Fonte: Climate&Capitalism - 16.10.2024
Scrivo questa recensione subito dopo la devastazione di alcune parti della Florida causata dall'uragano Milton. Milton ha seguito Helene, di che l'aveva preceduto di una settimana. Entrambi gli uragani avevano lasciato il segno in alcune parti del Nord America, seminando morte e distruzione sul loro cammino.
Il recente libro di John Vaillant Fire Weather è sottotitolato Una storia vera da un mondo più caldo,[1] [2] e la storia degli uragani Milton e Helene avrebbe potuto condividere quel sottotitolo. Entrambi sono stati amplificati dal mondo più caldo in cui viviamo ora. Scienziati e ambientalisti hanno a lungo messo in guardia sui meccanismi di feedback di un pianeta più caldo. Mentre il mondo si riscalda, il cambiamento climatico incoraggia ulteriormente il riscaldamento del mondo. Questo ciclo accelera la velocità del riscaldamento. Le catastrofi che accompagnano un pianeta più caldo arrivano più grandi e veloci.
Fire Weather si occupa solo di una di queste catastrofi, ma è una catastrofe emblematica e illuminante: la distruzione di Fort McMurray in Alberta, Canada, nel 2016. C'è un meccanismo di retroazione molto negativo, qui in gioco, perché Fort McMurray è il cuore del settore capitalistico dei combustibili fossili. Per molti anni è stata una città in forte espansione, trainata dalla ricchezza delle sabbie bituminose della regione. Qui, i depositi di bitume sono difficili da trasformare in merci redditizie. Ma quando il prezzo del petrolio è sufficientemente alto, si possono fare grandi cose. Fort McMurray era una città costruita su una“miniera d'oro”.
Vaillant ripercorre la storia di Fort McMurray, cioè la storia dell'ossessione del capitalismo industriale per il petrolio. È una storia affascinante che mostra il modo in cui il capitalismo ha incorporato la natura e le sue risorse in un sistema globale di merci. Fort McMurray è sorto in un luogo isolato dovesi catturavano e si vendevano pelli e pellicce di animali, prima di trasformarsi in una (isolata) città petrolifera del XXI secolo. A questa storia si intreccia quella più lunga del rapporto dell'umanità con il fuoco.
Combustione, incendi, fuoco, sono essenziali per l'uomo. Abbiamo bisogno del fuoco per viaggiare, riscaldarci e nutrirci. Ma il fuoco è anche intrinseco alla natura. Le foreste boreali che circondano Fort McMurray per decine di migliaia di chilometri quadrati, hanno bisogno del fuoco per rinnovarsi e propagarsi. Gli esseri umani pensano a questi incendi come a una minaccia da combattere, un esercito invasore da contrastare con trappole, armi e occasionali ritirate (oggi le ritirate sono più frequenti). Ma gli incendi che travolgono l'Alberta fanno parte di quel sistema ecologico, solo che (sfortunatamente per l'umanità) sono più frequenti e più intensi in un mondo che si sta riscaldando.
Vaillant ci parla del fuoco. Ma il suo uso della metafora è interessante. Descrivendo come gli incendi selvaggi si sviluppano («quando la temperatura ambientale, in gradi Celsius, supera in percentuale l'umidità relativa») e diventano un fuoco esponenzialmente più veloce, più agile e più pericoloso, Vaillant dice che «se il capitalismo del libero mercato non regolamentato fosse una reazione chimica, sarebbe un incendio selvaggio in condizioni di crossover». E continua: «L'industria del bitume dell'Alberta segue un modello di crescita simile, con le forze del mercato che sostituiscono il tempo».
Qui, il problema è il capitalismo. Esso spinge verso un'infinita accumulazione di ricchezza per il gusto dell'accumulazione, basata su un'insaziabile combustione di risorse naturali. È un’esplosione di produzione, e mentre cresce risucchia più natura, più umanità ed espelle materiale che inquina e distrugge. L'ironia di ciò che è successo a Fort McMurray, è che è stato distrutto dalle sue stesse forze di produzione, o meglio dalle conseguenze dell'uso dei valori d'uso che ha prodotto. In pratica, il libro di Vaillant riguarda l'incrocio tra il capitalismo urbano dei combustibili fossili e l'incendio. Come scrive:
«L'energia di combustione aveva attirato persone a Fort McMurray in numeri in costante aumento nel corso di un secolo, e l'energia di combustione le stava cacciando via di nuovo, in massa, in un solo pomeriggio... l'esodo del 3 maggio [2016] è stato il più grande e rapido spostamento di persone a causa di un incendio nella storia del Nord America. Ha assunto la forma di un nastro ininterrotto di veicoli che strisciavano in fila, come formiche legionarie, verso nord e verso sud fuori dalla città mentre il fuoco infuriava lungo l'autostrada, in alcuni casi fino alle corsie di emergenza».
Tenendo presente l’uragano Milton e i resoconti di Vaillant sulla fuga da Fort McMurray, è possibile che le immagini che simboleggiano il riscaldamento globale del XXI secolo nel Nord del mondo siano i flussi infiniti di SUV e camion che scappano dai disastri ambientali. Mentre i rifugiati climatici del Sud del mondo sono accolti da fili spinati e confini chiusi. Nel Nord globale le Ford F-150 hanno ricevuto un'accoglienza molto più amichevole. In un certo senso, l'incendio di Fort McMurray è stato un disastro climatico molto insolito. Circostanze insolite combinate con un particolare ambiente urbano.
«Condizioni meteorologiche con altissime probabilità di incendio, durante il maggio più caldo e secco mai registrato nella storia, dopo una siccità durata due anni in una città improvvisamente piena di venticinquemila scatole imbevute di petrolio e circondata da milioni di alberi disseccati».
Ma come sottolinea Vaillant, «questa è la natura dell'incendio WUI (Wildland Urban Interface)[3] del XXI secolo». Gli eventi che capitano una volta nella vita stanno diventando eventi che capitano una volta ogni decennio. Presto saranno più comuni.
Se Vaillant avesse scritto solo la storia di Fort McMurray e dell'ambiente urbano-incendiario, avrebbe scritto un bel libro. Ma al centro della storia del romanzo c'è la popolazione di Fort McMurray. La storia dell'evacuazione disperata, della lotta delle autorità per adattarsi a condizioni di incendio in rapido cambiamento e senza precedenti, e la battaglia dei vigili del fuoco, è un grandioso resoconto della realtà del disastro nella moderna società neoliberista.
È la storia di una città che non è realmente in grado di gestire il disastro, non per incompetenza, mancanza di formazione o mancanza di risorse (qualcosa che la maggior parte delle persone al mondo, che affrontano un disastro, non avrà), ma perché non c'era una reale comprensione che un disastro di questa portata potesse accadere. Per molti versi Fort McMurray era più preparata della maggior parte delle città in merito agli incendi, perché poteva attingere alle risorse e all'esperienza antincendio fornite dall'industria petrolifera stessa. Ma il fallimento, nel controllare l'incendio, è avvenuto perché era di proporzioni inimmaginabili. Infatti, è chiaro che la lotta antincendio tradizionale non funziona nelle WUI del XXI secolo, e che è necessario apprendere nuovi metodi di controllo degli incendi. È interessante notare che permettere che le decisioni siano prese dai vigili del fuoco e dai lavoratori, in base agli eventi e alle conoscenze, piuttosto che da una leadership centralizzata, è una lezione da imparare in seguito a questi enormi incendi.
Leggendo il resoconto di Vaillant sul crollo della gestione della situazione, mi sono ricordato di quei voluminosi romanzi degli anni '70, molto popolari, scritti da Arthur Hailey. In quelle meravigliose storie di disastri, piccoli errori e fallimenti si accumulavano creando un fallimento gigantesco. A Fort McMurray ci sono stati molti fallimenti, che si sono sommati portando l'incendio a dimensioni inimmaginabili, anche se non è mancato il coraggio umano. Le storie dei pompieri e dei comuni lavoratori che hanno combattuto giorno dopo giorno per salvare la loro città sono state fonte di ispirazione. Ci si chiede cosa sia rimasto di loro. Vaillant cita il direttore di una radio locale che ha detto, in seguito: «Immaginate una città con migliaia di persone che vivono tutte in armonia ogni giorno, ma ognuna con qualche disturbo da stress post-traumatico (PTSD)».
Ma ce ne saranno ancora di questi stress. Vaillant scrive che «ora l'atmosfera è più calda e più secca, favorevole al fuoco». Mentre il martello del riscaldamento globale spinge sempre più uragani, incendi, ondate di calore e inondazioni verso l'incudine di una società frantumata e divisa dal capitalismo, ci sarà, in futuro, morte e distruzione senza fine. E ci saranno anche un sacco di disturbi da stress post-traumatico per i sopravvissuti. Ma il coraggio, l'industriosità e l'inventiva dei lavoratori che hanno combattuto l'incendio a Fort McMurray, e che hanno ricostruito la città, sono la forza potenziale del cambiamento.
John Vaillant conclude il suo superbo libro sostenendo la necessità di una visione diversa da quella offerta dal capitalismo dei combustibili fossili: «dedichiamo la nostra energia e creatività alla rigenerazione e al rinnovamento, piuttosto che alla combustione e al consumo». Speriamo che, dopo Fort McMurray e gli uragani Helene e Milton, si faccia tesoro di queste lezioni.
Note
[1] N.d.T. Il libro è stato recentemente tradotto e pubblicato in Italia: L'età del fuoco, Iperborea, 2024.
[2] N.d.T. In realtà, il sottotitolo è On the Front Lines of a Burning World, cioè In prima linea in un mondo in fiamme.
[3] N.d.T. L'interfaccia tra aree selvagge e urbane (WUI) è una zona di transizione tra aree selvagge e terreni antropizzati, un'area in cui un ambiente urbanizzato incontra o si mescola con un ambiente naturale. Nella WUI, gli insediamenti umani sono a maggior rischio di incendi boschivi catastrofici.
Martin Epson
Traduzione di Alessandro Cocuzza
Fonte: Climate&Capitalism 16.10.2024
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