Fonte: Climate&Capitalism - 04.06.2022

Thomas Spence (1750-1814), fu uno dei pensatori e attivisti più noti della sinistra del movimento democratico radicale inglese, fautore della collettivizzazione della terra. Questo testo si integra ai cinque articoli sul primo capitalismo e l'agricoltura in Inghilterra, precedentemente pubblicati.


La prima parte ha discusso il ruolo centrale della proprietà condivisa e dei diritti comuni alle risorse nell'agricoltura pre-capitalista. Nel 1400 quel sistema cominciò a mostrare le prime crepe, iniziando la transizione dal feudalesimo al capitalismo.
La seconda parte ha discusso i processi conosciuti come "enclosures". Alla fine del 1400, i proprietari terrieri cominciarono a sfrattare i piccoli fittavoli per aumentare i profitti, spesso creando grandi allevamenti di pecore.
La terza parte ha discusso dei riformatori protestanti del XVI secolo che si opposero alla crescente spinta verso la privatizzazione della terra.
La quarta parte ha discusso alcune esperienze-chiave della prima grande ondata di commoners che furono separati dalla terra in Inghilterra nel 1500 e 1600.
La quinta parte ha discusso sulla resistenza di massa alla privatizzazione e all'espropriazione negli ultimi tre secoli.



Un rivoluzionario dimenticato: Thomas Spence sulla preservazione dei beni comuni


 "Quando un popolo crea proprietari terrieri, crea tiranni e oppressori "


Thomas Spence (1750-1814) è un autore oggi quasi dimenticato, ma al tempo della Rivoluzione francese fu uno dei pensatori e attivisti più noti della sinistra del movimento democratico radicale inglese. In Red Round Globe Hot Burning, Peter Linebaugh lo descrive come "il più coerente tra i comunisti dei beni comuni dell'ultimo decennio del Settecento". La sua influenza continuò dopo la sua morte: nel 1817, il Parlamento bandì i club politici che sostenevano le sue opinioni, rendendo lo “spenceanesimo” l'unica ideologia politica mai bandita ufficialmente in Inghilterra.

Nel 1775, indignato dall'ingiustizia delle enclousure parlamentari nello Yorkshire, iniziò a sostenere la proprietà comune di tutte le terre e un governo decentralizzato organizzato sulle contee rurali. Nel corso degli anni estese quello che più tardi venne chiamato “Progetto Spence”, sostenendo in particolare il suffragio universale maschile e femminile. La sua espressione più completa fu The Constitution of a Perfect Commonwealth (1798), testo in cui Spence modificò la costituzione democratica proposta dai giacobini nel 1793 aggiungendo emendamenti al fine di assicurare che "tutti gli uomini ... abbiano una proprietà permanente della terra e un diritto alla sua produzione naturale”.

Membro della London Corresponding Society, fu ripetutamente imprigionato nell'ultimo decennio del Settecento per aver pubblicato e venduto letteratura radicale, inclusi I Diritti dell'uomo di Tom Paine e le sue proprie opere. In risposta alla espressione reazionaria di Edmund Burke che riferisce di una "moltitudine suina", Spence pubblicò una rivista popolare, Pig's Meat, dove sostenne la Rivoluzione francese e chiese il rovesciamento e l'espropriazione dell'aristocrazia britannica. Fu fortemente critico nei confronti di Paine e di altri democratici che sostenevano l'uguaglianza politica ma non parimenti l'uguaglianza economica.

Quelli che seguono sono degli estratti da The End of Oppression (1795), opera in cui Spence risponde alle domande di un giovane.
Una volta che la maggior parte delle persone fosse favorevole al Progetto - chiede il giovane - quale sarà “il metodo più semplice per attuarlo e con il minimo spargimento di sangue”?

Spence risponde:


In un paese così predisposto, supponiamo che esistano alcune migliaia di persone fortemente determinate, ben armate e fornite di ufficiali, e che abbiano un comitato di uomini onesti, fermi e intelligenti che agisca come un governo provvisorio dirigendo le loro azioni nella direzione giusta.

Se questo comitato pubblicasse un manifesto o un proclama ordinante al popolo di ogni contea di prendere, alla ricezione dello stesso ordine, immediato possesso di tutta la proprietà fondiaria all'interno del proprio distretto, nominando un comitato che se ne faccia carico in nome e a vantaggio degli abitanti; e che ogni proprietario terriero debba immediatamente, pena la confisca e la reclusione, consegnare al detto comitato della contea rurale tutti gli scritti e i documenti relativi ai loro possedimenti affinché possano essere immediatamente bruciati; e che allo stesso modo ogni proprietario terriero metta contemporaneamente nelle mani del detto comitato, gli ultimi pagamenti ricevuti dai loro affittuari al fine di creare un fondo della contea d'uso immediato senza ulteriori tasse per il popolo sfinito ...

Se questo annuncio venisse generalmente osservato, la faccenda sarebbe risolta immediatamente; ma se invece l'aristocrazia si levasse a contendere la questione, troverebbe un popolo fermo e disperato, determinato a tagliare l'albero alla radice, rafforzato dalle ricche confische. Così la guerra sarebbe proseguita a spese del ricco nemico, e i soldati della libertà - oltre alla speranza di partecipare alla futura felicità del paese - essendo ben pagati sarebbero così più risoluti e arditi.

E laddove le terre venissero prese in possesso dal popolo (cosa che con ogni mezzo dovrebbe essere realizzata il più presto possibile) la grande risorsa dell'aristocrazia, la rendita, sarebbe tagliata e, ciò ridurrebbe gli aristocratici a più miti consigli, inermi come ogni altro essere umano.

Per gli affamati e disperati figli dell'oppressione, gli effetti positivi di un tale cambiamento sarebbero più esaltanti e vivificanti di una primavera benigna e improvvisa per la terra gelata, dopo un lungo e rigido inverno.

Pensate solo ai molti milioni di rendita che ora vengono corrisposti a quei sedicenti nipotini di un dio onnipotente, l'interesse fondiario, che viene letteralmente pagato solo per creare padroni. Io dico solo di pensare a tutto questo denaro che circola tra il popolo e promuove l'industria e la felicità, e tutte le arti e le vocazioni utili alla società; non sarebbe un cambiamento indescrivibile?

Questa non sarebbe né una sterile rivoluzione del mero diritto improduttivo - come molti sostengono - né un eccesso di ricchezza improvvisa e temporanea come quella ottenuta per conquista; quanto piuttosto un flusso continuo di ricchezza permanente, stabilito da un sistema di verità e giustizia, garantito dall'interesse di ogni uomo, donna e bambino nella nazione.

Inoltre, il governo di un simile popolo non potrebbe più essere oppressivo. Le democratiche contee farebbero attenzione a non lasciare che il proprio denaro venga sperperato in speculazioni statali. E i loro senatori, che non potrebbero essere proprietari terrieri, risulterebbero molto più onesti e veritieri al servizio dei loro elettori, di quanto non lo siano oggi i nostri tanto vantati gentiluomini dalle fortune indipendenti.

Quando un popolo crea proprietari terrieri, crea una schiera numerosa di tiranni e oppressori ereditari, i quali non si accontentano delle loro rendite signorili ma si impadroniscono del governo e lo spartiscono tra di loro, percependo così enormi stipendi, per i posti che quivi occupano, come fossero dei bisognosi; sicché con gli affitti che la gente stupida stupidamente paga in cambio di nulla, la povera gente, come un povero stupido asino, si trova così caricata di una doppia bisaccia.

Quindi, chiunque sia così sciocco, ingenuo e sprecone da pagare gli affitti a una tale cricca di individui, non dovrà sorprendersi se i padroni cercano con ogni modo, mezzo e pretesa, che questi individui continuino a esistere e siano loro concesse ampie libertà.


(Il testo completo di questo e di altri lavori di Thomas Spence  può essere consultato sul Marxist Internet Archive).

Ian Angus

Traduzione di Angelo Marconcini - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 04.06.2022


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