Fonte: Z.Net - 07.03.2024

Gli effetti del conflitto armato in Palestina, a partire dalla fondazione dello Stato di Israele nel 1948, sono devastanti e di lunga durata.

L’impatto postbellico degli attacchi in corso contro la Striscia di Gaza e la Cisgiordania non è ancora stato studiato. Esaminando i dati su questi effetti, diventano evidenti due cose: sebbene vi siano dati sufficienti a dimostrare che gli impatti sono catastrofici (da molti definiti una Nakba ambientale), è necessario raccogliere ulteriori dati, cosa che a volte risulta difficile (dato l'assedio e il genocidio in corso nella Striscia di Gaza), per valutarne la piena portata.

Israele è stato fondato con l’idea di trasformare/modificare il paesaggio e la società della Palestina, un’area che fa parte della Mezzaluna Fertile, ricca di diversità umana e biologica. Anche prima del 1948 e della fondazione dello Stato “ebraico”, le attività di insediamento coloniale devastavano il paesaggio [1] e la società. [2]

Negli ultimi 76 anni, Israele ha sostituito i palestinesi e le aree naturali con l’urbanizzazione e le industrie (compresa l’agricoltura industriale), ha costruito colonie residenziali sulle cime delle colline e ha applicato una "matrix of control"* che comprende tangenziali e muri per circondare i palestinesi rimasti. Nella Cisgiordania occupata, Israele ha creato 151 insediamenti coloniali, 150 avamposti, 210 basi militari e 144 siti riservati, che danneggiano l’ambiente in vari modi, non ultimo il rilascio di acque reflue non trattate sui terreni agricoli palestinesi.[3]

Il complesso militare-industriale israeliano produce alti livelli di emissioni di gas serra che hanno un impatto sull'ambiente locale e sul cambiamento climatico globale, generando più emissioni di gas serra della popolazione della Cisgiordania e di Gaza messe insieme.[4] Sebbene ciò fosse vero prima dell’attacco a Gaza del 7 ottobre 2023, i primi 100 giorni di incursioni e bombardamenti israeliani hanno prodotto più gas serra di quanti ne producono annualmente molti paesi in via di sviluppo.[5] Altri tipi di inquinamento derivanti dalle attività militari includono nitrati, fosfati, tricloroetano e metalli pesanti. Inoltre, Israele ha sviluppato infrastrutture nucleari che hanno creato circa 80 armi nucleari,[6] e queste attività e le risultanti scorie nucleari hanno chiaramente un impatto sull’ambiente. I bulldozer, i carri armati e i veicoli blindati israeliani hanno intenzionalmente danneggiato i fragili suoli ed ecosistemi, anche nell’area protetta di Wadi Gaza.[7]

Le attività militari israeliane, volte a garantire l’egemonia e sopprimere qualsiasi forma di resistenza palestinese, hanno conseguenze non solo sulle restanti popolazioni indigene, ma anche sull’ambiente locale e regionale. Anche prima dell’aggressione in corso, i siti di addestramento militare in tutta la Cisgiordania hanno prodotto danni e lasciato grandi quantità di piombo e altri metalli pesanti che contaminano il suolo e l’acqua e hanno un impatto negativo sulla biodiversità.[8] In molti casi, le “Firing Zone” [zone di esercitazione militare] si sovrappongono alle cosiddette riserve naturali, ed entrambe hanno lo scopo di estromettere i palestinesi locali che sono costretti ad andarsene o sono regolarmente molestati dagli spari contro le loro comunità. Ciò è particolarmente vero in molte aree della Valle del Giordano e nelle colline a sud di Hebron. La Firing Zone 918, ad esempio, danneggia il sostentamento degli abitanti di Masafer Yatta.[9] Inoltre, le Firing Zone in Cisgiordania colpiscono la fauna selvatica come lupi, gazzelle, iene e altre specie che vengono spaventate dai bombardamenti e dagli spari. Ciò ha un grave impatto sulla biodiversità e sull’ambiente. Anche le attività dei siti industriali israeliani costruiti illegalmente nei territori occupati producono inquinamento che ha un impatto negativo sulla salute della popolazione locale.[10]

Un altro motivo di preoccupazione è l’annessione delle fonti d’acqua in Cisgiordania da parte delle forze israeliane, che interrompe la continuità del flusso d’acqua naturale di ruscelli e sorgenti e colpisce la flora e la fauna locali. Un ordine militare del 1967 ha conferito a Israele l’autorità esclusiva su tutte le fonti d’acqua in Cisgiordania, compreso il controllo sulla raccolta dell’acqua piovana.[11] Israele utilizza l'acqua per attività militari e di insediamento coloniale e controlla l'uso dell'acqua da parte dei palestinesi che vivono in Cisgiordania.[12]

Alla Striscia di Gaza è stata negata l’acqua, poiché Israele ha bloccato l’acqua che scorreva verso Wadi Gaza dalle colline di Hebron.[13] Anche prima dell'ultimo conflitto, il 95% dell'acqua della Striscia di Gaza non era potabile.

Un altro modo in cui l’ambiente subisce un impatto negativo è l’uso da parte di Israele di recinzioni, muri e altre barriere intorno alle comunità palestinesi, che sottraggono la terra e mantengono i palestinesi segregati e controllati nei loro movimenti. Il muro dell'apartheid ha causato ingenti danni e cambiamenti al territorio e ha messo in pericolo le specie animali. A molti animali locali è stato impedito di muoversi normalmente e spesso sono rimasti intrappolati nelle recinzioni elettriche. Il muro ha ridotto la disponibilità di cibo per molte specie di grandi dimensioni, come la iena.[14]

Le restrizioni di movimento imposte al popolo palestinese hanno reso difficile o impossibile proteggere le principali aree faunistiche naturali.[15] Oltre alla dannosa impronta ecologica del muro, le fertili terre palestinesi dietro il muro non sono più accessibili ai palestinesi. Durante la costruzione del muro, molti alberi sono stati sradicati, il che ha avuto conseguenze negative sull'idrologia dei bacini idrografici, spostando il flusso dell'acqua e provocando un'ulteriore erosione del terreno.

In soli tre mesi, l’impatto dell’attacco israeliano a Gaza ha avuto effetti peggiori sull’ambiente del bombardamento pluriennale delle città tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale.[16]

L'uso, da parte di Israele, di ordigni che contengono uranio impoverito, di esplosivi ad alto impatto e di bombe incendiarie, tra cui il fosforo bianco, produce un considerevole degrado ambientale e ha un impatto sul suolo, sull'aria e sull'acqua.[17] Le macerie di 62.000 edifici residenziali, di migliaia di altri edifici, e i rifiuti solidi accumulati per tutta la durata dell'attacco, hanno creato un grave problema di smaltimento in condizioni di sicurezza. Il danno ambientale causato dagli ordigni sganciati su Gaza è stato enorme e potrebbe essere irreversibile. Inoltre, il vasto inquinamento acustico ha avuto effetti fisiologici negativi non solo sulla popolazione di Gaza ma anche sulla vita sottomarina e sui mammiferi marini dell’area.

La maggior parte dei servizi idrici e delle acque reflue sono stati danneggiati dagli attacchi in corso contro Gaza, causando un aumento vertiginoso dell’inquinamento e l’esaurimento delle fonti di falda freatica. Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue sono stati chiusi o danneggiati dall’ottobre 2023 e, di conseguenza, 130.000 metri cubi di liquami si sono riversati nel Mar Mediterraneo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i rifiuti umani e i cadaveri hanno già causato la diffusione di malattie tra centinaia di migliaia di persone. Israele sta anche pompando e versando acqua di mare nei tunnel della resistenza a Gaza che inquinerà le falde acquifere sotterranee con il sale e causerà il collasso di molte aree sovrastanti. L’erosione del suolo è altamente dannosa per l’ambiente circostante alle infrastrutture urbane e può avere un impatto sulla biodiversità nei terreni agricoli della Striscia di Gaza. Lungo le aree costiere vivono molte specie in via di estinzione e le distruzioni arrecate stanno causando danni significativi all’ecosistema.

Infine, ma non meno importante, ci saranno enormi danni postbellici ed effetti a lungo termine sull’ambiente. Ma questo non vale solo per Gaza. A causa delle esercitazioni di addestramento e dei conflitti passati, sul terreno sono rimasti molti ordigni inesplosi, e un numero imprecisato di mine antiuomo sono sparse in tutte le aree critiche dal punto di vista ambientale, come la Valle del Giordano. Alcuni degli effetti impattanti dovuti al conflitto riguardano l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento costiero, l’aumento del rischio di incendi boschivi e l’alterazione dei paesaggi naturali, insieme alla diffusione di malattie umane (in particolare, epatite A e leishmaniosi) non solo a Gaza ma anche nelle carceri affollate e nelle comunità emarginate della Cisgiordania.

Le leggi internazionali in materia umanitaria e ambientale vietano specificamente le attività e i danni che Israele sta infliggendo ai territori occupati, come sopra citato.

La Quarta Convenzione di Ginevra, ad esempio, stabilisce che un'occupazione militare deve essere temporanea e che lo Stato belligerante occupante deve salvaguardare le vite, i mezzi di sussistenza e le risorse naturali (tra le altre cose), che appartengono alla popolazione dell'area che occupa. Lo stato di Israele non ha fatto alcuno sforzo per rispettare le norme del diritto internazionale in merito alla salvaguardia dell’ambiente e ha inoltre violato il diritto internazionale con la costruzione del muro di segregazione e con gli insediamenti. Sono necessari ulteriori studi per denunciare i danni umanitari e ambientali che ne sono derivati, e la recente guerra a Gaza è un “caso di studio” di illegalità e catastrofe ambientale. È necessario, nel dibattito pubblico, evidenziare gli impatti sull'ambiente e sulla salute umana e implementare progetti e misure correttive.

Lo stato dell'ambiente palestinese, come lo stato della Palestina in generale, è catastrofico sotto il colonialismo. Ogni giorno che passa rende più difficile la riconciliazione, la riabilitazione e il risanamento. Spetta a tutte le persone di buona volontà, che cercano veramente un futuro sostenibile, intensificare gli sforzi per porre fine a decenni di apartheid e colonizzazione. Ciò avrà un impatto positivo non solo sulle vite e sui mezzi di sussistenza di tutte le persone in quest'area, ma anche su tutti gli organismi viventi e ben oltre. Come hanno notato le centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza per protestare contro l'aggressione in corso e chiedere il cessate il fuoco, la Palestina è una questione che riguarda tutti. Ciò che ha ricevuto meno attenzione è il fatto che anche la guerra e i conflitti sono un problema di cambiamento climatico. Un pianeta sostenibile richiede la fine della colonizzazione.


Note

* "matrix of control", matrice del controllo: l'insieme di meccanismi attraverso i quali Israele esercita un ferreo controllo militare della Cisgiordania, facendo contemporaneamente percepire all’esterno l’occupazione come un fatto incruento, meramente burocratico-amministrativo. N.d.T.


[1] Alon Tal, Pollution in a Promised Land: An Environmental History of Israel, Berkeley, CA, University of California Press, 2002.

[2] Ilan Pappé, The Ethnic Cleansing of Palestine, Oxford, Oneworld, 2006.


[3]
Demonstrating the harmful effects caused through the illegal Israeli settlement practice of dumping wastewater onto Palestinian agricultural lands,” Applied Research Institute Jerusalem, ARIJ, 28.01.2014; si veda anche Mazin Qumsiyeh, Database of Environmental Impact of Israeli Occupation, Land Research Center, 2023.

[4] Hanan A. Jafar, Isam Shahrour, and Hussein Mroueh, 2023, Evaluation of Greenhouse Gas Emissions in Conflict Areas: Application to Palestine, «Sustainability», 15 (13), p. 10585.

[5] Emissions from Israel’s War in Gaza Have ‘Immense’ Effect on Climate Catastrophe, Guardian, 09.01.2024.

[6] Julian Borger,The Truth about Israel’s Nuclear Arsenal, Guardian, 15.01.2014; si legga anche Drew Christiansen, It is Time for Israel to Come Clean About Its Nuclear Weapons, «America–Jesuit Review», 14.01.2022; e Victor Gilinsky, The US Silence on Israeli Nuclear Weapons and the Right-Wing Israeli Government, «Bulletin of the Atomic Scientists», 04.05.2023.

[7] Z. Brophy e Jad Isaac, The environmental impact of Israeli military activities in the occupied Palestinian territory, Bethlehem: Applied Research Institute – Jerusalem, 2009.

[8] ibidem.

[9] Update on Petition Regarding Firing Zone 918, Association of Civil Rights in Israel, 12.01.2017.

[10] Nadia Khlaif e Mazin Qumsiyeh, “Genotoxicity of Recycling Electronic Waste in Idhna, Hebron District, Palestine,” International Journal of Environmental Studies 74(1), 2017, pp. 66–74.

[11] Jad Isaac, The Essentials of Sustainable Water Resource Management in Israel and Palestine, «Arab Studies Quarterly», 22 (2), 2000.

[12] Demand Dignity: Troubled Waters – Palestinians Denied Fair Access to Water, Amnesty International (AI), 27.10.2009; e The Occupation of Water, AI, 29.11.2017.

[13] oPt: Water Crisis in Gaza – A Report Denounces Israeli Responsibilities, Relief Web, 09.10.2008.

[14] Duaa Husein e Mazin Qumsiyeh, Impact of the Israeli Segregation and Annexation Wall on Palestinian Biodiversity, «Africana Studia», 37, 2022, pp. 19–26.

[15] Mazin B. Qumsiyeh e Issa Mousa Albaradeiya, Politics, Power, and the Environment in Palestine, «Africana Studia» 37, 2022, pp. 9–18.

[16] Mazin Qumsiyeh, Impact of Israeli Military Activities in the Palestinian Environment, «International Journal of Environmental Studies», forthcoming.

[17] ibidem.


Mazin Qumsiyeh e Alexis Casiday

Traduzione e revisione di Alessandro Cocuzza e Walter Dal Cin

Fonte: Z.Net 07.03.2024