onte: Climate&Capitalism - 08.03.2021
Nella prima parte abbiamo esaminato come il pesce sia diventato una merce per la produzione di massa, nonché l’uso olandese di fabbriche galleggianti nel Mare del Nord nel XVI secolo. La seconda parte esamina l’ascesa di una pesca a carattere capitalistico ancora più grande sull’altra sponda dell’Atlantico.
Mentre le “flotte del tesoro” trasportavano argento in Spagna, molte più navi trasportavano uomini, pesci e olio di balena attraverso il Nord Atlantico.
" … nel sec. XVI ed ancora in parte nel secolo XVII l’ampliamento improvviso del commercio e la creazione di un nuovo mercato mondiale esercitavano una influenza decisiva sulla rovina dell’antico modo di produzione e sullo slancio del modo capitalistico"
Karl Marx [1]
I resoconti del commercio transatlantico per il XVI secolo in genere si focalizzano si ciò che Perry Anderson chiama «il singolo atto più spettacolare nell’accumulazione originaria del capitale in Europa durante il Rinascimento», ossia il saccheggio dei metalli preziosi da parte degli invasori spagnoli nel Sud e Centro America. [2] Anno dopo anno, convogli ben custoditi trasportavano oro ed argento in Europa, arricchendo la monarchia assoluta spagnola e nel contempo destabilizzando l’economia europea.
Le flotte spagnole ricolme di metalli preziosi hanno certamente ricoperto un ruolo nello sviluppo a lungo termine del capitalismo europeo, ma non sono state le sole a creare una impetuosa economia transatlantica. Mentre le navi spagnole trasportavano argento ed oro, un commercio parallelo, che coinvolgeva molte più navi, si sviluppo molto più a Nord. Gli storici del capitalismo, compresi i marxisti, hanno prestato troppa poca attenzione a quelle che Francis Bacon chiamava «le miniere d'oro della pesca di Terranova, di cui nessuna è così ricca». [3]
"Brulicante di pesci"
Si sa molto poco del navigatore veneziano che salpò dall'Inghilterra verso il Nord America nel 1497. Il suo vero nome era Zuan Cabotto, ma era conosciuto come Juan Caboto in Spagna e John Cabot in Inghilterra. Nel 1496, Enrico VII gli concesse lettere patenti «per trovare, scoprire e scandagliare qualsiasi isola, paese, regione o provincia abitati da pagani ed infedeli, in qualsiasi parte del mondo collocati, e prima di questo tempo sconosciuti a tutti i cristiani». [4] Con il sostegno finanziario di banchieri e mercanti italiani, salpò verso ovest, su una piccola nave con circa diciotto membri d’'equipaggio [5] dal porto di Bristol, nell’Inghilterra occidentale, il 2 maggio 1497. Trentacinque giorni dopo, "scoprì" un nuovo territorio sul lato opposto dell'Atlantico.
Il primo viaggio di Caboto a Terranova, 1497. (Dati approssimativi: nessuno lo sa con certezza.)
Naturalmente, la grande isola che divenne nota come Terranova era stata scoperta molto prima: ci sono prove di insediamenti umani sull'isola novemila anni fa, e il popolo Beothuk vi viveva da 1500 anni quando Caboto la rivendicò per il re inglese e la Chiesa cattolica. Caboto non fu nemmeno il primo esploratore europeo – esploratori vichinghi vi si stabilirono brevemente intorno al 1000 d.C., ed è possibile che pescatori baschi e portoghesi navigarono verso le acque ricche di merluzzo all'inizio del 1400. Tuttavia, la riscoperta di Terranova da parte di Caboto è importante per la storia del capitalismo, perché avvertì la classe mercantile europea in rapida crescita della grande opportunità di profitto fornita dalla espropriazione dei “doni gratuiti” della natura.
Come Colombo, Caboto stava cercando una via diretta per l'Asia. Come scrive lo storico Peter Pope, "cercava il Giappone, ma la sua più grande scoperta fu il merluzzo". [6] Poco dopo il ritorno di Caboto sulla nave Matthew a Bristol nell'agosto del 1497, l'ambasciatore milanese a Londra scrisse al Duca di Milano:
«Dicono che il mare brulica di pesci che possono essere presi non solo con la rete, ma in cestini messi in acqua e appesantiti da una pietra. Lo ho sentito dire da questo Messer Zoane [Caboto]. Gli stessi suoi amici inglesi dicono che potrebbero portare così tanti pesci che questo Regno non avrebbe più bisogno dell'Islanda, da cui deriva una grande quantità di pesce chiamato stoccafisso». [7]
La corsa all’oro
Nell’arco di un decennio dal ritorno di Caboto, la pesca «si aprì a Terranova con l'entusiasmo di una corsa all'oro» [8] Dal 1510, dozzine di navi provenienti da Francia, Spagna e Portogallo viaggiavano verso la terra del merluzzo ad ogni primavera, e verso la metà del secolo ce n'erano centinaia. La pesca di Terranova ha condotto a «un aumento di 15 volte delle forniture di merluzzo ... [e] triplicato le forniture complessive di proteine di pesce (aringhe e merluzzo bianco) al mercato europeo». [9] Il merluzzo rappresentava il 60% di tutti i pesci consumati in Europa alla fine del XVI secolo. [10]
Alcuni resoconti sulla prima pesca moderna danno l'impressione che il merluzzo di Terranova sia stato catturato da coraggiosi pescatori indipendenti che attraversavano l'Atlantico su piccole imbarcazioni. Alcuni potrebbero averlo fatto, ma non abbastanza da causare l'immenso salto nella produzione di pesce commerciale che gli storici hanno soprannominato la rivoluzione del pesce dell'Atlantico settentrionale. Ciò è stato realizzato da migliaia di abili lavoratori del settore ittico che hanno attraversato l'oceano su grandi navi finanziate da capitalisti mercantili. La pesca transatlantica è stata un grande affare fin dall'inizio.
A partire dal 1500, la pesca di Terranova si sviluppò secondo due principali modalità che continuarono per secoli.
Inshore (Costiera): la maggior parte dei pescatori prendeva di mira il merluzzo che ogni estate si avvicina alla costa per predare pesci più piccoli. I pesci venivano catturati da piccole barche e portati a terra ogni giorno per la lavorazione.
Offshore (Al largo): alla fine del secolo, le navi francesi hanno iniziato a lavorare sui Grandi Banchi, una vasta area relativamente poco profonda, che si estende per circa trecento chilometri a sud e ad est di Terranova, dove il merluzzo si riunisce per deporre le uova. I pesci venivano catturati e conservati sulle navi, eliminando i frequenti viaggi a riva.
Entrambe le attività di pesca generarono attività simili a quelle svolte in una fabbrica, con una divisione strutturata del lavoro tra lavoratori qualificati nei vari compiti di cattura e preparazione del pesce.
La pesca offshore catturava e conservava il pesce su navi simili agli herring busses olandesi descritti nella prima parte. In ogni nave, fino a venti uomini lavoravano lunghe giornate nelle linee di produzione. Il merluzzo veniva catturato dai pescatori, ognuno dei quali lavorava più lenze con esca contemporaneamente. Altri decapitavano, sventravano, aprivano e disossavano il pesce. Parti particolarmente preziose come il fegato venivano messe da parte, e il resto dell'animale veniva salato e impilato nella stiva della nave. Quando la stiva era piena di quello che era chiamato merluzzo umido o verde (in realtà sottaceto), tornava in Europa. Alcune navi effettuavano due o tre viaggi andata e ritorno ogni anno.
Le operazioni inshore coinvolgevano più navi e lavoratori, ma sono state più limitate nel tempo, perché la migliore pesca costiera si verificava da giugno ad agosto, quando milioni di capelani (un piccolo pesce simile all’osmero) deponevano le uova in acque poco profonde, attirando il merluzzo affamato. [11]
Ogni primavera, le navi da carico viaggiavano dall'Europa occidentale verso baie e insenature lungo la costa di Terranova. Ogni nave trasportava fino a centocinquanta lavoratori, molti barili di sale, e una dozzina di barche da pesca che erano state costruite in Europa, poi smontate e immagazzinate. Lunghe spiagge note per una pesca particolarmente abbondante attiravano più navi, quindi alcuni accampamenti per la pesca stagionale ospitavano migliaia di lavoratori alla volta.
Dopo essere sbarcati a maggio o all'inizio di giugno, i lavoratori assemblavano le loro barche e costruivano moli, capanne per dormire, capannoni di lavoro e rastrelliere per l'asciugatura all'aperto. Come sulle navi offshore, c'era una divisione del lavoro simile a quella d’una fabbrica. Tre o quattro uomini, la mattina, remavano su ogni piccola barca. Quando una barca era piena - ognuna poteva contenere centinaia di pesci - tornava a riva, dove operai specializzati decapitavano, sventravano, aprivano e disossavano il merluzzo. Le estati a Terranova erano troppo calde per adottare il metodo norvegese di liofilizzazione, quindi il pesce era leggermente salato prima di essere disposto al sole e rigirato frequentemente per diverse settimane. Il risultato era un merluzzo più gustoso dello stoccafisso norvegese, noto come merluzzo salato o Poor John, e lo sostituì in gran parte come principale alimento prodotto in serie in Inghilterra e nell'Europa meridionale.
Il merluzzo era così abbondante che spesso ne venivano catturati ed essiccati più di quanto una nave potesse trasportarne, così si sviluppò un commercio intermedio in cui mercanti olandesi su sack ships acquistavano pesce essiccato dalle spiagge di Terranova durante la stagione e lo rivendevano in Europa.
Durante il XVI secolo, la pesca del merluzzo si concentrò sulle coste orientali e meridionali di Terranova. Un'industria estrattiva diversa si sviluppò nei pressi dell'angolo nord-ovest dell'isola.
Il primo boom petrolifero del mondo
Negli anni '70, Selma Huxley Barkham ha cambiato radicalmente la nostra conoscenza della pesca del XVI secolo a Terranova e nel Labrador. Con scarso sostegno istituzionale - insegnava inglese part-time per pagarsi le spese- l'archivista canadese trascorse anni nel nord della Spagna, scavando tra biblioteche e archivi alla ricerca di riferimenti ai viaggi baschi del XVI secolo a Terranova. Le sue scoperte riscrissero la storia di Terranova del XVI secolo: trovò prove convincenti che oltre alle migliaia di uomini che venivano per il merluzzo, fino a duemila balenieri baschi si trovavano ogni anno nell'area ora conosciuta come lo Stretto di Belle Isle, tra le penisola settentrionale e la terraferma del Labrador. Seguendo le sue indicazioni, gli archeologi hanno trovato diverse navi affondate e i resti di oltre una dozzina di stazioni baleniere del XVI secolo sulla costa del Labrador.
I baschi francesi e spagnoli avevano dominato la caccia commerciale alle balene in Europa per cinquecento anni. Cacciavano nel Golfo di Biscaglia, miravano principalmente alle balene franche e della Groenlandia, che erano grandi - lunghe fino a 17 metri - ma molto più piccole di quelle che i balenieri delle acque profonde cacciarono in seguito fino all'estinzione. Le prime erano più lente e, con grande vantaggio per i rematori che dovevano rimorchiarle a terra, rimanevano a galla quando venivano uccise.
I mercanti baschi vendevano carne di balena salata, che poteva essere mangiata nei giorni sacri perché si pensava che le balene fossero pesci, e fanoni, una cartilagine flessibile che veniva usata per fare corsetti, fruste da carrozzino, ombrelli e così via. Ma ciò che produceva grandi guadagni era l'olio di balena, prodotto riscaldando lentamente il grasso in grandi calderoni. Barili di olio di balena basco venivano usati fino in Inghilterra e in Germania per la produzione tessile, l'illuminazione, la produzione di sapone e calafataggio per le navi. [12]
Ad un certo punto, probabilmente intorno al 1530, i pescatori baschi scoprirono che ogni estate e autunno le balene della Groenlandia migravano in gran numero attraverso lo Stretto di Belle Isle, dove potevano essere catturate con relativa facilità. [13] Presto iniziarono intense battute di caccia, con centinaia di squadre di balenieri baschi che si recavano ogni anno nello Stretto su “navi grandi quanto qualsiasi cosa potesse galleggiare… alcune di esse erano in grado di trasportare fino a duemila barili di olio di balena, che pesavano trecento libbre ciascuno [137 kg]. " [14] Per quattro o sei mesi l'anno vivevano e lavoravano in stazioni di caccia alle balene simili ai villaggi temporanei dei pescatori di merluzzo, con una grande eccezione: invece di costruire rastrelliere per essiccare il pesce hanno costruivano tryworks - file di grandi forni di pietra riparati da tetti di tegole, dove il grasso veniva bollito.
La caccia alle balene era un lavoro pericoloso per gli uomini e brutale per le balene. Quando le balene venivano avvistate dalla riva, diverse squadre partivano in chalupas - barche scoperte lunghe otto metri - ciascuna equipaggiata da un ramponiere, un timoniere e quattro o cinque rematori. L'archeologo James Tuck descrive il solito metodo di attacco:
«Remando, le baleniere si avvicinavano fino a un metro di distanza, a quel punto la balena era arpionata... [con una corda attaccata] a un" drogue " col quale la balena era rimorchiata attraverso l'acqua fino a stancarsi…. Spesso diversi arpioni venivano conficcati nella stessa balena e anche allora l'inseguimento avrebbe potuto richiedere ore e chilometri prima che la balena potesse essere avvicinata in sicurezza e uccisa dai ripetuti colpi di una lancia affilata come un rasoio. ... Una volta uccisa, la balena veniva rimorchiata da diverse barche - spesso contro la marea e il vento - in una delle stazioni di pesca a riva per essere lavorata. " [15]
Sulla riva, i flenser (macellatori di balene) rimuovevano il grasso di balena in lunghe strisce a spirale e lo tagliavano a pezzi sottili. I tryers riscaldavano lentamente il grasso in calderoni di rame, controllando la temperatura per evitare che si bruciasse, e periodicamente scremavano l'olio mettendolo in altre pentole per il raffreddamento, un processo che richiedeva giorni di costante attenzione e lavoro. L'olio raffreddato veniva poi conservato in barili da duecento litri che bottai assemblavano in loco.
La ricerca di Barkham ha dimostrato che le operazioni di caccia alle balene nello Stretto di Belle Isle sono state "un clamoroso successo finanziario sin dal loro inizio". Ha stimato che i balenieri baschi producessero più di 15.000 barili di olio di balena ogni anno vendendolo la maggior parte sulla via del ritorno a Bristol, Londra e Anversa. [16]
Ma come spesso accade quando le risorse naturali diventano merci massa, lo sfruttamento delle balene a Terranova minò presto le basi stesse dell'industria. È ovviamente impossibile ottenere numeri esatti, ma uno studio autorevole stima che "fino a un terzo delle balene della Groenlandia nell'Atlantico occidentale furono uccise durante il corso del XVI secolo". [17] Queste balene si riproducono lentamente; alle femmine occorrono quindici anni per raggiungere la maturità sessuale, e in genere hanno un solo balenottero ogni tre o quattro anni, quindi la rimozione di un terzo delle balene migratorie in pochi decenni ha avuto effetti devastanti. [18] All'inizio del 1680, la caccia eccessiva aveva ridotto così tanto la popolazione di balene che alcune navi tornarono in Europa semivuote.
Nel corso dei due decenni successivi, i balenieri spostarono le loro battute di caccia a ovest verso il Golfo di San Lorenzo e a nord verso l’Artico. La caccia intensiva alle balene nelle acque costiere di Terranova cessò per quasi trecento anni.
Inghilterra contro Spagna
Il declino della caccia indusse senza dubbio i baschi spagnoli a cacciare altrove, ma lo spostamento geografico fu reso più urgente dai conflitti sul lato opposto dell'Atlantico.
Per gran parte del 1500, le navi e i pescatori inglesi furono una distinta minoranza nella pesca a Terranova, ma alla fine del secolo le navi spagnole erano quasi scomparse, e la presenza inglese stava crescendo rapidamente. Nel 1570, circa cinquanta navi inglesi viaggiavano ogni anno verso Terranova e nel 1604 il numero era triplicato. [19] Per capire come e perché ciò sia avvenuto, dobbiamo fare una breve deviazione nella geopolitica europea.
Questo articolo fa parte di una ricerca in corso da parte dell'autore sulle "fratture metaboliche"
Note
[1] Karl Marx, Il Capitale, Editori Riuniti, Roma, 1980, vol. III (I), p. 398
[3] Citato in D. W. Prouse, A History of Newfoundland from the English, Colonial and Foreign Records, Londra, MacMillan & Co., 1895, p. 54.
[4] “First Letters Patent granted by Henry VII to John Cabot , 5 March 1496,” The Smugglers’ City, Department of History, University of Bristol.
[5] A confronto, cinque anni prima Colombo era salpato dalla Spagna con tre navi e ottantasei persone di equipaggio
[7] Citato in Callum Roberts, The Unnatural History of the Sea, Washington, Island Press, 2007, p. 33. Lo stoccafisso era merluzzo essiccato.
[8] Mark Kurlansky, Cod: A Biography of the Fish That Changed the World, New York, Walker Publishing, 1997, p. 51.
[9] Poul Holm et al., “The North Atlantic Fish Revolution (ca. AD 1500),” Quaternary Research, 2019, p. 2.
[10] Kurlansky, Cod, op. cit., p. 51.
[11] Sebbene il merluzzo sia sparito e gli stock di capelani si siano di molto ridotti, il "capelin roll" annuale attira ancora un gran numero di uccelli marini, balene e turisti sulle spiagge di Terranova e Labrador. I pesci nuotano vicino alla spiaggia, dove possono essere facilmente catturati in piccole reti o anche secchi.
[12] Brad Loewen, “Historical Data on the Impact of 16th-Century Basque Whaling on Right and Bowhead Whales in the Western North Atlantic,” Canadian Zooarchaeology, n. 26, 2009, p. 4.
[13] Fino a poco tempo, gli storici credevano che i balenieri baschi catturassero balene franche in estate e balene della Groenlandia in autunno, ma l'analisi del DNA delle ossa di balena mostra che le balene della Groenlandia costituivano quasi l'intera cattura. B. Mcleod et al., “Bowhead Whales, and Not Right Whales, Were the Primary Target of 16th- to 17th-century Basque Whalers in the Western North Atlantic,” Arctic 61, n. 1, March 2008, pp. 61-75.
[14] Frederick W. Rowe, A History of Newfoundland and Labrador, Toronto, McGraw-Hill Ryerson, 1980, p. 46.
[15] James A. Tuck, “The World’s First Oil Boom,” Archaeology 40, n. 1, Jan.-Feb. 1987, p. 51.
[16] Selma Huxley Barkham, “The Basque Whaling Establishments in Labrador 1536-1632 — A Summary,” Arctic 37, n. 4, December 1984, p. 518.
[18] L'impatto sulla popolazione è stato incrementato dalla pratica comune di prendere di mira le coppie madre-figlio/a: il balenottero era facile da uccidere e la madre poteva essere arpionata quando si avvicinava per salvare il suo bambino.
[19] Gillian T. Cell, English Enterprise in Newfoundland, 1577-1660, University of Toronto Press, 1969, pos. 602, Kindle. Articoli da Climate and Capitalism in traduzione italiana
Ian Angus
Traduzione di Giuseppe Sottile - Redazione di Antropocene.org
Fonte: Climate&Capitalism 08.03.2021
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