“Se le misure rivolte alla fauna selvatica distoglieranno dalle debolezze della sicurezza sanitaria globale evidenziate dal COVID-19, la prossima pandemia riscuoterà un successo ancora maggiore”.

Il supermercato dove faccio la spesa, una filiale cittadina di una catena nazionale di alimentari, vende aragoste vive, pronte per essere bollite e mangiate. Nessuno batte ciglio quando passa davanti alla vasca. Non ho ancora sentito nessuno chiedere di vietare quel tipo di mercato, o di mettere fuori legge il commercio canadese di animali selvatici vivi.

Eppure lo scrittore scientifico in voga Jared Diamond, scrivendo sul Washington Post, pensa che sia giusto, anzi essenziale, chiedere che la Cina metta fuori legge la vendita di animali selvatici.

La distinzione non ha nulla a che fare con il razzismo, vero?

L'articolo qui sotto è stato pubblicato la settimana scorsa su The Lancet Planetary Health. Ovviamente si potrebbe dire molto di più sul ruolo del capitalismo e dell'agricoltura industriale nel rendere inevitabili le pandemie. Tuttavia gli ecosocialisti dovrebbero prestare attenzione a ciò che dice l'articolo. "La paura e il controllo possono solo ostacolare il vero lavoro -che è di ingenerare rispetto per la natura- indebolendo la conservazione a lungo termine".


I DIVIETI SUL COMMERCIO DI FAUNA SELVATICA NON RAFFORZERANNO LA CONSERVAZIONE O LA RISPOSTA ALLE PANDEMIE

di Evan A. Eskew e Colin J. Carlson

La pandemia di COVID-19 in corso sarà tra le crisi sanitarie globali più significative per diverse generazioni. Il virus incriminato, il Coronavirus 2 della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV-2), è quasi certamente di origine zoonotica, con prove effettive che implicano un serbatoio di pipistrelli e, potenzialmente, un ospite intermedio come il pangolino. [1] Quasi la metà dei primi casi di COVID-19 erano legati al mercato di Wuhan, in Cina, dove venivano macellate e vendute diverse specie di animali selvatici. [2]

Sebbene non sia ancora chiaro se la diffusione sia avvenuta nel mercato, il forte sospetto di una connessione ha riacceso un dibattito globale sulla minaccia che il commercio e il consumo di fauna selvatica rappresentano per la sicurezza sanitaria. All'inizio dell'epidemia, un gruppo di scienziati cinesi ha scritto una lettera aperta al loro governo per chiedere il divieto del commercio di fauna selvatica. Allo stesso modo, le organizzazioni americane per la conservazione e gli accademici si sono affrettati a sostenere una restrizione completa del commercio, specialmente di quegli animali destinati al consumo umano e in particolare in quei tipi di mercati, dato il loro potenziale come centri di trasmissione virale tra le specie. Questa retorica collettiva suggerisce che l'eliminazione del commercio di animali selvatici sia una difesa semplice ed efficace contro le pandemie zoonotiche.

In effetti, una regolamentazione progressiva del commercio di fauna selvatica condizionata dalla minaccia del COVID-19 potrebbe sembrare agli ambientalisti una doppia vittoria per la salute umana e la fauna selvatica. Ma questi appelli all'azione, e la loro eccessiva focalizzazione sull'Africa e sull'Asia, spesso suonano vuoti, dato che molti paesi ad alto reddito abitualmente “esternalizzano” ad altre nazioni le minacce alla biodiversità. [3]

Non è la prima volta che si incontrano insidie politiche di questo tipo: i fautori della conservazione hanno avvertito nel 2015 che non c'era "nessun rivestimento d'argento per la conservazione" nell'epidemia di virus Ebola dell'Africa occidentale. Hanno sollevato preoccupazioni sui rischi etici dell'uso di Ebola come "un cavallo di Troia per ottenere risultati nella conservazione della fauna selvatica", [4] in particolare quando la demonizzazione degli animali implicati nella trasmissione della malattia poteva ritorcersi contro la conservazione; eppure i governi hanno acuito i divieti per il bushmeat. Questi divieti non furono all’altezza dei loro obiettivi dichiarati, poiché il commercio di carne di animali selvatici è stato dirottato verso canali illegali che hanno limitato la sorveglianza. I divieti hanno minato la fiducia della comunità, non solo nei conservatori ma anche nella risposta all'epidemia di Ebola. [5]

I nostri dilemmi politici attuali sono in gran parte gli stessi. [6] I sostenitori dei divieti al commercio in tutto il sud-est asiatico spesso notano le differenze tra la caccia di sussistenza in Africa e i tipi di consumo di fauna selvatica caratteristici dei mercati asiatici. Ma queste narrazioni sui consumi si accompagnano a preoccupanti profilazioni di razza e xenofobia, che solo ora iniziano ad emergere. [7] I punti di vista che amplifichiamo in questo delicato momento si diffonderanno ben oltre le riviste accademiche: già la massiccia attenzione mediatica ai mercati ittici e ai serbatoi di pipistrelli si è metastatizzata in forma di battute xenofobe sulla zuppa di pipistrelli -non solo nei social ma anche da parte di politici nazionali e dei principali media. È questa la nostra idea di conservazione?

Pur accogliendo alcune di queste considerazioni, alcune voci importanti tuttavia continuano a spingere per un'azione che apparentemente dà la priorità all'obiettivo a lungo termine della sicurezza sanitaria globale. In un recente editoriale del Washington Post che chiede di porre fine al commercio di animali selvatici, il virologo Nathan Wolfe e lo storico e scienziato Jared Diamond sostengono che , sebbene il consumo di animali selvatici sia una "pratica culturale fondamentale [in Cina]... la minaccia globale del coronavirus è troppo grande" [8] In questa visione, gli interessi culturali sono nel migliore dei casi una forma di sensibilità da contenere e nel peggiore un ostacolo alla politica sanitaria globale, che le arresta le pandemie bloccando il commercio di animali selvatici.

Purtroppo, la scienza delle zoonosi non è così semplice, anche per il caso ristretto dei coronavirus. A livello globale, ci sono probabilmente centinaia di coronavirus di mammiferi non ancora scoperti, molti potenzialmente contagiosi per gli esseri umani. Ma solo tre dei sette coronavirus conosciuti che infettano l'uomo causano gravi malattie. Uno di questi, il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV), ha un tasso di mortalità ancora più alto di uno dei due coronavirus della SARS e si è diffuso a livello internazionale, compreso un focolaio del 2015 in Corea del Sud che ha ucciso 38 persone. Come i suoi fratelli, il MERS-CoV ha probabilmente origine nei pipistrelli. [9] A differenza dei virus della SARS, il MERS-CoV contagia gli esseri umani attraverso i cammelli dromedari. [10] Fermare il commercio di fauna selvatica, o anche tutti i contatti diretti tra persone e pipistrelli, non impedirebbe con sicurezza che un nuovo virus simile al MERS emerga come minaccia pandemica. Allo stesso modo, sappiamo che le esposizioni chiave ad altri tipi di virus zoonotici avvengono anche al di fuori del percorso del commercio della fauna selvatica. [11]

La scomoda realtà è che fermare le pandemie non è semplice come fermare il commercio della fauna selvatica. Anche se la marea crescente di malattie emergenti costringerà le società a riconsiderare le loro relazioni con l'ambiente, le pressioni esterne che condannano lo sfruttamento della fauna selvatica ma cercano di sostituirlo con la paura e il controllo, possono solo ostacolare il vero lavoro -che è di generare rispetto per la natura- indebolendo la conservazione a lungo termine. Allo stesso tempo, favorire una narrazione incompleta riduce la nostra credibilità nei circoli della sanità globale; a causa della globalizzazione, dell'agricoltura industriale e dell'ubiquità della biodiversità virale, una pandemia può emergere praticamente ovunque. Per esempio, la pandemia di influenza H1N1 del 2009 ha avuto origine negli allevamenti di maiali del Nord America. [12] Per fortuna, l'influenza è una minaccia pandemica ben riconosciuta. Di conseguenza, la comunità internazionale ha salvaguardie più rigorose contro una pandemia di influenza, compresa la gestione della risposta ai focolai, la condivisione delle sequenze e la produzione di vaccini. Quadri comparabili non esistono per molte altre zoonosi con potenziale pandemico.

Questo problema è inevitabile quando la prevenzione delle pandemie è strettamente circoscritta alle origini animali: una volta che un virus emerge nelle persone, il campo della sanità pubblica ha inevitabilmente il compito di rilevare e diagnosticare, contenere rapidamente e fornire assistenza sanitaria efficace ed equa. Così, pur con ampi divieti sul commercio della fauna selvatica, il peso delle malattie zoonotiche più rovinose rimarrà quasi una certezza in assenza di sistemi sanitari più forti. Se le misure rivolte alla fauna selvatica distoglieranno dalle debolezze della sicurezza sanitaria globale evidenziate dal COVID-19, la prossima pandemia riscuoterà un successo ancora maggiore.


Note

[1] Wong MC, Cregeen SJJ, Ajami NJ, Petrosino JF. “Evidence of recombination in coronaviruses implicating pangolin origins of nCoV-2019.” bioRxiv. 2020; (published online Feb 13.)

[2] Chen N, Zhou M, Dong X, et al. “Epidemiological and clinical characteristics of 99 cases of 2019 novel coronavirus pneumonia in Wuhan, China: a descriptive study.”Lancet. 2020; 395: 507-513

[3] Lenzen M, Moran D, Kanemoto K, Foran B, Lobefaro L, Geschke A. “International trade drives biodiversity threats in developing nations,” Nature. 2012; 486: 109-112

[4] Pooley S, Fa JE, Nasi R. “No conservation silver lining to Ebola,” Conserv Biol. 2015; 29: 965-967

[5] Bonwitt J, Dawson M, Kandeh M, et al. “Unintended consequences of the ‘bushmeat ban’ in West Africa during the 2013-2016 Ebola virus disease epidemic.” Soc Sci Med. 2018; 200: 166-173

[6] Challender D, Hinsley A, Veríssimo D, ‘t Sas-Rolfes M. “Coronavirus: why a blanket ban on wildlife trade would not be the right response.” The Conversation, April 9, 2020

[7] Margulies JD, Wong RW, Duffy R. “The imaginary ‘Asian Super Consumer’: a critique of demand reduction campaigns for the illegal wildlife trade.” Geoforum. 2019; 107: 216-219

[8] Diamond J, Wolfe N. “How we can stop the next new virus.” Washington Post, March 16, 2020

[9] Memish ZA, Mishra N, Olival KJ, et al. “Middle East respiratory syndrome coronavirus in bats, Saudi Arabia.” Emerg Infect Dis. 2013; 19: 1819-1823

[10] Azhar EI, El-Kafrawy SA, Farraj SA, et al. “Evidence for camel-to-human transmission of MERS coronavirus.” N Engl J Med. 2014; 370: 2499-2505

[11] Gurley ES, Hegde ST, Hossain K, et al. “Convergence of humans, bats, trees, and culture in Nipah virus transmission, Bangladesh.” Emerg Infect Dis. 2017; 23: 1446-1453

[12] Mena I, Nelson MI, Quezada-Monroy F, et al. “Origins of the 2009 H1N1 influenza pandemic in swine in Mexico.” eLife. 2016; 5e16777


Traduzione di Matteo Preabianca - Collaboratore della Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism - 10/06/2020


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