Fonte: Climate&Capitalism - 26.03.2024

Terza parte di un articolo sulle cause e le implicazioni dell’entrata del capitalismo globale in un'epoca in cui le malattie infettive sono sempre più diffuse. Le mie opinioni sono soggette a continui dibattiti e verifiche pratiche. Attendo i vostri commenti, critiche e correzioni.

[Parte 1] [Parte 2]

 


Sistematicamente impreparati



«Mai prima d'ora il mondo è stato avvisato così chiaramente dei pericoli di una pandemia devastante».
Global Preparedness Monitoring Board, Settembre 2020 [1]



A giudicare dalle scuse che sentiamo sull'incapacità dei governi di rispondere efficacemente alla pandemia, si potrebbe pensare che la COVID-19 sia stato una punizione divina, un evento naturale che nessuno avrebbe potuto prevedere. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto che «è spuntato dal nulla», «ha sorpreso il mondo intero» e «nessuno aveva mai visto niente del genere prima». Poiché era inatteso e imprevedibile, non poteva essere incolpato di essere impreparato.


Questo non è vero. Come scrive lo storico Kyle Harper, «la pandemia era un disastro assolutamente inevitabile».


«Nessuno poteva sapere che un nuovo coronavirus sarebbe passato dagli animali agli esseri umani nella Cina centrale alla fine del 2019 e avrebbe scatenato una pandemia globale. Eppure era inevitabile che un nuovo agente patogeno emergesse ed eludesse i nostri sistemi di difesa collettiva. È ragionevole pensare che il colpevole sia un virus a RNA altamente contagioso di origine zoonotica che si diffonde per via respiratoria. In breve, una pandemia destabilizzante era ineluttabile, i suoi contorniprevedibili, i suoi dettagli essenzialmente casuali».[2]


Questa aspettativa era talmente condivisa dagli esperti di malattie infettive che solo due mesi prima dell'inizio della vera pandemia, il Johns Hopkins Center for Health Security aveva ospitato un workshop di simulazione di pandemia, a cui avevano partecipato dirigenti governativi e aziendali di tutto il mondo, che prevedeva «un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone che alla fine diventa efficacemente trasmissibile da persona a persona, portando a una grave pandemia». La malattia immaginata, basata sulla SARS, ha ucciso 65 milioni di persone.[3]


La COVID-19, emersa subito dopo la fine del workshop, è causata da un coronavirus a RNA mutato che si è trasferito dai pipistrelli agli animali fino agli esseri umani. È correlata alla SARS, ma è più infettiva. Le somiglianze erano così forti che quando è scoppiata la vera pandemia, i funzionari del Johns Hopkins Center si sono sentiti costretti a rilasciare una dichiarazione in cui insistevano sul fatto che il loro scenario era fittizio, non una previsione.



Accelerazione zoonotica

 

Come abbiamo visto, le malattie zoonotiche – causate da virus e batteri che hanno origine negli animali – colpiscono da tempo gli esseri umani. Ma qualcosa è cambiato nell'Antropocene: come sostiene Sean Creaven in Contagion Capitalism, ora ci troviamo di fronte a «un'accelerazione zoonotica... un'accelerazione della produzione di nuove malattie zoonotiche e della ricomparsa di quelle più vecchie, e questo comporta un corrispondente approfondimento del rischio pandemico globale».[4] La COVID-19 è la manifestazione più recente di questa minaccia mortale per la salute umana.

 

Le principali pandemie zoonotiche degli ultimi cinque decenni sono state:

    • 1968, L’Influenza di Hong Kong. Un nuovo ceppo di influenza aviaria fu individuato per la prima volta a Hong Kong e si diffuse rapidamente in tutto il mondo, trasportato in parte dalle truppe statunitensi di ritorno dal Vietnam. Uccise circa 1.000.000 di persone, soprattutto anziane. Le varianti perdurano fino ad oggi.
    • 1981, La Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Probabilmente è passata dagli scimpanzé ai cacciatori intorno al 1910, ma ha avuto un impatto limitato fino a quando una variante non è esplosa nelle città del Congo in rapida crescita negli anni '80. Diffusasi poi ad Haiti, negli Stati Uniti e infine in tutto il mondo, ha ucciso decine di milioni di persone e rimane una delle principali cause di morte, soprattutto nell'Africa meridionale.
    • 2002, La Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Un coronavirus, parte di una famiglia di virus che provoca lievi sintomi di raffreddore, è stato individuato per la prima volta nella Cina meridionale. Probabilmente è passato dai pipistrelli a un animale intermedio, poi ha infettato circa ottomila persone in due dozzine di paesi, causando circa 800 morti.
    • 2009, L’Influenza suina. Un nuovo virus influenzale emerso dagli allevamenti di maiali negli Stati Uniti e in Messico e poi diffusosi in oltre settanta paesi. Circa un miliardo di persone ha contratto la malattia e nel primo anno sono morte tra le 150.000 e le 575.000 persone*. A differenza dell'influenza di Hong Kong, è particolarmente pericolosa per i bambini.
    • 2012, Sindrome respiratoria medio-orientale (MERS). Un nuovo coronavirus è passato dai pipistrelli ai cammelli agli esseri umani in Arabia Saudita. Si è diffuso in circa due dozzine di paesi, in particolare in Corea del Sud. Sono state diagnosticate circa 2.500 persone e di queste 850 sono morte: un basso tasso di contagio, combinato con un tasso di mortalità molto alto.
    • 2012, Ebola. Precedentemente rara, una grave epidemia di Ebola ha avuto inizio in Guinea, Liberia e Sierra Leone, uccidendo la metà dei contagiati. Si è diffusa in Europa e negli Stati Uniti, causando oltre 11.000 vittime. È riemersa nella Repubblica Democratica del Congo nel 2018-2020, infettando 3500 persone e uccidendone due su tre.
    • 2015, Epidemia di Zika. Identificata per la prima volta nel 1947 in Uganda come una malattia rara con sintomi lievi: per sessant'anni si sono registrati meno di venti casi umani. Una versione mutata è emersa in Brasile nel 2015, dando origine a una grave pandemia che si è diffusa in oltre sessanta paesi, causando gravi difetti alla nascita nei bambini di migliaia di donne infettate in gravidanza.

 

Tra il 2011 e il 2018, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha monitorato 1483 eventi epidemici in 172 Paesi – in media, un focolaio ogni due giorni.[5] La maggior parte di essi è stata di piccole dimensioni e si è conclusa rapidamente, ma ognuno di essi, data la giusta combinazione di errori di copiatura dei geni e condizioni ambientali, avrebbe potuto diventare una pandemia regionale o addirittura globale. Gli epidemiologi, i microbiologi e i virologi concordano sul fatto che le malattie zoonotiche stanno aumentando in frequenza e intensità, il che significa che nuove epidemie sono più probabili che mai.

 

Malattia X


Nel 2016, il dottor Jonathan Quick, presidente del Global Health Council, ha descritto la «gigantesca minaccia» che un agente patogeno finora sconosciuto possa presto emergere.

 

«Da qualche parte, là fuori un virus pericoloso sta ribollendo nel flusso sanguigno di un uccello, di un pipistrello, di una scimmia o di un maiale, preparandosi a saltare verso un essere umano. È difficile comprendere la portata di una tale minaccia, perché ha il potenziale di spazzare via milioni di noi, compresa la mia famiglia e la vostra, nel giro di settimane o mesi....

 

«Potrebbe spuntare in un'azienda agricola del Minnesota, in un allevamento di pollame in Cina o nelle grotte degli elefanti abitate dai pipistrelli in Kenya, in qualsiasi luogo in cui gli animali infetti sono a contatto con l'uomo. Potrebbe essere una variante dell'influenza spagnola del 1918, una delle centinaia di altre minacce microbiche conosciute o qualcosa di completamente nuovo, come il virus della SARS del 2003 che si è diffuso a livello globale dalla Cina. Una volta trasmesso a un essere umano, un virus aereo potrebbe passare da quell'individuo infetto ad altri 25.000 entro una settimana e a più di 700.000 entro il primo mese. Nel giro di tre mesi potrebbe diffondersi in tutti i principali centri urbani del mondo. Ed entro sei mesi potrebbe infettare più di 300 milioni di persone e ucciderne più di 30 milioni....

 

«Gli scienziati non sanno quale microbo sarà, da dove verrà, o se sarà trasmesso attraverso l'aria, il tatto, i fluidi corporei, o attraverso una combinazione di vie, ma sanno che le epidemie si comportano un po' come i terremoti. Gli scienziati sanno che sta arrivando un “grande terremoto” perché ogni anno si verificano decine di nuovi terremoti più piccoli in tutto il mondo. ...

 

«Gli esperti di malattie infettive concordano sul fatto che, nelle condizioni attuali, la questione non è se un superbatterio si manifesterà e creerà una pandemia globale. La domanda è: quando».[6]

 

Nel 2017, la Banca Mondiale ha avvertito che:


«Sappiamo che è solo questione di tempo prima che la prossima pandemia ci colpisca. Sappiamo anche che c'è una buona probabilità che sia grave. Potrebbe significare morte a fuoco lento, diffondendosi insidiosamente tra le popolazioni, senza essere riconosciuta per anni, come l'HIV negli anni Ottanta. Oppure potrebbe colpire le persone con violenza e velocità fulminee, facendo precipitare le economie nazionali nel caos, come l'Ebola in Africa occidentale nel 2014-15. Qualunque sia la sua modalità di attacco, la prossima pandemia letale su larga scala è, al massimo, a pochi decenni di distanza».[7]


Sempre nel 2017, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha esortato i paesi membri a concentrare gli sforzi di ricerca e sviluppo su un breve elenco di malattie note che potrebbero diventare pandemiche e per le quali non esistono vaccini o altre contromisure. L'aggiornamento 2018 di tale elenco comprendeva: Febbre emorragica del Crimea-Congo, Virus Ebola e Marburg, Febbre di Lassa, SARS e MERS, Nipah e malattie henipavirali, Febbre della Rift Valley e Zika. L'elenco si concludeva con la Malattia X, riconoscendo che «una grave epidemia internazionale potrebbe essere causata da un agente patogeno attualmente sconosciuto come causa di malattie umane».[8]


L'OMS e la Banca Mondiale sponsorizzano un Global Preparedness Monitoring Board indipendente che valuta e consiglia le misure necessarie per garantire risposte rapide ed efficaci alle malattie epidemiche. Nel loro primo rapporto annuale, pubblicato appena due mesi prima che la COVID-19 emergesse a Wuhan, i co-presidenti del Consiglio hanno messo in guardia:

 

«Esiste una minaccia molto concreta di una pandemia di un agente patogeno respiratorio, in rapida evoluzione e altamente letale, che ucciderebbe da 50 a 80 milioni di persone e spazzerebbe via quasi il 5% dell'economia mondiale. Una pandemia globale di tale portata sarebbe catastrofica, creando scompiglio, instabilità e insicurezza diffuse».[9]


Come scrive Alex de Waal, «la Covid-19 è stata la pandemia meno inaspettata della storia».[10]

 

De-preparati**


In The Challenge and Burden of Historical Time, Istvan Mėszáros sostiene che il sistema capitalistico è «incompatibile con la pianificazione in qualsiasi altro senso se non in quello miope del termine». Anche quando la catastrofe incombe, «il perseguimento illimitato dell'accumulazione di capitale, per quanto dannoso e persino totalmente distruttivo», è la priorità assoluta per le imprese e gli stati che rappresentano i loro interessi. L'imperativo del profitto ha due risultati inevitabili.

 

«1. L'orizzonte temporale del sistema è necessariamente a breve termine. Non può essere altro che questo, viste le pressioni deraglianti della concorrenza e del monopolio e le conseguenti modalità di imposizione del dominio e della subordinazione, nell'interesse del guadagno immediato.

«2. Questo orizzonte temporale ha anche carattere post festum [a fatto avvenuto], capace di adottare misure correttive solo dopo che il danno è stato fatto; e anche tali misure correttive possono essere introdotte solo in forma molto limitata».[11]


Ciò è stato dimostrato in modo potente e tragico dalla risposta dei paesi più ricchi alla pandemia. Nonostante le prove scientifiche schiaccianti, nonostante i libri e fascicoli pieni di piani dettagliati e linee guida strategiche, nonostante i ripetuti appelli a investire nella ricerca sui vaccini e a mantenere scorte di dispositivi di protezione essenziali, i governi del mondo erano assolutamente impreparati alla COVID-19 o a cose simili.


Nel maggio del 2021, un gruppo di esperti indipendenti, nominati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per valutare la preparazione del mondo alle pandemie, ha emesso una valutazione senza mezzi termini:

«Per il gruppo di esperti è chiaro che il mondo non era preparato e ha ignorato gli avvertimenti che hanno portato a un enorme fallimento: un'epidemia di SARS-COV-2 è diventata una pandemia devastante...


«Nonostante i messaggi coerenti sulla necessità di cambiamenti significativi per garantire una protezione globale contro le minacce pandemiche, la maggior parte delle raccomandazioni non è mai stata attuata. Nel migliore dei casi, l'attuazione è stata frammentaria...


«La COVID-19 ha messo in luce un divario enorme tra gli sforzi limitati e disarticolati per prepararsi alle pandemie e le esigenze e le prestazioni di un sistema quando si trova effettivamente ad affrontare una pandemia in rapida evoluzione e in crescita esponenziale».[12]


Molti libri e rapporti documentano i grossolani fallimenti delle risposte governative alla COVID-19. Non ripeterò qui questa storia spaventosa. Ma è importante notare che [i governi] non erano soltanto impreparati: nei decenni precedenti la COVID la maggior parte dei governi si era de-preparata.[13]


«Nei paesi a capitalismo avanzato, negli ultimi quarant'anni i sistemi sanitari pubblici sono stati privatizzati e svuotati di fondi a vantaggio del profitto privato e del mercato. La spesa sanitaria non è stata indirizzata verso la prevenzione o le cure primarie, ma principalmente verso le cure d'emergenza...


«Di conseguenza, la maggior parte dei sistemi sanitari era già al limite nella gestione delle malattie e delle patologie prima che scoppiasse la pandemia – anzi, era considerato “efficiente” gestire la capacità sanitaria al 99%, senza spazio per le grandi emergenze. Molti sistemi sanitari non avevano scorte di attrezzature necessarie per le pandemie virali, come maschere, dispositivi di protezione personale, ventilatori o persino farmaci per attenuare l'impatto del virus. Quando è esplosa la pandemia, molti sistemi sanitari in Europa sono stati sopraffatti, esercitando una pressione enorme sui “triage” e ignorando l'impatto sulle case residenziali [per anziani]. Alla fine, i governi dovettero imporre drastiche chiusure. I sistemi sanitari furono costretti a concentrarsi sui pazienti con Covid-19 a scapito di altri pazienti gravemente malati, causando morti secondarie».[14]


I politici neoliberali hanno tagliato i fondi per la ricerca, sciolto i gruppi consultivi scientifici e ridotto all'osso i bilanci della sanità pubblica. Quando la COVID-19 ha raggiunto gli Stati Uniti, «ha trovato un sistema sanitario pubblico [che] ... a malapena riusciva a far fronte ai casi comuni, figuriamoci a un nuovo virus altamente infettivo».[15] Nella maggior parte del Sud globale, le condizioni sono molto peggiori: i sistemi sanitari, già deboli, sono stati sventrati dai programmi di austerità imposti dal Fondo Monetario Internazionale.


Come ha commentato il gruppo di esperti indipendenti dell'OMS, non è stato il primo organismo a raccomandare cambiamenti urgenti.


«Gli scaffali dei magazzini delle Nazioni Unite e delle capitali degli Stati membri sono pieni di rapporti di precedenti revisioni e valutazioni che avrebbero potuto mitigare la crisi sociale ed economica globale in cui ci troviamo. Sono rimasti ignorati per troppo tempo».[16]


Ora abbiamo un altro piano che prevede ampi cambiamenti nel modo in cui i governi e le istituzioni dovrebbero rispondere a future epidemie – e anch'esso è stato accantonato. Nessuno che conosca i precedenti del mondo capitalistico sarà sorpreso dal fatto che il piano del gruppo di esperti dell'OMC [Organizzazione Mondiale del Commercio] non sia stato attuato e nemmeno preso seriamente in considerazione.


Anche se fosse stato accettato, il piano conferma ancora una volta il giudizio di Mėszáros: si tratta di un lungo elenco di misure post festum, che si concentrano sulla reazione a future pandemie, non sulla prevenzione. Il proverbio di Benjamin Franklin sull'oncia di prevenzione non trova eco nelle discussioni ufficiali sulla preparazione alle pandemie.***


Sono certamente necessari investimenti massicci nell'assistenza sanitaria pubblica, e siamo stupiti dalla dedizione degli scienziati e degli operatori sanitari in prima linea che lavorano per salvare le vittime di Ebola, Influenza [suina], SARS-CoV-2 e altri virus emergenti, ma finché le cause sociali ed ecologiche sottostanti rimarranno, la nuova era delle pestilenze continuerà, senza sosta e sarà probabilmente più letale.


Continua

 

Note


* Si stima che il numero reale sia intorno ai 284.000 morti. (Wikipedia) [N.d.T.]

** Abbiamo reso «De-prepared» letteralmente con «De-preparati» e non con «impreparati» (che ha una valenza di involontarietà), perché crediamo renda meglio il concetto che l’autore vuole esprimere: qui Angus tiene a sottolineare come l’impreparazione sia frutto di un contesto socio-economico esclusivamente votato alla logica del profitto e proprio per questo disattento anche agli allarmi lanciati da tempo dalla scienza. Come d’altronde risulta chiaro dal proseguimento del discorso. [N.d.T.]

*** Il proverbio di Franklin è: "Un'oncia di prevenzione vale una libbra di cura". [N.d.T.]

[1] Global Preparedness Monitoring Board, A World in Disorder: Annual Report 2020, Ginevra, Settembre 2020, p. 3.


[2]
Kyle Harper,
Plagues upon the Earth: Disease and the Course of Human History, The Princeton Economic History of the Western World 46, Princeton, Princeton University Press, 2021, p. 504.


[3]
Event 201, consultato il 19 Marzo 2024, https://centerforhealthsecurity.org/our-work/tabletop-exercises/event-201-pandemic-tabletop-exercise.


[4]
Creaven, Sean,
Contagion Capitalism: Pandemics in the Corporate Age, Londra, Routledge, 2024. VIII.


[5]
Global Preparedness Monitoring Board,
A World at Risk: Annual Report on Global Preparedness for Health Emergencies, Ginevra, World Health Organization, 2019, p. 12.


[6]
Jonathan D. Quick and Bronwyn Fryer,
The End of Epidemics: The Looming Threat to Humanity and How to Stop It, New York, St. Martin’s Press, 2018, p. 25.


[7]
Global Preparedness Monitoring Board,
World at Risk, p. 6.


[8]
World Health Organization,
List of Blueprint Priority Diseases, 1 Marzo 2020.


[9]
Global Preparedness Monitoring Board,
World at Risk, p. 6.


[10]
Alex De Waal,
New Pandemics, Old Politics: Two Hundred Years of War on Disease and Its Alternatives, Medford, Polity Press, 2021, p. 14.


[11]
István Mészáros,
The Challenge and Burden of Historical Time: Socialism in the Twenty-First Century, New York, Monthly Review Press, 2008, p. 383.


[12]
Independent Panel for Pandemic Preparedness and Response,
COVID-19: Make It the Last Pandemic, Ginevra, Svizzera, Maggio 2021, p. 15.


[13]
Prendo in prestito il termine da Alex de Waal,
New Pandemics, Old Politics.


[14]
Michael Roberts,
Pandemic Economics: The Global Response to Covid-19, «Theory & Struggle» 122, no. 1, Giugno 2021, pp. 32-45.


[15]
Ed Yong,
How Public Health Took Part in Its Own Downfall, The Atlantic (blog), 23 Ottobre 2021.


[16]
Independent Panel for Pandemic Preparedness and Response,
Make It the Last Pandemic, p. 62.



Ian Angus


Traduzione di Alessandro Cocuzza

Fonte: Climate&Capitalism 26.03.2024


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