Fonte: Climate&Capitalism - 12.12.2022

Sono profondamente addolorato nel comunicarvi che sabato è morto a Dublino l’amico e compagno John Molyneux. Attivista marxista, scrittore ed insegnante per più di cinquant'anni, è stato un rivoluzionario fino alla fine, un esempio ispiratore da seguire per tutti noi. Esemplare è stato il suo impegno nell’aggregare persone e organizzazioni di una vasta gamma di tradizioni socialiste nel Global Ecosocialist Network: la sua scomparsa è un duro colpo per il movimento ecosocialista, ma lavoreremo sodo per continuare e onorare la sua eredità. - Ian Angus



Questa intervista a John, condotta da Leo Zeilig per la Review of African Political Economy (roape.net), è stata pubblicata nel febbraio 2020 sul sito web del Global Ecosocialist Network.


Leo Zeilig: Puoi parlare di te ai lettori di roape.net ? Del tuo background, l'attivismo e la politica.

John Molyneux: Sono nato in Gran Bretagna nel 1948 e sono diventato un attivista socialista e marxista nel 1968, ai tempi della lotta contro la guerra del Vietnam, della rivolta studentesca e del maggio del '68 a Parigi. Entrai a far parte dei socialisti internazionali nel giugno di quell'anno. Da allora sono stato sempre attivo. Dalla metà degli anni ‘60 in poi ho iniziato a scrivere nel campo della teoria marxista, pubblicando Marxism and the Party (1978) e What is the Real Marxist Tradition? (1983) e altri libri, opuscoli e articoli. Dalla fine degli anni ‘90 ho anche iniziato a scrivere di arte e ho finito un libro su The Dialectics of Art che uscirà entro la fine dell'anno.

Dal 1975 al 2010 sono stato insegnante a vari livelli nella città di Portsmouth – scuola secondaria, istruzione superiore e poi alla School of Art della Portsmouth University. Nel 2010 sono andato in pensione e mi sono trasferito a Dublino dove ho continuato a essere un attivista con People Before Profit e scrittore, pubblicando libri sull'anarchismo, i media, la filosofia marxista e Lenin for Today. Ho anche lavorato come fondatore ed editore dell'Irish Marxist Review.

LZ: Puoi parlarci un po' del tuo coinvolgimento nel movimento per il cambiamento climatico? In qualità di socialista e attivista di lunga data, quando sei diventato seriamente consapevole del cambiamento climatico? Che cosa ti ha colpito in particolare?

JM: Non credo ci sia stato un momento preciso. Probabilmente, penso sia stato lo scrittore socialista, Jonathan Neale, a spiegarmi per primo completamente la questione da qualche parte verso la fine del secolo scorso. Jonathan è stato impegnato per un periodo come segretario della campagna Stop Climate Change e io sono stato coinvolto in quella campagna in modo limitato. Ma non ho trovato che fossero molto ricettivi alle mie idee socialiste rivoluzionarie.

Tuttavia, sin dall'inizio mi ero persuaso che il cambiamento climatico sarebbe stato una crisi esistenziale per l'umanità, perché ero convinto che il capitalismo non sarebbe riuscito a fermarlo. Ci sono stati, naturalmente, dibattiti su tale problema. Molti pensavano che ci DOVESSE essere una soluzione capitalista o almeno una soluzione all'interno del capitalismo, perché pensavano che rovesciare il capitalismo fosse fuori questione. Altri, compresi i marxisti, si sono cimentati in ipotetici dibattiti sulla possibilità che il capitalismo possa, in teoria, essere in grado di affrontare il problema.

La mia opinione era che, a prescindere da ciò che sarebbe stato teoricamente possibile, il capitalismo con cui avevamo a che fare non avrebbe fermato il cambiamento climatico e non avrebbe nemmeno cercato seriamente di fermarlo finché non fosse stato troppo tardi. Questo perché il capitalismo è guidato dal profitto e dall'accumulazione competitiva a tutti i livelli e poiché investe massicciamente nei combustibili fossili per passare semplicemente alle rinnovabili. A coloro che dicono che non possiamo aspettare il tuo socialismo e abbiamo bisogno di un cambiamento ADESSO, la mia risposta è che combatterò al tuo fianco per il cambiamento, ma non credo che possiamo aspettarci che il capitalismo diventi verde, semplicemente non accadrà. Spero di sbagliarmi, ma finora ho avuto ragione.

Ho sempre capito quanto disastroso sarebbe stato il cambiamento climatico, ma all'inizio pensavo che fosse qualcosa di abbastanza lontano nel futuro – entro la fine del secolo, ecc. – e probabilmente non durante la mia vita. Ma è diventato sempre più chiaro che anche le previsioni dell'IPCC (l'Intergovernmental Panel on Climate Change) sono troppo prudenti e che l'inizio della catastrofe climatica sta avvenendo già ora.

LZ: Recentemente, in particolare lo scorso anno [nel 2019 N.d.R.] – con le straordinarie proteste degli studenti delle scuole e di molti altri avvenute in tutto il mondo – l'emergenza climatica ha fatto irruzione sulla scena mondiale, lasciandoci tutti cambiati per sempre. Puoi parlarci di come hai interpretato questo movimento, del suo significato e dei suoi punti deboli?

JM: Gli scioperi scolastici per il clima sono stati inequivocabilmente magnifici e tanto di cappello a Greta Thunberg e a tutti gli altri coinvolti. È stato meraviglioso vedere i giovani farsi avanti e ovunque in così gran numero. Anche la disobbedienza civile organizzata da Extinction Rebellion, soprattutto nella prima London Rebellion Week, è stato un fantastico passo avanti. Ogni socialista dovrebbe sostenerli con entusiasmo e impegnarsi in modo costruttivo con loro. Non sopporto molto la sinistra che respinge i giovani che si radicalizzano a causa della loro mancanza di un «corretto programma» o di collegamenti alla «classe operaia organizzata».

Ma naturalmente questi movimenti, come ogni movimento di massa emergente, hanno dei punti deboli. In particolare è un punto debole il fatto che tendano a considerarsi “al di là” o “al di sopra” della politica e quindi spesso scoraggiano il dibattito politico. A mio parere, ogni aspetto del cambiamento climatico e della crisi ambientale è intensamente politico e alcune forze politiche (in gran parte quelle della sinistra seria o “dura”) sono attente alla situazione del pianeta e al movimento per il clima, mentre altre (la destra e l'estrema destra) sono sue nemiche. Senza feticizzare la cifra del 3,5% [Extinction Rebellion ritiene che sia necessario mobilitare il 3,5% della popolazione per garantire un “cambiamento del sistema”], penso che l'obiettivo di ER di mobilitare numeri così alti sia eccellente, ma non sono sicuro che tutti i loro metodi di organizzazione siano adatti a conseguire questo obiettivo.

LZ: Avete appena dato avvio al Global Ecosocialist Network (GEN) che riunisce attivisti e ricercatori del Nord e del Sud del mondo. Puoi spiegare cosa sperate di ottenere?

JM: L'emergenza climatica che si sta affermando ha generato nell’opinione pubblica una maggiore consapevolezza dei cambiamenti climatici e dell'ambiente in generale e una nuova ondata di attivismo cui partecipano e in cui si impegnano positivamente molti socialisti. Tuttavia, l'attuale discorso ambientale – a livello internazionale – sia per quanto riguarda i media che la maggior parte dell’opinione pubblica è dominato da quello che potrebbe essere definito “liberalismo verde”. Una versione più radicale del liberalismo verde è prevalente anche tra gli attivisti, insieme a una vaga coscienza “verde profonda”. Questo va di pari passo con la comprensione del cambiamento di sistema come essenzialmente un cambiamento nella mentalità collettiva, che si presta a illusioni sulla possibilità di convertire le imprese e i politici mainstream e lo Stato.

Al momento la voce socialista nel movimento è molto limitata, certamente non dominante. Ma la voce socialista è essenziale perché il capitalismo non risolverà né la questione del cambiamento climatico né la più ampia crisi ambientale. La trasformazione socialista della società è oggettivamente necessaria. Inoltre, un approccio socialista è fondamentale per conquistare e mobilitare la massa della classe operaia. Purtroppo, in questa situazione di estrema urgenza, gran parte della sinistra rivoluzionaria internazionale è molto debole.

La nostra rete è un piccolo tentativo di migliorare questa situazione, di amplificare la voce socialista e di raggiungere nuove forze. Il suo obiettivo iniziale è quello di riunire gli ecosocialisti per facilitare lo scambio e la propagazione di idee ambientaliste socialiste, insieme a relazioni sullo sviluppo della crisi e della resistenza da tutto il mondo. Successivamente potrà organizzare conferenze e lanciare appelli all'azione.

LZ: Gli “scritti ecologici” di Marx sono stati recentemente analizzati da autori come John Bellamy Foster e altri. Puoi spiegare perché è essenziale una sfida strutturale al capitalismo e come il marxismo può aiutare in questa sfida?

JM: In primo luogo, credo che dovremmo riconoscere l'importantissimo lavoro intellettuale svolto da John Bellamy Foster e dai suoi collaboratori, come Paul Burkett e Ian Angus. C'era un'interpretazione diffusa, anche tra i marxisti, che vedeva Marx come “produttivista” e “iperindustrialista” e quindi antiambientalista. Essi hanno demolito questo mito. A titolo personale, ho un debito considerevole verso John Bellamy Foster per il suo libro Marx’s Ecology. Quando l'ho letto, dopo più di trent’anni da marxista, ha sostanzialmente trasformato e approfondito la mia comprensione del marxismo. Il concetto di “frattura metabolica” è estremamente importante. Sono molto orgoglioso che sia uno sponsor del GEN. Anche Facing the Anthropocene [1] di Ian Angus – un altro sponsor – è brillante.

Ho già spiegato sopra la ragione essenziale per cui abbiamo bisogno di una sfida strutturale al capitalismo, ma questo vale a tutti i livelli. La produzione per il profitto è intrinsecamente distruttiva per la natura, sia che si parli dello scarico di rifiuti tossici dietro l'angolo di casa mia, sia che si parli della plastica che soffoca gli oceani, sia che si parli dell'inquinamento mortale dell'aria, fino alla sfida globale del cambiamento climatico.

Inoltre, il capitalismo farà in modo che la risposta ai disastri climatici che sta generando sia indifferente, crudele, di classe e razzista. Ciò è stato dimostrato più volte, dall'uragano Katrina a New Orleans all'uragano Maria a Porto Rico, fino agli incendi in Australia. Dobbiamo sfidare le priorità, le strutture e il sistema capitalistico nel suo complesso, non solo per fermare il degrado ambientale e i cambiamenti climatici catastrofici, ma anche per affrontarne gli effetti.

LZ: ROAPE, rivista radicale e sito web di economia politica, si concentra sull'Africa. Purtroppo, di recente non abbiamo trattato l'emergenza climatica in modo sufficientemente dettagliato. Le mobilitazioni dello scorso anno sono state deboli in tutto il continente, per quanto stimolanti. Che ruolo ha l'Africa nella lotta contro il cambiamento climatico e come vede l’aiuto del Global Ecosocialist Network?

JM: L'Africa è assolutamente cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. In termini di effetti immediati, l'Africa sarà quasi certamente la parte del mondo più colpita. La siccità nell'Africa meridionale e orientale è già veramente mortale e l'estensione della povertà in Africa amplificherà le conseguenze di ogni disastro climatico e di ogni evento meteorologico estremo. Il fatto che ciò si aggiunga all’evidenza che l'Africa, nel suo complesso, ha un’impronta di carbonio pro capite più bassa di qualsiasi altro continente, rende questo continente la cartina al tornasole di qualsiasi impegno verbale per la giustizia climatica.

Inoltre, la gerarchia razzista della morte nel mondo farà sì che centinaia o migliaia di vite perse in Africa centrale o orientale saranno meno segnalate e conteranno meno, in termini di coscienza occidentale, di cinque o dieci vite perse in California o in Australia.

Le mobilitazioni di massa in Africa legate alle richieste di giustizia climatica sarebbero il miglior antidoto possibile a questo stato di cose.

È quindi un compito fondamentale del Global Ecosocialist Network fare il possibile per correggere la vergognosa negligenza della situazione in Africa e stimolare la resistenza radicale nel continente africano.

Siamo molto contenti che l'Africa sia ben rappresentata tra i nostri sponsor iniziali e abbiamo già pubblicato un eccellente articolo sulla terribile situazione dell'Africa meridionale e orientale di Rehad Desai, regista radicale sudafricano, che è anche membro del Comitato direttivo provvisorio del Network.

LZ: Quali sono i compiti immediati per il Network e come possiamo ampliarlo?

JM: Il compito più immediato è quello di ampliare il numero di lettori del sito web e dei membri della Rete, sia attraverso l'adesione di singoli che di organizzazioni. Per questo abbiamo bisogno che i nostri sostenitori promuovano attivamente il GEN e reclutino altri membri. A questo proposito è importante sottolineare che l'adesione al GEN è “poco impegnativa”: non comporta obblighi importante in termini di attività, né incide sulla pratica politica di un individuo o di un’organizzazione.

Se prossimamente riusciremo a ottenere un numero sufficiente di membri e di risorse – non abbiamo alcun tipo di finanziamento esterno – potremo passare alla fase successiva della convocazione di un qualche tipo di incontro o conferenza internazionale. Si spera che questo ci consenta di porre la Rete su una base democratica più solida di quella attuale – ovviamente, fare questo su base globale presenta alcuni problemi: ad esempio, ovunque si convochi una riunione di questo tipo, che si tratti di Rio o Parigi, Città del Capo, Lagos, Mumbai o Sydney, sarà molto più difficile per alcuni compagni raggiungerla rispetto ad altri. Forse, in futuro potremo sviluppare più centri regionali. Anche la Conferenza COP 26 che si terrà a Glasgow a novembre potrebbe essere un punto di riferimento per noi.

Nel frattempo, qualsiasi sostegno che il ROAPE possa darci in termini di contributi scritti al sito web, pubblicità, adesioni individuali e affiliazioni organizzative sarà il benvenuto.


Nota:


[1] N.d.T. Traduzione italiana a cura di Giuseppe Sottile e Alessandro Cocuzza, Ian Angus, Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, Trieste, 2020. 


Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 12.12.2022


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