Fonte: The Conversation - 11.03.2024

Sono una biologa della conservazione che studia le malattie infettive emergenti. Quando mi chiedono quale sarà la prossima pandemia, spesso rispondo che ne stiamo già vivendo una, solo che sta colpendo molte specie più della nostra.

Mi riferisco al ceppo altamente patogeno dell'influenza aviaria H5N1 (HPAI H5N1), altrimenti noto come influenza aviaria, che ha ucciso milioni di uccelli e un numero imprecisato di mammiferi, soprattutto negli ultimi tre anni.

Si tratta del ceppo che è emerso nelle oche domestiche in Cina nel 1997 e che ha rapidamente contagiato gli esseri umani nel Sud-Est asiatico, con un tasso di mortalità di circa il 40-50%. Il mio gruppo di ricerca si è imbattuto nel virus nel 2005, quando ha ucciso un mammifero, uno zibetto delle palme di Owston, minacciato di estinzione, in un programma di riproduzione in cattività nel Parco Nazionale di CucPhuong, in Vietnam.

Non è mai stato confermato come questi animali abbiano contratto l'influenza aviaria. La loro dieta è costituita principalmente da lombrichi, quindi non sono stati infettati mangiando pollame malato come molte tigri in cattività nella regione.

Questa scoperta ci ha spinto a raccogliere tutte le segnalazioni confermate di infezione mortale da influenza aviaria, per valutare l'entità della minaccia che questo virus potrebbe rappresentare per la fauna selvatica. Ecco come un virus appena scoperto nel pollame cinese è arrivato a minacciare gran parte della biodiversità mondiale.


I primi segnali

Fino al dicembre 2005, la maggior parte delle infezioni confermate erano state riscontrate in alcuni zoo e centri di recupero in Thailandia e Cambogia. La nostra analisi del 2006 ha mostrato che quasi la metà (48%) di tutti i diversi gruppi di uccelli (noti ai tassonomisti come «ordini») conteneva una specie in cui era stata segnalata un'infezione mortale di influenza aviaria. Questi tredici ordini comprendevano l'84% di tutte le specie di uccelli.

Vent'anni fa abbiamo ipotizzato che i ceppi di H5N1 in circolazione fossero probabilmente altamente patogeni per tutti gli ordini di uccelli. Abbiamo anche dimostrato che l'elenco delle specie infette confermate includeva quelle minacciate a livello globale e che habitat importanti, come il delta del Mekong, in Vietnam, si trovavano vicino ai focolai di pollame segnalati.

I mammiferi noti per essere suscettibili all'influenza aviaria nei primi anni 2000 includevano primati, roditori, maiali e conigli. Sono stati uccisi grandi carnivori come le tigri del Bengala e i leopardi nebulosi, oltre ai gatti domestici.

Il nostro articolo del 2006 mostrava la facilità con cui questo virus attraversava le barriere delle specie e suggeriva che un giorno avrebbe potuto produrre una minaccia su scala pandemica per la biodiversità globale.

Purtroppo, i nostri avvertimenti erano corretti.


Una malattia itinerante

A distanza di due decenni, l'influenza aviaria sta uccidendo specie dall'alto Artico all'Antartide continentale.

Negli ultimi due anni, l'influenza aviaria si è diffusa rapidamente in Europa e si è infiltrata in Nord e Sud America, uccidendo milioni di capi di pollame e diverse specie di uccelli e mammiferi. Un recente studio ha rilevato che dal 2020, anno in cui è iniziato l'ultimo aumento delle infezioni segnalate, ventisei paesi hanno segnalato almeno quarantotto specie di mammiferi morti a causa del virus.

Nemmeno l'oceano è al sicuro. Dal 2020, tredici specie di mammiferi acquatici hanno perso la vita, tra cui leoni marini americani, focene e delfini, che spesso muoiono, a migliaia, in Sud America. Anche un'ampia gamma di mammiferi predatori e spazzini che vivono sulla terraferma è ora confermata come suscettibile [di essere contagiata], tra cui leoni di montagna, linci, orsi bruni, neri e polari.

Il Regno Unito da solo ha perso oltre il 75% delle sue grandi puzzole e ha visto un calo del 25% delle sule settentrionali [uccelli marini]. Anche il recente declino delle sterne sandwich (35%) e delle sterne comuni (42%) è stato in gran parte causato dal virus.

Gli scienziati non sono riusciti a sequenziare completamente il virus in tutte le specie colpite. La ricerca e la sorveglianza continua potrebbero dirci quanto si adatta [il virus] e se è in grado di diffondersi ad altre specie. Sappiamo che può già infettare gli esseri umani: una o più mutazioni genetiche potrebbero renderlo più infettivo.


Al bivio

Tra il 1° gennaio 2003 e il 21 dicembre 2023, sono stati segnalati 882 casi di infezione umana da virus H5N1 in ventitré paesi, di cui 461 (52%) sono stati fatali.

Di questi casi mortali, più della metà si sono presentati in Vietnam, Cina, Cambogia e Laos. Le infezioni da pollame a uomo sono state registrate per la prima volta in Cambogia nel dicembre 2003. Sono stati segnalati casi intermittenti fino al 2014, seguiti da un vuoto fino al 2023, con 41 decessi su 64 casi. Il responsabile sottotipo di virus H5N1 è stato rilevato nel pollame in Cambogia dal 2014. Nei primi anni 2000, il virus H5N1 in circolazione aveva un alto tasso di mortalità umana, quindi è preoccupante che ora si ricominci a vedere persone che muoiono in seguito al contatto con il pollame.

Non sono solo i sottotipi H5 dell'influenza aviaria a preoccupare l'uomo. Il virus H10N1 è stato originariamente isolato da uccelli selvatici in Corea del Sud, ma è stato segnalato anche in campioni provenienti da Cina e Mongolia.

Recenti ricerche hanno scoperto che questi particolari sottotipi di virus possono essere in grado di trasmettersi all'uomo dopo essere risultati patogeni in topi e furetti da laboratorio. La prima persona di cui è stata confermata l'infezione da H10N5 è morta in Cina il 27 gennaio 2024, ma il paziente era anche affetto da influenza stagionale (H3N2). Il paziente era stato a contatto con pollame vivo, anch'esso risultato positivo all'H10N5.

Le specie già minacciate di estinzione sono tra quelle i cui esemplari sono morti a causa dell'influenza aviaria negli ultimi tre anni. I primi decessi causati dal virus nell'Antartide continentale, sono stati recentemente accertati negli stercorari skua, evidenziando una minaccia incombente per le colonie di pinguini in cui gli stercorari skua predano uova e pulcini. Pinguini di Humboldt sono già stati uccisi dal virus in Cile.

Come possiamo arginare questo tsunami di H5N1 e altre influenze aviarie? Bisogna rivedere completamente la produzione di pollame su scala globale. Rendere indipendenti le aziende agricole dell'allevamento di uova e pulcini, invece di esportarli a livello internazionale. La tendenza a creare mega-allevamenti con oltre un milione di volatili deve essere bloccata sul nascere.

Per evitare gli esiti peggiori di questo virus, dobbiamo rivedere la sua fonte primaria: l'incubazione negli allevamenti intensivi di pollame.


Diana Bell

Traduzione di Alessandro Cocuzza

Fonte: The Conversation 11.03.2024