Fonte: REDD-Monitor - 30.09.2023

Era chiaro fin dall'inizio che il mercato delle “compensazioni delle emissioni” si basava su delle bugie.



Le critiche alle compensazioni di carbonio e ai mercati del carbonio sono in aumento sia nella mondo della ricerca accademica che nel giornalismo investigativo. Questa settimana, Kate Aronoff scrive su The New Republic che,

«Negli ultimi anni, un gran numero di ricerche accademiche e di articoli di giornalismo investigativo ha dipinto un quadro desolante delle compensazioni di carbonio e dei mercati del carbonio attraverso i quali vengono scambiate. Proprio questa settimana, un team di giornalisti di Carbon Brief ha pubblicato una esaudiente spiegazione sulle compensazioni e sui numerosi studi che fanno luce su una pratica che è stata a lungo una delle preferite degli esperti di politica climatica. Ciò include uno studio ora in fase di peer review, che stima che solo il 12% dei progetti di compensazione delle emissioni di carbonio “costituiscono riduzioni reali delle emissioni”».

Questo è un articolo eccellente, che sottolinea il fatto che la stragrande maggioranza delle compensazioni di carbonio nel registro di Verra [1] sono «crediti fantasma» senza valore.

Aronoff ha intervistato Danny Cullenward, Senior Fellow del Kleinman Center for Energy Policy presso l'Università della Pennsylvania, il quale sottolinea che,

«L’intero mercato è strutturato attorno a una falsità fondamentale: che una tonnellata di carbonio che otteniamo dalla combustione di combustibili fossili sia identica a una tonnellata di carbonio immagazzinata nelle foreste. Questo è falso al 100%. Se si immagazzina il carbonio per un tempo inferiore a quello necessario per stabilizzare le temperature, tale stoccaggio non avrà alcun beneficio climatico».

Cullenward dice inoltre ad Aronoff che: «Oggi accadono le stesse cose di cinque anni fa. È solo che allora nessuno ci prestava attenzione».

Hmmm… Non so a chi si riferisca Cullenward quando dice che “nessuno” vi stava prestando attenzione. È un commento un po' strano, perché è da più di cinque anni che presta attenzione ai problemi legati alla compensazione delle emissioni di carbonio.

Déjà vu, ancora una volta

Ad ogni modo, questa sembra l’occasione perfetta per sottolineare che le critiche ai mercati del carbonio e alle compensazioni del carbonio non sono una novità.

Ecco, ad esempio, un post di REDD-Monitor del 2009, che elenca dieci documenti che evidenziano problemi con le compensazioni di carbonio sul sito web di Corner House: The Corner House on Carbon Trading.

Ciò che è interessante è la somiglianza delle argomentazioni di quattordici anni fa con le critiche odierne alla compensazione del carbonio. Ecco solo un esempio, tratto da una discussione tra Larry Lohmann della Corner House e Abyd Karmali, all'epoca amministratore delegato e responsabile globale dei mercati del carbonio della Merrill Lynch Bank. Lohmann sottolinea che,

«Fissare obiettivi precisi sulla carta è inutile, se non accompagnato da passi immediati verso un cambiamento strutturale. I mercati del carbonio sono esplicitamente progettati per ritardare tali passaggi. Danno agli inquinatori che hanno più urgentemente bisogno di avviare importanti reinvestimenti – come i grandi produttori di elettricità – un modo per continuare a fare affari, come al solito il più a lungo possibile, acquistando altrove diritti di inquinamento da gas serra a basso costo.


«Consentendo alle aziende di acquistare compensazioni invece di ridurre le proprie emissioni, il governo sta consentendo anni di inazione prima che le industrie in questione inizino a fare ciò che devono fare per affrontare il riscaldamento globale. Peggio ancora, questi crediti non sempre rappresentano riduzioni verificabili. Provengono da progetti che pretendono semplicemente di risparmiare carbonio rispetto a ciò che sarebbe successo senza le vendite a credito.


«Le prove suggeriscono che la maggior parte di questi progetti - per esempio, la maggioranza delle 763 centali idroelettriche cinesi che hanno richiesto o stanno pianificando di richiedere alle Nazioni Unite il permesso di vendere oltre 300 milioni di tonnellate di diritti di inquinamento da gas serra - sarebbero stati realizzati comunque, e stanno semplicemente rimpinguando le loro finanze sostenendo il contrario».


Quattordici anni dopo, Verra continua a negare il fatto che la stragrande maggioranza dei suoi crediti di carbonio non rappresentano ancora riduzioni verificabili. E molte delle dighe cinesi che hanno venduto crediti di carbonio attraverso il UN’s Clean Development Mechanism stanno ancora vendendo crediti di carbonio nel registro di Verra. L'ex amministratore delegato di Verra, David Antonioli, ha addirittura ammesso che le dighe non erano state aggiunte ai progetti. In un'intervista dell'aprile 2022 ha dichiarato a Energy Monitor che: «Quei progetti sono stati sviluppati prima che arrivassimo alla conclusione che non si potevano più aggiungere».


Qual è la differenza tra compensazioni di carbonio e titoli garantiti da ipoteca?

In un commento successivo al post che elencava i rapporti della Corner House, ho linkato un articolo del 2008 di Joe Romm su Climate Progress. Romm pone la domanda: «Qual è la differenza tra compensazioni di carbonio e titoli garantiti da ipoteca?» La sua risposta è chiara: «gli offset appaiono, superficialmente, più attraenti».

«Nel caso dei titoli, prima di pagarli bene, bisogna capire qual è il valore dei mutui sottostanti. Spesso sono quasi inutili. Nel caso delle compensazioni di carbonio, prima di pagare una bella somma, devi capire il valore dei progetti sottostanti che finanziano. Spesso sono quasi inutili».

Romm osserva che un'importante analisi del 2008 condotta da Stanford ha rilevato che,

«“Tra uno e due terzi” delle compensazioni delle emissioni nell’ambito del Clean Development Mechanism (CDM) – istituito dal trattato di Kyoto per incoraggiare la riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo – non rappresentano tagli effettivi alle emissioni».

Ancora una volta, tutto sembra molto simile alle odierne argomentazioni secondo cui la stragrande maggioranza delle compensazioni di carbonio di Verra sono inutili.

Romm ha recentemente scritto un articolo pubblicato dal Center for Science, Sustainability and the Media dell’Università della Pennsylvania, in cui conclude che «le compensazioni di carbonio non sono scalabili, sono ingiuste e irreparabili – e una minaccia per l’Accordo di Parigi».

Niente alberi”

In un post del 2007, Romm spiega la «Prima regola della compensazione del carbonio: niente alberi». Cita uno studio del 2005 che critica l’uso degli alberi per compensare le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili. Uno degli autori dello studio, Ken Caldeira dell'Università di Stanford, ha dichiarato al Guardian che,

«L’idea che si possa piantare un albero e contribuire a invertire il riscaldamento globale è una cosa attraente e che fa sentire bene. Piantare foreste per mitigare il cambiamento climatico al di fuori dei tropici è una perdita di tempo».

Il Guardian ha scritto che,

«Il professor Caldeira ha affermato che piantare alberi è un diversivo, che consente ai consumatori di inquinare di più. Ha affermato che sarebbe meglio trasformare il modo in cui l’energia viene ricavata e utilizzata, ad esempio attraverso investimenti nella produzione di elettricità rinnovabile e senza emissioni di carbonio».

Grist ha ripreso l'argomentazione di Romm e ha sottolineato che il problema più grande è il tempismo:

«Purtroppo gli alberi crescono piuttosto lentamente. E soprattutto quando sono piccoli, non sequestrano molto carbonio. Le small print [scritte in caratteri piccoli] sulle compensazioni per la piantumazione di alberi indicano in genere una scadenza di quarant’anni. Se acquistate oggi una compensazione basata sugli alberi, state sponsorizzando una riduzione che non sarà completa fino al 2047, quando vivremo in bunker a prova di uragano nelle Montagne Rocciose o voleremo su auto a reazione alimentate a idrogeno».

Grist ha anche rilevato altri cinque problemi con le compensazioni basate sugli alberi: permanenza; misurabilità; assorbimento della luce solare (effetto albedo); dispersione; e i pericoli delle monocolture di specie non autoctone.

Inutile dire che nessuno di questi problemi è scomparso.

Questa settimana, Carbon Brief ha pubblicato una serie di articoli sulla compensazione del carbonio. Uno di questi fornisce una cronologia della compensazione del carbonio. Include una citazione di Mark Trexler, che ha lavorato al primo sistema di compensazione delle emissioni di carbonio terrestre nel 1988.

Trexler dice a Carbon Brief che le compensazioni miravano a «convincere le aziende e i servizi elettrici a pensare per la prima volta al biossido di carbonio, ad assumere alcuni impegni, anche se basati sull’uso delle compensazioni».

E aggiunge che,

«Nessuno ha mai pensato che la compensazione delle emissioni di carbonio avrebbero salvato il mondo. Non era questo il nostro modo di pensare. Pensavamo: questa è una misura provvisoria, in attesa che la politica pubblica si attivi. Era un modo per avviare il discorso. Nessuno allora pensava che trentacinque anni dopo ci saremmo occupati di compensazioni».

Sicuramente, quindi, questo sarebbe un ottimo momento per eliminare le compensazioni di carbonio.



Nota

[1]
Il Verified Carbon Standard (VCS), gestito dall’organizzazione statunitense Verra e già noto come Voluntary Carbon Standard, è uno standard per la certificazione delle riduzioni delle emissioni di carbonio.


Chris Lang

Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 01.10.2023


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