Fonte: Climate&Capitalism - 26.09.2023

Una valutazione globale degli impatti dell’estrazione dei metalli sui fiumi e sulle pianure alluvionali, pubblicata questa settimana sulla rivista «Science», rileva che oltre 23 milioni di persone in tutto il mondo sono colpite da concentrazioni potenzialmente pericolose di rifiuti tossici. Lo studio offre la prima comprensione completa delle minacce ambientali e alla salute, collegate alle attività di estrazione dei metalli.

La ricerca si basa su un nuovo database di 185.000 miniere di metalli per determinare la scala globale della contaminazione da miniere di metalli dei sistemi fluviali e le sue ripercussioni sulle popolazioni umane e sul bestiame. Essa ha monitorato la contaminazione da tutti i siti conosciuti di estrazione di metalli attivi e inattivi, compresi gli impianti di stoccaggio dei residui – utilizzati per immagazzinare i rifiuti minerari – e ha esaminato contaminanti potenzialmente dannosi come piombo, zinco, rame e arsenico, che vengono trasportati a valle delle attività minerarie, e che spesso si depositano lungo i canali fluviali e le pianure alluvionali per periodi prolungati.

I risultati evidenziano la portata diffusa della contaminazione, che interessa circa 479.200 chilometri di canali fluviali e comprende 164.000 Km2 di pianure alluvionali su scala globale. Circa 23,48 milioni di persone risiedono in queste pianure alluvionali colpite, con 5,72 milioni di capi di bestiame e oltre 65.000 Km2 di terreni irrigati.

L'incompleta segnalazione dell’ubicazione delle miniere e dei cedimenti degli argini dei bacini di decantazione, in particolare in Cina, India e Russia, fa sì che queste cifre sottostimano la popolazione a rischio.[1]

Esistono diverse modalità attraverso i quali gli esseri umani possono essere esposti a questi metalli contaminanti, tra cui l'esposizione diretta attraverso il contatto con la pelle, l'ingestione accidentale, l'inalazione di polvere contaminata, attraverso il consumo di acqua e alimenti contaminati, coltivati su terreni contaminati.

Ciò rappresenta un ulteriore rischio per la salute delle comunità urbane e rurali nei paesi a basso reddito e per le comunità dipendenti da questi fiumi e pianure alluvionali, soprattutto nelle regioni già gravate da malattie legate all’acqua. Nelle nazioni industrializzate dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, la contaminazione causata da miniere di metalli costituisce un ostacolo importante e crescente alla sicurezza idrica e alimentare, compromette servizi ecosistemici vitali e contribuisce alla resistenza antimicrobica nell’ambiente.

Gli autori affermano che l’estrazione dei metalli iniziò a contaminare i sistemi fluviali già 7000 anni fa, rendendola la prima e più persistente forma di contaminazione ambientale riscontrata dall’umanità. Dalla metà del XIX secolo, le dighe di raccolta dei residui sono state utilizzate per immagazzinare i rifiuti minerari, riducendo così la portata dei fiumi, ma tali strutture sono soggette a cedimenti, con conseguenze spesso gravi per gli ecosistemi e le comunità umane a valle. Il nuovo studio mostra che il numero di persone esposte alla contaminazione derivante dallo scarico a lungo termine di rifiuti minerari nei fiumi è quasi cinquanta volte maggiore del numero direttamente colpito dai cedimenti degli argini dei bacini di decantazione.


(Questo articolo contiene informazioni fornite dal Center for Water and Planetary Health dell'Università di Lincoln, Regno Unito)


Nota

[1] N.d.R. In Italia è esemplare il caso della diga di Stava (TN). L’inondazione di fango si verificò il 19 luglio 1985 in Trentino provocando la morte di 268 persone. La causa fu il cedimento degli argini dei bacini di decantazione della miniera di Prestavel (galena argentifera e fluorite), che causò la fuoriuscita di circa 180.000 metri cubi di fango. I corpi delle vittime della Val di Stava furono tutti recuperati grazie all’impegno di 18.000 soccorritori, che lavorarono per più di tre settimane lungo la valle e lungo il torrente Avisio, fino al bacino idroelettrico di Stramentizzo, circa 15 chilometri più in giù. Dati i tempi occorsi per le ricerche dei corpi, non tutti poterono essere riconosciuti: 71 per i quali non fu possibile il riconoscimento rimasero a Tesero, nel cimitero monumentale delle vittime della val di Stava adiacente alla chiesa di San Leonardo.


Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 26.09.2023


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