Animal Oppression and Human Violence. Domesecration, capitalism and global conflict, di David A. Nibert, Colombia University Press, 2013.

Jared Diamond e altri eminenti studiosi hanno sostenuto che l'addomesticamento degli animali per il cibo, il lavoro e gli strumenti di guerra ha favorito lo sviluppo della società umana, ma confrontando le pratiche di sfruttamento degli animali per il cibo e le risorse in diverse società nel tempo, David A. Nibert giunge ad una conclusione sorprendentemente diversa.

Egli individua nell'addomesticamento degli animali, che ribattezza "segregazione domestica" (domesecration) [1], una perversione dell'etica umana, l’origine di atti di violenza su larga scala, modelli disastrosi di distruzione ed epidemie di malattie infettive che frenano la crescita. Nibert concentra il suo studio sulla pastorizia nomade e lo sviluppo dell'allevamento commerciale, pratiche che sono state ampiamente controllate dalle élites e ampliate con l'ascesa del capitalismo. A partire dalle società pastorali della steppa eurasiatica e proseguendo fino all'esportazione di abitudini alimentari occidentali incentrate sulla carne in tutto il mondo odierno, Nibert collega la segregazione domestica degli animali a violenza, invasioni, stermini, sfollamenti, schiavitù, repressione, pandemie croniche e carestie.

A suo avviso, la conquista e la sottomissione di altri popoli erano il risultato della necessità di appropriarsi della terra e dell'acqua per mantenere grandi quantità di animali, e la formazione di una forza militare ha le sue radici nei benefici economici dello sfruttamento, dello scambio e della vendita di animali. L’autore mostra come malattie zoonotiche mortali hanno accompagnato violenti cambiamenti nel corso della storia, devastando intere città, società e civiltà. La sua intuizione più potente colloca la segregazione degli animali come una precondizione per l'oppressione di altri popoli, in particolare delle popolazioni indigene, un'ingiustizia impossibile da correggere, in quanto gli interessi materiali dell'élite sono indissolubilmente legati allo sfruttamento degli animali.

Nibert collega la segregazione domestica ad alcune delle questioni più critiche che il mondo deve affrontare oggi, tra cui l'esaurimento di acqua dolce, del suolo, delle riserve di petrolio, il riscaldamento globale e la fame nel mondo, ed esamina la risposta militare del governo degli Stati Uniti alle inevitabili crisi di un mondo surriscaldato, affamato e impoverito di risorse. L’autore sostiene inoltre che la maggior parte delle campagne in difesa degli animali rafforza le attuali pratiche oppressive e suggerisce riforme che sfidano la legittimità sia della segregazione domestica che del capitalismo.

[1] N.d.T. «Domesecration», neologismo creato dall’autore accorpando due termini, «domestication» con «desecration», a sottolineare quanto la cattura, l’assoggettamento, la reclusione, la manipolazione di animali liberi più che un “addomesticamento”, come viene normalmente descritto questo processo, abbiano rappresentato e rappresentino una vera e propria oppressione e profanazione degli stessi. A tale riguardo l’autore infatti precisa come «Il linguaggio [sia] uno strumento importante per naturalizzare e giustificare l'oppressione e dovremmo sempre cercare di smascherare le frasi e le parole che fungono da supporto ideologico per i sistemi oppressivi». Pertanto, in ogni occasione si è preferito usare il neologismo invece di tradurlo impropriamente.

Nota a cura della Redazione di Antropocene.org


> LEGGI L'ARTICOLO di David Nibert: Lo sfruttamento animale sta uccidendo noi e il pianeta