività di un organismo agisce come ambiente per altre parti», per cui questa integrazione dialettica non avviene solo meccanicamente tra l'intero organismo (individuo X) e il suo ambiente, ma all'interno di vari sottolivelli che a loro volta funzionano come parte e ambiente. Levins and Lewontin, The Dialectical Biologist, 58.
[32] Friedrich Engels, Dialectics of Nature (London: Wellred Books, 2012), 213.
[33] Moncrieff, “The Political Economy of the Mental Health System.”
[34] Levins and Lewontin, The Dialectical Biologist, 199.
[35] Moncrieff, “The Political Economy of the Mental Health System.”
[36] Levins and Lewontin, The Dialectical Biologist, 200.
[37] J.D. Bernal, “Dialectical Materialism and Modern Science,” Science and Society 2, no. 1 (Winter 1937): 63.
[38] Si tratta del metodo ascendente che porta dall'astratto (meno determinazioni, più superficiale, meno complesso) al concreto (più determinazioni, più complesso, più comprensivo), che è al centro della dialettica sia idealista che materialista. Ad esempio, il Capitale di Marx (nel suo complesso) è un'ascensione categoriale dalle categorie meno concrete nel primo volume (merce, denaro, capitale, plusvalore assoluto e relativo) a quelle più concrete nel secondo e del terzo volume (diversi circuiti di capitale, rotazione delle varie forme di capitale, ecc. per il secondo volume, e prezzo, tasso di profitto, vari tipi di capitale, ecc. per il terzo volume). Questa ascesa categoriale permette di riprodurre concretamente nel pensiero, "il processo complessivo della produzione capitalistica" (titolo del terzo volume del Capitale). Lo stesso movimento può essere visto nell'ascesa della Logica di Hegel dall'essere (la categoria più astratta) allo spirito assoluto (la categoria più concreta).
[39] Per saperne di più sulla guerra ibrida degli Stati Uniti contro Cuba, vedi il mio articolo su Covert Action Magazine o il mio seminario "La rivoluzione cubana e il movimento del 26 luglio" per People’s School for Marxist Leninist Studies.
[40] Helen Yaffe, We Are Cuba: How a Revolutionary People Have Survived in a Post-Soviet World (Great Britain: Yale University Press, 2020), 127.
[41] Che comprende attività come la psico-danza e altri esercizi come yoga, arti marziali, ecc.
[42] Sheila J. Linz and Alexis Lorenzo Ruiz, “Learning About Mental Healthcare in Today’s Cuba: An Interview with the President of the Cuban Society of Psychology,” Perspectives In Psychiatric Care 57, no. 1 (January 2021).
[43] Linz and Ruiz, “Learning About Mental Healthcare in Today’s Cuba.”
[44] Linz and Ruiz, “Learning About Mental Healthcare in Today’s Cuba.”
[45] Linz and Ruiz, “Learning About Mental Healthcare in Today’s Cuba.”
[46] Linz and Ruiz, “Learning About Mental Healthcare in Today’s Cuba.”
[47] Levins and Lewontin, The Dialectical Biologist, 288.
[48] Nafis Hasan, “Biology at Another Crossroads,” Science for the People, July 18, 2022.
[49] Carlos L. Garrido, “The Dialectical Ascension from the Abstract to the Concrete,” Midwestern Marx, July 28, 2022.
Carlos L. Garrido
Traduzione di Pietro Azzalini
Fonte: Science for the People 09.09.2022
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