Fonte: Climate&Capitalism - 13.05.2021

Pubblichiamo la quarta ed ultima parte dell'articolo di Ian Angus: un'esemplare analisi storico materialista  della pesca moderna.  

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Secoli prima della rivoluzione industriale, le prime fabbriche trasformarono la produzione ittica.

Gli storici marxisti dibattono sull'origine del capitalismo dagli anni '40. È vero, come una volta ha commentato Eric Hobsbawm, che «nessuno ha seriamente sostenuto che il capitalismo abbia prevalso prima del XVI secolo, o che il feudalesimo abbia prevalso dopo la fine del XVIII», [1] ma, nonostante anni di accese discussioni in numerosi libri e articoli eccellenti, non c'è ancora consenso su quando, dove e come il nuovo sistema si sia formato e sia diventato dominante. [2]

Questo articolo non cerca di risolvere il dibattito o di proporre una nuova grande narrazione. Il mio obiettivo, piuttosto, è attirare l'attenzione su un aspetto importante del primo capitalismo che è stato in tutti quegli interventi quasi del tutto ignorato: lo sviluppo e la crescita della pesca intensiva nel Mare del Nord e nell'Oceano Atlantico nord-occidentale nei secoli XV e XVI.

 

Un’immensa attività di pesca

Come vedremo, la pesca transatlantica nel XVI sec. rappresentò una delle prime industrie capitalistiche del mondo. Ma anche se ciò non fosse vero, recenti ricerche sulla sua dimensione e portata dimostrano la sua straordinaria importanza per la storia economica di quel periodo.

La seconda parte di questo articolo ha discusso il lavoro di Selma Barkham, le cui ricerche d'archivio hanno documentato le non ancora conosciute operazioni di caccia su larga scala alle balene basche compiute nello Stretto di Belle Isle.

Allo stesso modo, Laurier Turgeon della Laval University ha dimostrato che l'industria transatlantica della pesca del merluzzo era molto più grande di quanto si pensasse in precedenza. Il suo lavoro, basato su documenti d'archivio delle città portuali francesi, documenta «un'immensa attività di pesca che è stata in gran parte trascurata nella storia marittima del Nord Atlantico». Nella seconda metà del XVI secolo, «le navi francesi di Terranova rappresentavano una delle più grandi flotte dell'Atlantico. Si trattava di circa cinquecento navi che avevano una capacità di carico combinata di circa 40.000 tonnellate e mobilitavano dodicimila pescatori e marinai ogni anno.

A queste vanno aggiunte le traversate annuali di circa duecento navi spagnole, portoghesi e inglesi.

La flotta di Terranova superò di gran lunga la prestigiosa flotta spagnola che trafficava con le Americhe, che aveva solo la metà della capacità di carico e la metà dei membri dell'equipaggio. Il Golfo di San Lorenzo rappresentava un sito di attività europea pienamente paragonabile al Golfo del Messico o ai Caraibi. Lungi dall'essere uno spazio marginale visitato da pochi pescatori isolati, Terranova è stata una delle prime grandi rotte atlantiche e uno dei primi territori colonizzati in Nord America. [3]

Lo storico Peter E. Pope giunge a una conclusione simile nel suo pluripremiato studio sui primi insediamenti inglesi a Terranova:

Alla fine del XVI secolo, l'attività commerciale europea nel Canada atlantico superò, in volume e valore, il commercio europeo con il Golfo del Messico, di solito considerato come il centro di gravità americano del primo commercio transatlantico ... La pesca moderna a Terranova era un'industria enorme per il suo tempo, e anche per il nostro. [4]

Nello stesso periodo, quasi mille navi salpavano ogni anno verso il Mare del Nord dall'Olanda, dalla Zelanda e dalle Fiandre. L'industria della pesca con sede nei Paesi Bassi era così importante che Filippo II usò parte del suo oro e argento americani per finanziare navi da guerra che proteggessero la flotta per la pesca di aringhe olandese dagli attacchi dei corsari francesi e scozzesi.

Nel XV sec., la flotta olandese nel Mare del Nord catturò e produsse enormi volumi di pesce, rendendo l'aringa il pesce più consumato nell’Europa settentrionale. Nel XVI sec., la cattura di aringhe del Mare del Nord rimase stabile, mentre la pesca di Terranova trasformò il mercato: nel 1580, i pescatori di Terranova catturarono 200.000 tonnellate di merluzzo, più del doppio del pescato di aringhe del Mare del Nord nel suo anno migliore. Alla fine del secolo, la vendita di merluzzo nel mercato europeo aveva sostituito con un ampio margine l'aringa. Questo grafico mostra l’andamento nella vendita dell'aringa e del merluzzo venduti nell'Europa continentale dal 1400 al 1750.

 


È chiaro che nel XVI sec. la pesca intensiva divenne un'industria importante, una componente importante dei rivoluzionari cambiamenti socio-economici che allora caratterizzavano l’intera Europa.

 

Le prime fabbriche capitalistiche

Nel 1776, nel primo capitolo di La ricchezza delle nazioni, Adam Smith come è noto attribuì «la causa principale del progresso nelle capacità produttive del lavoro» agli effetti della «divisione del lavoro», in quelle che chiamava manifatture. In alcuni stabilimenti di produzione di spilli, ad esempio, «circa diciotto distinte operazioni... sono tutte compiute da mani diverse». Dividendo i compiti, le fabbriche di spilli producevano molte volte più spilli di quanto sarebbe stato possibile se ogni lavoratore li avesse prodotti individualmente. [5] Meno famosa, forse, è la particolare enfasi che Marx pose sull'importanza della divisione del lavoro nella manifattura, ossia «la combinazione di differenti mestieri sotto il comando di uno stesso capitale» [6] prima dell'introduzione delle macchine nella rivoluzione industriale. «La divisione manifatturiera del lavoro è creazione del tutto specifica del modo di produzione capitalistico[7]

In un recente libro si sostiene che la produzione mediante la divisione del lavoro è stata inventata intorno agli anni ’70 del XV sec., nelle piantagioni di zucchero portoghesi sull'isola di Madeira. L'assegnazione di diverse attività a diversi gruppi di schiavi mostra, dicono gli autori, che «la piantagione fu la fabbrica originaria». [8]

Anche se ciò rappresentò uno sviluppo importante, non è stato il primo caso di una produzione alimentare in fabbrica. Più di mezzo secolo prima, come abbiamo visto nella prima parte, i mercanti, i costruttori di navi, pescatori e marinai olandesi introdussero una sofisticata divisione del lavoro per produrre cibo in volumi molto maggiori – non un prodotto di lusso come lo zucchero, ma una merce di massa: pesce. I grandi herring busses a fondo largo, in cui squadre di lavoratori catturavano, lavoravano e conservavano pesce nel Mare del Nord, possono pretendere di rappresentare le prime fabbriche capitalistiche.

I pescatori francesi nel XVI sec. usavano navi simili, chiamate bankers o bank ships, sui Grandi Banchi di Terranova. Laurier Turgeon descrive una tipica divisione del lavoro in «il precursore delle nostre navi-fabbrica», mentre il merluzzo veniva agganciato e trainato:

Tutte le operazioni di eviscerazione o preparazione venivano effettuate sul ponte, dove l'attività si era trasformata praticamente in una produzione da catena di montaggio. Alcuni ragazzi dalla nave afferravano il pesce [da uno dei pescatori] e lo gettavano sul tavolo di spaccatura. La testa veniva recisa dal “decapitatore”, il pesce sventrato e, con lo stesso movimento, spinto verso lo “spaccatore” all'estremità opposta del tavolo. Due o tre abili colpi di coltello bastavano per rimuovere la spina dorsale, dopo di che il filetto “pronto” cadeva giù dal portello nella stiva della nave e il salatore lo disponeva tra due spessi strati di sale.

I lavori continuavano a ritmo sostenuto dall'alba al tramonto, anche durante la notte quando il pescato era particolarmente buono. Ogni nave era «un laboratorio per la preparazione e la conservazione del pesce» e l'attività degli operai «assomigliava sotto molti aspetti al lavoro di fabbrica del XIX secolo». [9]

Anche la pesca del merluzzo nell’entroterra prevedeva una divisione del lavoro da catena di montaggio, in strutture costruite ogni anno sulle spiagge pietrose di Terranova. Un diario tenuto dal chirurgo navale James Yonge nel XVII sec., riassunto qui dallo storico Peter Pope, descrive il funzionamento simile a quello di una fabbrica delle stazioni di pesca di Terranova, chiamate fishing rooms dai pescatori inglesi.

Se la pesca era buona, gli equipaggi si dirigevano verso le loro fishing rooms nel tardo pomeriggio, ogni barca con ben mille o milleduecento pesci, che pesavano complessivamente diverse tonnellate. ... Gli equipaggi a terra disponevano il pesce direttamente sulla stage head, cioè il molo dove il pesce veniva scaricato e che serviva anche da impianto di lavorazione. Un ragazzo disponeva il pesce su un tavolo per il decapitatore, che sventrava e decapitava il pesce.... I fegatini di merluzzo venivano messi da parte e scaricati in una grande tinozza, dove l’olio fluidifica al sole… il decapitatore spingeva il pesce eviscerato attraverso il tavolo verso lo spaccatore, che apriva il pesce e rimuoveva la spina dorsale.... ragazzi non specializzati spostavano il pesce spaccato in carriole e lo ammucchiavano per una prima salatura a umido. Questa salatura richiedeva esperienza e capacità, come sottolineava Yonge: "Un “salatore” è un lavoratore esperto, perché troppo sale brucia il pesce e lo guasta e bagna, mentre troppo poco gli conferisce un colore rossastro, cioè, dà al pesce un’apparenza rossa quando essiccato, il che lo rende non commerciabile.

Dopo alcuni giorni sotto sale, gli equipaggi costieri sciacquavano il pesce in acqua di mare e lo accatastavano, per uno o due giorni, su una piattaforma di pietre da spiaggia, chiamata cavallo, prima di stenderlo ad asciugare su una spiaggia di ghiaia o su palchi, cioè piattaforme di legno grezzo coperte di rami di abete o corteccia di betulla ..... Di notte e con l’umidità, il pesce in lavorazione doveva essere girato con la pelle verso l’alto o raccolto in mucchi protetti. Dopo quattro o cinque giorni di bel tempo, era pronto per essere conservato in pile più grandi accuratamente stratificate, contenenti circa millecinquecento pesci. [10]

Sulle lunghe spiagge, potevano esserci più fishing rooms con lavoratori di molte navi nelle immediate vicinanze. Come scrive Pope, «Questa sofisticata divisione del lavoro, le grandi dimensioni dell'unità produttiva, insieme ad una disciplina del tempo imposta da una stagione di pesca limitata, hanno conferito alla pesca a secco alcune delle qualità proprie delle successive industrie manifatturiere». [11]

Le fishing rooms del XVI secolo e le bank ships erano fabbriche, molto prima della rivoluzione industriale.

 

“Una caratteristica istituzione capitalistica”

Nel Capitale Marx sostiene che l'attività mercantile in quanto tale, ossia comprare a buon mercato in un posto e vendere a caro prezzo in un altro, non ha minato il modo di produzione feudale, né lo hanno fatto gli artigiani che fabbricavano e vendevano i propri prodotti. Fu l'integrazione della manifattura e del commercio a porre le basi per un nuovo ordine sociale: «la produzione e la circolazione delle merci sono presupposto generale del modo di produzione capitalistico». [12] L'effettiva transizione al capitalismo, scrisse, avvenne in tre modi: alcuni commercianti passarono alla produzione manufatturiera; alcuni commercianti stipularono contratti con più artigiani indipendenti; e alcuni artigiani ampliarono le loro attività per produrre essi stessi per il mercato. [13]

Tuttavia, come commenta Maurice Dobb in Studies in the Development of Capitalism, il problema con quadri di transizione schematici, incluso quello di Marx, è che il processo reale fu «un complesso di vari filoni, e il ritmo e la natura dello sviluppo differiscono ampiamente nei diversi paesi». [14]

Ad esempio, Selma Barkham ha scoperto che le spedizioni baleniere basche nel Labrador sono state organizzate e finanziate da quelli che lei chiama money-men: «uomini con un solido background finanziario e una buona esperienza, sia nella raccolta di denaro che nel settore assicurativo.» [15]

In Inghilterra, d'altra parte, come mostra Gillian Cell, la pesca di Terranova era «gestita da uomini con poco capitale ... [Era] principalmente appannaggio dei connazionali dell'ovest», non dei grandi mercanti di Londra, e certamente non di uomini facoltosi. La più grande spesa in conto capitale, la nave stessa, era in genere condivisa tra diversi investitori. «Di solito una nave era divisa in trentadue parti, un numero qualsiasi delle quali poteva essere di proprietà dello stesso mercante, ma a volte potevano essercene fino a sessantaquattro.» In altri casi, gli investitori riducevano i loro costi e rischi affittando navi, senza alcun pagamento dovuto fino al loro ritorno. [16]

Gli investitori assumevano un capitano che ingaggiava marinai e pescatori e stipulava un contratto con un fornitore di attrezzi da pesca, barche, botti, sale e altri elementi essenziali, inclusi cibo e bevande per un lungo viaggio. Una persona poteva ricoprire più ruoli: il capitano e il fornitore, ad es., potevano anche essere investitori.

Un'impresa capitalistica richiede capitale e lavoratori. L'esistenza stessa della pesca intensiva nei secoli XV e XVI mostra che c'erano migliaia di uomini e ragazzi in Inghilterra e nell'Europa occidentale il cui sostentamento dipendeva dal lavoro nelle lontane fabbriche ittiche.

Era un lavoro arduo e pericoloso che li portava via da casa per la maggior parte dell'anno. Il solo viaggio da e per le zone di pesca richiedeva un mese o più a tratta, in affollate navi di legno che avrebbero potuto affondare in qualsiasi momento. Lo storico marittimo Samuel Elliot Morrison descrisse la pesca di Terranova del XVI secolo come «un cimitero di navi»: furono perse in mare più navi mercantili negli anni 1530-1600 che in tutta la seconda guerra mondiale. [17]

Eppure i capitani, ogni anno, apparentemente non avevano difficoltà nel reclutare equipaggi completi di lavoratori qualificati e non qualificati.

Poche ricerche sono state fatte sulle origini sociali di questi lavoratori, ma è sicuramente significativo che la rapida espansione della pesca a lunga distanza in Inghilterra nel XVI sec. abbia coinciso con un'ondata di enclosures e accorpamenti di terre, in cui «la tradizionale comunità contadina veniva minata mentre strati di contadini più agiati diventavano ricchi contadini, alcuni entrando nei ranghi della nobiltà, mentre altri si impoverivano e proletarizzavano, e ciò su larga scala.» [18] Nel lungo sedicesimo secolo (all'incirca dal 1450 al 1640), «grandi masse di uomini vengono staccate improvvisamente e con la forza dai loro mezzi di sussistenza e gettate sul mercato del lavoro come proletariato eslege.» [19]

Nei Paesi Bassi, a metà del 1500, circa il 5% della popolazione maschile lavorava nell'industria delle aringhe [20] e con essa in Inghilterra, Francia e Spagna, un numero crescente di uomini che in precedenza avevano integrato la loro dieta e il loro reddito con la pesca occasionale ora dovevano lavorare per altri. Avendo perso la loro terra, si sono rivolti al mare a tempo pieno. Alcuni potevano ancora possedere piccoli appezzamenti di terra e altri probabilmente lavoravano come braccianti agricoli tra un viaggio e l’altro, ma tutti facevano parte di una nuova classe operaia marittima il cui lavoro ha arricchito una classe emergente di mercanti-industriali.

Come abbiamo visto nella prima parte, i lavoratori degli herring busses venivano spesso pagati con salario fisso, cosa rara sulle navi inglesi e francesi, ove di solito i proventi lordi della vendita del pescato erano divisi in tre: un terzo per gli investitori, un terzo per il fornitore e un terzo per il capitano e l'equipaggio. Il capitano prendeva la maggior parte della quota dell'equipaggio, mentre i lavoratori ricevevano importi diversi a seconda della loro abilità ed esperienza, con lavoratori generici e ragazzi che ricevevano il minimo. Il pagamento in quote riduceva le perdite degli investitori quando il pescato era minimo o andava perduto. Ciò comportava anche una forma di disciplina del lavoro: come scrisse un mercante inglese, poiché il reddito dei pescatori dipendeva dall'entità del pescato, c'era «meno timore di negligenza da parte loro». [21]

Da un punto di vista puramente legale, i mercanti, gli armatori, i fornitori e i lavoratori di ogni spedizione facevano parte di una joint venture, ma come scrive Daniel Vickers quella formalità non cambiava il fondamentale rapporto di classe.

I rapporti tra i mercanti e i loro uomini rimasero in sostanza quelli tra capitale e lavoro. I mercanti guadagnavano ancora la parte maggiore dei profitti (e sopportavano la maggior parte delle perdite); mantenevano la completa proprietà della nave, delle provviste e dell'attrezzatura durante il viaggio, e potevano fare con il loro capitale ciò che desideravano una volta che il pesce era stato venduto. Secondo i primi standard moderni di organizzazione economica, questa pesca transatlantica era un'istituzione distintamente capitalistica. [22]

 

Impatto ecologico

A partire dai primi anni del 1600, alcuni marinai inglesi navigarono per altre novecento miglia circa da Terranova all'area ora conosciuta come New England. Tutti furono sbalorditi dall'abbondanza di pesci, e soprattutto dalle loro dimensioni.

John Brereton, 1602: «I pesci, cioè i merluzzi, che trovandoci più a Sud sono più grandi e vendibili per l'Inghilterra e la Francia del pesce di Terranova»;

James Rosier, 1605: Rispetto al merluzzo di Terranova, il merluzzo del New England era «molto più grande, meglio nutrito e abbondante di traine [olio]» e «tutti erano generalmente molto grandi, alcuni misurando da tre a cinque piedi»;

Robert Davies, 1607: «Qui abbiamo pescato per tre ore and abbiamo preso quasi duecento merluzzi molto grossi, molto più grossi di quelli che vengono dalle rive di Terranova». [23]

Il merluzzo di Terranova e del New England sono separati dalla geografia, ma rappresentano la stessa specie. La differenza di dimensioni e abbondanza non è stata causata dalla genetica, ma da un secolo di pesca intensiva. Il biologo marino Callum Roberts spiega:

In quel periodo, il merluzzo di Terranova era già stato sfruttato intensamente da un centinaio di anni e la pesca aveva evidentemente già avuto un impatto sul numero e sulle dimensioni dei pesci. La cattura dei pesci riduce la loro vita media. Poiché pesci come il merluzzo continuano a crescere per tutta la loro vita, la pesca riduce quindi la dimensione media degli individui in una popolazione. La pesca di Terranova aveva ridotto la taglia media del merluzzo e gli stock relativamente non sfruttati del New England erano un ricordo del passato. [24]

Un recente studio stima che fino alla fine del 1800 il pescato annuale era inferiore del 10% della popolazione totale di merluzzo [25], molto al di sotto del livello ritenuto sostenibile nel ventesimo secolo. Ciò, insieme al fatto che la cattura era aumentata, anno dopo anno, sembra implicare che nella prima età moderna la pesca avesse avuto un impatto minimo o nullo; ma ciò è fuorviante, in quanto la popolazione totale del merluzzo era composta da popolazioni locali distinte. Poiché le operazioni di pesca tendevano a permanere nelle aree in cui i pesci si radunavano, le popolazioni locali di merluzzo potevano essere, ed erano, molto ridimensionate dalla pesca intensiva.

Nel 1600, ad es., nell'area conosciuta come la costa inglese, «i pescatori realizzavano, in media, solo il 60% circa per barca del pescato che si aspettavano.» [26] Il pescato totale restava elevato perché alcuni pescatori lavoravano di più, usando più barche o rimanendo in mare più a lungo, mentre altri si spostavano geograficamente, prendendo di mira popolazioni meno impoverite fino a Cape Cod, come era giustamente chiamato, nel Massachusetts.

Man mano che la pesca rimuoveva pesci più grandi e maturi da ogni stock locale, aumentavano le possibilità di brusche oscillazioni del tasso riproduttivo. In breve, anche ai livelli apparentemente "moderati" del 1600 e del 1700, la pesca alterava le strutture di età (e forse di genere), le dimensioni, il peso e le abitudini di riproduzione e alimentazione e le dimensioni complessive degli stock di merluzzo nel Nord Atlantico. [27]

Il merluzzo è tra i vertebrati più prolifici della terra. Le femmine mature rilasciano da tre a nove milioni di uova all'anno: qualcuno una volta calcolò che se tutte fossero cresciute fino alla maturità, in tre anni sarebbe stato possibile attraversare l'oceano sulla loro schiena. In realtà, solo poche si schiudono e poche di quelle evitano di essere mangiate come larve, ma in condizioni normali (cioè prima della pesca intensiva) sono sopravvissute abbastanza per mantenere una popolazione stabile nell'ordine dei trilioni. La pesca intensiva ha interrotto quel ciclo metabolico e riproduttivo, ma il numero totale di merluzzi era così grande che ci sono voluti quasi cinque secoli prima che la più grande attività di pesca del mondo crollasse.

 

Una rivoluzione nella pesca

Nel 2018, un team di storici dell’ambiente guidati da Poul Holm ha proposto che la nascita e la rapida crescita della pesca intensiva a Terranova dovrebbe essere chiamata Fish Revolution. Un attento studio delle dimensioni della pesca, del suo impatto sui mercati e sulle diete europee e dei suoi effetti sull'ambiente li ha portati a concludere che gli storici «hanno grossolanamente sottovalutato l'importanza economica e storica del commercio del pesce, che potrebbe essere paragonabile alla corsa molto più famosa per sfruttare le miniere d'argento degli Incas». La Fish Revolution è stata «un evento importante nella storia dell'estrazione e del consumo delle risorse. … [che] ha cambiato in modo permanente la vita umana e animale nella regione del Nord Atlantico».

Il più ampio mercato del pesce è stato profondamente trasformato e la diffusa presenza degli uomini nel Nord Atlantico è stata condizionata da parametri climatici e ambientali significativi. La Fish Revolution è uno dei primi più chiari esempi di come gli esseri umani possano influenzare la vita marina sul nostro pianeta e di come la vita marina può a sua volta influenzare e diventare, in sostanza, parte di un mondo umano globalizzato. [28]

Questa conclusione sintetizza un ampio corpus di ricerche recenti e ritengo che sia assolutamente corretta, anche se richiede di essere supportata da una comprensione più profonda dei fattori socio-economici del cambiamento. In breve, la Fish Revolution è stata causata da una Rivoluzione nella Pesca.

Il successo che ebbe la pesca nel Mare del Nord e a Terranova dipendeva da mercanti che avevano capitali da investire in navi e altri mezzi di produzione, da pescatori che dovevano vendere la loro forza-lavoro per vivere e da un sistema di produzione basato su una divisione pianificata del lavoro. Non sarebbe stato possibile nel Medioevo, perché nessuno di questi elementi esisteva. Le operazioni di pesca a lunga distanza del XV e XVI secolo furono tra i primi esempi, e molto probabilmente tra i più grandi, di ciò che Marx chiamava manifattura – una «forma specificamente capitalistica del processo di produzione sociale». [29]

Con la rivoluzione nella pesca, il capitale alla ricerca del profitto organizzò il lavoro umano per trasformare creature viventi in un immenso accumulo di merci [corsivo nostro]. Dal 1600 in poi, fino a 250.000 tonnellate di merluzzo all'anno sono state catturate, lavorate e conservate a Terranova e trasportate attraverso l'oceano per la vendita. Questo incremento della produzione ha consentito un aumento qualitativo del volume di pesce consumato in Europa, e ha dato inizio all'esaurimento a lungo termine della vita oceanica che adesso ha portato il merluzzo e molte altre specie oceaniche sull'orlo dell'estinzione.

 

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Rimangono molte domande. In che modo l'enorme aumento del pesce proveniente da Terranova ha influenzato la pesca costiera e regionale in Europa? Chi erano i lavoratori che si univano alle flotte pescherecce a lunga distanza? Gli stessi uomini sono tornati anno dopo anno, o per alcuni è stato un espediente temporaneo? In che modo i mercanti che finanziavano le spedizioni investivano i loro profitti? Sappiamo che i mercanti che investivano nelle colonie americane tendevano a sostenere il Parlamento quando scoppiò la guerra civile in Inghilterra negli anni ’40 del ‘600, ma che dire dei capitalisti della regione occidentale che organizzarono la pesca transatlantica? In che modo gli ecosistemi del Nord Atlantico sono stati influenzati dalla rimozione su larga scala dei principali predatori?

Sono necessarie ulteriori ricerche, ma l'esistenza di una grande industria della pesca durante quella che Marx chiamò l'era della manifattura è fuori dubbio. Nonostante ciò, gli storici che discutono sull’origine del capitalismo hanno raramente menzionato un'industria che impiegava più lavoratori che in qualsiasi altro settore diverso dall'agricoltura. Spero che questo articolo contribuisca a un quadro più completo e mostri che nessun resoconto delle origini del capitalismo è completo se omette lo sviluppo e la crescita della pesca intensiva nei secoli in cui nacque il capitalismo.

 

Note


[1] Eric Hobsbawm, «From Feudalism to Capitalism», in The Transition from Feudalism to Capitalism, Rodney Hilton (a cura di), Verso, 1978, p. 162.

[2] Dal 1980, le due principali scuole di pensiero sono state il marxismo politico, associato a Robert Brenner, e l'analisi dei sistemi mondiali, associata a Immanuel Wallerstein. Per lavori recenti relativi a quelle correnti, si veda: Xavier Lafrance, Charles Post, (a cura di), Case Studies in the Origins of Capitalism, Palgrave MacMillan, 2019; Christopher K. Chase-Dunn, Salvatore J. Babones, (a cura di), Routledge Handbook of World-systems Analysis, Routledge, 2012. Libri importanti che criticano e vanno oltre entrambi gli approcci includono: Henry Heller, The Birth of Capitalism, Pluto, 2011; Neil Davidson, How Revolutionary Were the Bourgeois Revolutions?, Haymarket, 2012; Alexander Anievas, Kerem Nişancıoğlu, How the West Came to Rule, Plutone 2015.

[3] Laurier Turgeon, «Codfish, Consumption, and Colonization: The Creation of the French Atlantic World During the Sixteenth Century», in Bridging the Early Modern Atlantic World, Caroline A. Williams (a cura di), Routledge, Taylor & Francis, 2016, pp. 37-38.,

[4] Peter E. Pope, Fish into Wine: The Newfoundland Plantation in the Seventeenth Century, University of North Carolina Press, 2004, pp. 13, 22.

[5] Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, Newton Compton, 1995, pp. 66, 67.

[6] Karl Marx, Il capitale, vol. 1, Editori Riuniti, Roma, 1980, p. 380.

[7] ibid, p. 402.

[8] Raj Patel, Jason W. Moore, A History of the World in Seven Cheap Things, University of California Press, 2017, pp. 14-16.

[9] Laurier Turgeon, The Era of the Far-Distant Fisheries: Permanence and Transformation, Centre for Newfoundland Studies, 2005, pp. 40, 39.

[10] Peter E. Pope, Fish Into Wine, pp. 25-28. The relevant section of Yonge’s journal is online at https://www.heritage.nf.ca/articles/exploration/james-yonge-journal-extract-1663.php

[11] Peter E. Pope, Fish Into Wine, pp. 171-2.

[12] Karl Marx, Il Capitale, vol. 1, op. cit. p.396.

[13] Karl Marx, Il Capitale, vol. 3, Editori Riuniti, Roma, 1980, pp. 399-402

[14] Maurice Dobb, Studies in the Development of Capitalism, International Publishers, 1963 [1947], p. 126.

[15] Selma Huxley Barkham, «The Basque Whaling Establishments in Labrador 1536-1632 — A Summary», Arctic 37, no. 4 December 1984, p. 517.

[16] Gillian T. Cell, English Enterprise in Newfoundland, 1577-1660, Kindle ed., University of Toronto Press, 1969, cap. 1.

[17] Samuel Eliot Morison, The European Discovery of America: The Northern Voyages, Oxford University Press, 1971, p. 268.

[18] David McNally, Against the Market: Political Economy, Market Socialism and the Marxist Critique, Verso, 1993, p. 10.

[19] Karl Marx, Il capitale, vol. 1, op. cit., p.780.

[20] James D. Tracy, «Herring Wars: The Habsburg Netherlands and the Struggle for Control of the North Sea, ca. 1520-1560», Sixteenth Century Journal 24, no. 2, Summer 1993, p. 254

[21] Sir David Kirke, 1639, citato in Pope, Fish Into Wine, p. 161.

[22] Daniel Vickers, Farmers & Fishermen: Two Centuries of Work in Essex County, Massachusetts, 1630-1850, University of North Carolina Press, 1994, pp. 89-90.

[23] Brereton, Rosier, Davies, citato in Callum Roberts, The Unnatural History of the Sea, Island Press, 2007, pp. 37-38.

[24] Callum Roberts, The Unnatural History of the Sea, Island Press, 2007, p. 38.

[25] G. A. Rose, «Reconciling Overfishing and Climate Change with Stock Dynamics of Atlantic Cod (Gadus morhua) over 500 Years», Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences, September 2004, pp. 1553-1557.

[26] Peter Pope, «Early estimates: Assessment of catches in the Newfoundland cod fishery, 1660-1690», citato in John F. Richards, The Unending Frontier: An Environmental History of the Early Modern World, University of California Press, 2005, p. 567.

[27] John F. Richards, The Unending Frontier: An Environmental History of the Early Modern World, University of California Press, 2005, p. 569.

[28] Poul Holm et al., «The North Atlantic Fish Revolution (ca. AD 1500)», Quaternary Research, 2019, pp. 1-15.

[29] Karl Marx, Il Capitale, vol. 1, op. cit., p. 408.


Ian Angus

Traduzione di Giuseppe Sottile - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 13.05.2021


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