Fonte: The Conversation - 12.03.2024

La nuova epoca è reale, basata su prove e rappresenta un cambiamento senza precedenti del Sistema Terra.



Cosa trascurano i critici dell'Antropocene - e perché dovrebbe essere davvero una nuova epoca geologica


I geologi di una sottocommissione internazionale hanno recentemente respinto la proposta di riconoscere formalmente che siamo entrati nell'Antropocene, una nuova epoca geologica che rappresenta il momento in cui gli impatti umani massicci e inarrestabili hanno iniziato a sopraffare i sistemi di regolazione della Terra.

Una nuova epoca ha bisogno di una data di inizio. Ai geologi è stato quindi chiesto di votare una proposta per segnare l'inizio dell'Antropocene con riferimento a un forte aumento delle tracce di plutonio trovate nei sedimenti sul fondo di un lago insolitamente lontano da contatti umani in Canada, che si allinea con molti altri marcatori dell'impatto umano.

L'intero processo è stato controverso e i due membri della sottocommissione (il presidente Jan Zalasiewicz e il vicepresidente Martin Head) si sono persino rifiutati di votare per non legittimare la proposta. In ogni caso, la proposta ha incontrato l'opposizione dei membri di vecchia data.

Perché questa opposizione? Molti geologi, abituati a lavorare su scale di milioni di anni, trovano difficile accettare un'epoca lunga solo sette decenni, ovvero una sola vita umana. Eppure le prove suggeriscono che l'Antropocene è molto reale.

Lo scienziato ambientale Erle Ellis è stato uno dei critici che ha accolto la decisione affermando in The Conversation: «Se c'è una ragione principale per cui i geologi hanno respinto questa proposta, è perché la sua data recente e la sua scarsa lunghezza sono troppo limitate per contenere le prove più profonde del cambiamento planetario causato dall'uomo».

È un'argomentazione spesso ripetuta. Ma manca completamente il punto. Quando Paul Crutzen propose per la prima volta il termine Antropocene, ispiratogli da un’intuizione durante una riunione scientifica nel 2000, non fu per la consapevolezza che gli esseri umani stavano alterando il funzionamento e il record geologico della Terra, o per racchiudere tutti i loro impatti sotto un unico termine. Lui e i suoi colleghi erano perfettamente consapevoli che l'uomo lo stava facendo da millenni. Non è una novità.

L'intuizione di Crutzen era completamente diversa. Egli affermava che il sistema Terra – secondo parametri veramente fondamentali come la composizione dell'atmosfera, il clima, tutti gli ecosistemi – si era recentemente allontanato dalla stabilità che aveva mostrato per migliaia di anni durante l'Olocene, una stabilità che ha permesso alla civiltà umana di crescere e prosperare.

Secondo Crutzen, non ha senso usare il termine Olocene per indicare il tempo presente. Egli concepisce l'Antropocene come il momento in cui l'impatto umano si è intensificato, in modo improvviso e drammatico, tanto da spingere la Terra in un nuovo stato. Il giornalista scientifico Andrew Revkin (che ha pensato al nome «Anthrocene» ancor prima dell'ispirazione di Crutzen) lo ha giustamente definito il «big zoom».


Carne sulle ossa

Facciamo parte dell'Anthropocene Working Group (AWG), che ha raccolto prove per mettere la "carne" geologica sulle "ossa" del concetto di Crutzen. L'AWG aveva un mandato: valutare l'Antropocene come una potenziale unità temporale geologica durante la quale «la modificazione da parte dell’uomo dei sistemi naturali è diventata predominante». Quindi, non un impatto qualsiasi, ma uno decisivo.

Ora non ci sono dubbi su questo cambiamento decisivo, né sul fatto che abbia lasciato segni sufficienti negli strati geologici recenti per giustificare l’indicazione dell'Antropocene come unità temporale geologica (perché una tale unità deve poter essere letta negli strati di roccia tra milioni di anni, e non solo percepita come un cambiamento delle condizioni). Questi strati abbondano di ricadute di test di bombe nucleari, microplastiche, pesticidi, ceneri volanti, gusci di specie invasive e molto altro.

Ma come si può mostrare la differenza tra l'idea di Crutzen e l'«età dell'uomo» di cui ha scritto Ellis, che insieme ad altri ha proposto di chiamare «evento antropocenico» quello che si estende per 50.000 anni o più? Possiamo usare proprio il diagramma che hanno usato loro:

Come le varie attività umane hanno influenzato il pianeta nel corso dei millenni. Philip Gibbard, et al., 2022



È un quadro ben strutturato e di facile comprensione che riassume i cambiamenti causati dall'attività umana negli ultimi milioni di anni. Tutte queste cose sono certamente accadute. Ma ciò che si perde è il senso dell’entità del tasso e del cambiamento, se non attraverso una piccola ombreggiatura. Guardandolo, ci si chiede che senso abbia tutto questo clamore.

Questo perché manca l'asse y (quello verticale) e c'è solo l'asse x, quello del tempo. L'asse y è quello che gli scienziati usano per mostrare la grandezza di misure come la temperatura e la massa, che è assolutamente fondamentale per ottenere una comprensione oggettiva e fondata sui numeri di ciò che sta realmente accadendo.

Vediamo ora come appaiono le cose quando si aggiunge l'asse delle y. Questo mostra solo gli ultimi 30.000 anni, includendo tutto l'Olocene, ma non utilizza una scala logaritmica (cioè non schiaccia i grandi numeri) in modo da mostrare più chiaramente il rapporto tra gli aspetti in questione e il tempo.

Concentrazioni atmosferiche globali ricavate da registrazioni di carote di ghiaccio di gas serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto) e temperatura globale negli ultimi 30.000 anni. Nell'Antropocene si registra un'impennata dei valori senza precedenti. Adattato da Zalasiewicz et al. (2024), CC BY-SA



La velocità e l'ampiezza dei cambiamenti recenti saltano agli occhi. Le brusche impennate sono essenzialmente l'Antropocene di Crutzen, che rappresenta gli ultimi 72 anni di quella che è stata definita la “Grande accelerazione” della popolazione, dei consumi, dell'industrializzazione, dell'innovazione tecnica e della globalizzazione (un modo più dettagliato di esprimere il “grande zoom”).

Grafici simili possono essere tracciati per i tassi di estinzione e invasione delle specie, o per la produzione e la diffusione di ceneri volanti, cemento, plastica e molte altre cose. Essi dimostrano che l'Antropocene di Crutzen è reale, si basa su prove e rappresenta un cambiamento su scala (almeno) epocale. Il significato per tutti noi, naturalmente, è che le recenti tendenze quasi verticali di questi grafici sono ancora, per la maggior parte, in aumento, proiettandoci verso un nuovo tipo di pianeta. Le ripercussioni non potranno che durare per molte migliaia di anni – e alcune cambieranno la Terra per sempre.

Epoca vs. evento

L'Antropocene come epoca è quindi molto diverso dall'“evento” di Erle Ellis e altri, che racchiude tutta l'influenza umana sul pianeta (e quindi è circa mille volte più lungo dell'epoca, e differisce in molti altri modi). Sono entrambi concetti validi, naturalmente, e hanno alcune sovrapposizioni, proprio come un topo per certi versi si sovrappone a una balenottera azzurra (sono entrambi mammiferi e condividono buona parte del loro codice genetico). Ma sono diversi.

È quindi assurdo dare loro lo stesso nome: [perché significa] prendere il termine di Crutzen e appropriarsene per uno scopo completamente diverso, oscurando così il vero senso della sua intuizione e il suo significato. Con un nome diverso (Anthropolithic forse?), potrebbe benissimo integrare l'epoca dell'Antropocene.

Gli esseri umani hanno avuto un impatto lungo e complesso sul pianeta, è vero. Per quasi tutto questo tempo, hanno lasciato i loro segni sulla Terra, ma non l'hanno completamente sopraffatta. Meno di un secolo fa, i processi iniziati durante la Rivoluzione industriale hanno preso il sopravvento: questa è l'Antropocene come epoca. È reale, ha già fatto geologia e non scomparità. È meglio riconoscerlo, per aiutarci ad affrontarne le conseguenze.


Simon Turner (UCL)
Colin Waters (University of Leicester)
Jan Zalasiewicz (University of Leicester)
Martin J. Head (Brock University)

Traduzione di Alessandro Cocuzza

Fonte: The Conversation 12.03.2024