Fonte: The Conversation - 09.10.2024

«Come conseguenza delle sempre più posticipate riduzioni delle emissioni, che riflettono gli attuali obiettivi politici, c'è un'alta probabilità che il riscaldamento globale superi gli 1,5 °C, e persino i 2 °C. Anche se nel lungo termine le temperature globali venissero portate al di sotto di questi livelli, un tale superamento avrebbe conseguenze irreversibili. Solo la riduzione rigorosa e immediata delle emissioni, può limitare efficacemente i rischi climatici». — Nature, 09.10.2024

 



Come la scienza climatica mainstream ha approvato la fantasia di una macchina del tempo per il riscaldamento globale

Quando l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è stato ratificato nel dicembre 2015, per un attimo è sembrato un miracolo: una vittoria politica degli attivisti per il clima e dei rappresentanti delle regioni più povere del mondo che poco avevano contribuito alla crisi climatica ma che, a causa della colonizzazione da parte delle nazioni ricche, erano destinate a subirne le peggiori conseguenze.

Il mondo aveva finalmente concordato un limite massimo per il riscaldamento globale. E in una mossa che aveva sbalordito la maggior parte degli esperti, aveva abbracciato l'obiettivo di 1,5°C, il limite che i piccoli stati insulari, gravemente minacciati dall'innalzamento del livello del mare, avevano instancabilmente proposto per anni.

O almeno, così sembrava. Perché ben presto, l'ambizioso limite fissato dall'accordo di Parigi si è rivelato di non essere affatto un limite. Quando l'Intergovernmental Panel on Climate Change (o IPCC, il principale organismo mondiale di esperti in materia di clima) ha sostenuto l'obiettivo di 1,5°C  con il suo  special report del 2018, è accaduto qualcosa di strano.

Quasi tutti i percorsi previsti dai modelli per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, rispetto ai livelli preindustriali, prevedevano il superamento temporaneo di questo obiettivo. Ognuno [dei percorsi simulati] alla fine rientrava a 1,5°C (la data limite aveva come termine casuale il 2100), ma solo dopo aver superato questo limite.

Gli scienziati responsabili dei modelli di simulazione di riduzione delle emissioni di gas serra - causate principalmente dalla combustione di combustibili fossili - hanno denominato questi scenari “overshoot” [superamento]. Non appena si è iniziato a parlare di limiti di temperatura, tali scenari sono diventati il ​​percorso lungo il quale si è immaginato di procedere per mitigare il cambiamento climatico.

In realtà, ciò che dicevano era questo: rimanere al di sotto di un limite di temperatura vuol dire che prima lo si supera e poi, dopo qualche decennio, si usano metodi di rimozione del carbonio presente nell'atmosfera per diminuire la temperatura.

Da alcuni esponenti della comunità scientifica è emersa l'affermazione che questa non era altro che fantasia. Un nuovo studio pubblicato su Nature ha confermato questa critica, ed ha evidenziato che non può essere garantita la capacità dell'umanità di riportare la temperatura del riscaldamento della Terra al di sotto di 1,5 °C dopo che la si è superata. Molti impatti del cambiamento climatico sono sostanzialmente irreversibili e richiederebbero decenni per essere annullati, e questo va ben oltre l'orizzonte temporale rilevante ai fini della politica climatica. Ai responsabili delle politiche future poco importa che le temperature possano, alla fine, tornare a scendere: gli impatti su cui dovranno pianificare sono quelli legati al momento del superamento.
 

L’ascesa dell’ideologia del superamento

Anche se le temperature medie globali dovessero alla fine riportare il riscaldamento della Terra al di sotto di 1,5 °C, le condizioni climatiche a livello regionale potrebbero non seguire la tendenza globale. Il ritardo dei cambiamenti nelle correnti oceaniche, ad esempio, potrebbero significare che l'Atlantico settentrionale o l'Oceano meridionale continuano a riscaldarsi a differenza del resto del pianeta.

Qualsiasi perdita e danno che si accumula durante il periodo di overshoot, sarebbe permanente. Per un contadino del Sudan, il cui bestiame muore in un'ondata di calore, che sarebbe stata evitata se il riscaldamento non avesse superato gli 1,5°C, sarà una magra consolazione sapere che le temperature sono programmate per tornare a quel livello solo quando i suoi figli saranno cresciuti.

C'è poi la dubbia fattibilità della rimozione del carbonio su scala planetaria. Piantare un numero sufficiente di alberi o di colture energetiche, per incidere sulle temperature globali, richiederebbe una quantità di terreno pari a interi continenti. La cattura diretta nell'aria di gigatonnellate di carbonio, consumerebbe quantità prodigiose di energia rinnovabile, entrando così in competizione con la decarbonizzazione. Quale terreno utilizzeremo per questo? Chi si assumerà l'onere di tutto questo eccesso di consumo di energia?

Se il rientro non può essere garantito, è evidentemente irresponsabile avvalorare un presunto superamento temporaneo degli obiettivi di Parigi. Eppure è esattamente ciò che hanno fatto gli scienziati. Cosa li ha spinti a imboccare questa strada pericolosa?

Il nostro libro su questo argomento (Overshoot: How the World Surrendered to Climate Breakdown, pubblicato la scorsa settimana da Verso) offre una storia e una critica dell'idea.

Quando, nei primi anni 2000, furono evocati scenari di overshoot, la ragione più importante era quella economica. Riduzioni rapide e a breve termine delle emissioni furono considerate proibitive, e quindi sgradevoli. L'ottimizzazione dei costi impose che fossero rimandati il ​​più possibile al futuro.

I modelli di simulazione di possibili percorsi di mitigazione avevano questi principi scritti nel loro codice e quindi, per la maggior parte, non potevano calcolare obiettivi di aumento della temperatura di solo 1,5 o al massimo 2°C. E poiché gli scienziati responsabili dei modelli di simulazione non potevano immaginare di trasgredire i vincoli entro cui lavoravano, qualcos'altro doveva essere trasgredito.

Un team ha avuto l'idea che la rimozione su larga scala del carbonio potrebbe essere rimandata il più possibile al futuro. L'UE e poi l'IPCC l'hanno accolta, e in breve tempo gli scenari di overshoot hanno colonizzato la letteratura scientifica. La deferenza nei confronti dell'economia mainstream si è tradotta in una difesa dello status quo politico. Questo, a sua volta, si è tradotto in programmi sperimentali sconsiderati sul sistema climatico. Il conservatorismo, o il fatalismo, sulla capacità di cambiamento della società si è trasformato in un avventurismo estremo nei confronti della natura.

 

È ora di seppellire la macchina del tempo

Proprio mentre il movimento per il clima otteneva un'importante vittoria politica, costringendo il mondo a schierarsi per questo ambizioso limite di aumento della temperatura, un influente gruppo di scienziati, amplificato dall'organismo scientifico più autorevole al mondo sull'argomento, ha contribuito efficacemente ad annacquarlo. Quando tutto sarà detto e scritto sull'era post-Parigi, questa dovrebbe sicuramente essere considerata come una delle sue più grandi tragedie.

Evocando l'immaginario dell'overshoot-and-return, gli scienziati hanno inventato un meccanismo per ritardare ogni possibile azione di mitigazione del  cambiamento climatico e, inconsapevolmente, hanno dato credibilità a coloro (e sono molti) che non hanno alcun reale interesse a tenere sotto controllo le emissioni qui e ora, e che coglieranno qualsiasi scusa per far sì che petrolio, gas e carbone continuino a scorrere ancora per un po'.

I risultati di questo nuovo studio chiariscono perfettamente che non c'è nessuna macchina del tempo che ci aspetta dietro le quinte. Una volta che gli  1,5°C saranno alle nostre spalle, dobbiamo considerare questa soglia definitivamente superata.

Rimane solo una strada per una mitigazione efficace del cambiamento climatico, e nessuna quantità di anidride carbonica da rimuovere, può esimerci dalle sue scomode implicazioni politiche.

Evitare il collasso climatico richiede di seppellire la fantasia dell'overshoot-and-return e con essa anche un'altra illusione: quella che gli obiettivi di Parigi possano essere raggiunti senza stravolgere lo status-quo. Un limite dopo l'altro verrà infranto, a meno che non riusciamo a bloccare le estrazioni dei combustibili fossili e a ridurre le opportunità di continuare a trarre profitto da petrolio, gas e carbone.

Non riusciremo a mitigare il cambiamento climatico senza affrontare e sconfiggere gli interessi dei combustibili fossili. Dovremmo aspettarci che gli scienziati del clima siano sinceri su questo punto.



Wim Carton e Andreas Malm

Traduzione di Alessandro Cocuzza

Fonte: The Conversation 09.10.2024