Fonte: University of California, San Francisco - 31.05.2023

Comunicato stampa

Insabbiamento: l'industria ha nascosto i pericoli delle “forever chemicals” [1]

L'industria chimica ha preso spunto dal manuale del tabacco quando ha scoperto e nascosto le proprie conoscenze sui danni alla salute causati dall'esposizione ai PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), secondo un'analisi di documenti industriali tenuti finora segreti condotta da ricercatori della Università della California di San Francisco (UCSF).

Un nuovo lavoro pubblicato il 31 maggio 2023 su «Annals of Global Health» esamina i documenti di DuPont e 3M, i maggiori produttori di PFAS. Il documento analizza le tattiche utilizzate dall'industria per ritardare la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla tossicità dei PFAS e, di conseguenza, per ritardare le normative che ne regolino l'uso. I PFAS sono sostanze chimiche ampiamente utilizzate nell'abbigliamento, negli articoli per la casa e nei prodotti alimentari e sono altamente resistenti alla disgregazione, il che dà loro il nome di “forever chemicals” [sostanze che restano nell’ambiente a tempo indefinito]. Sono ormai onnipresenti nelle persone e nell'ambiente.

«Questi documenti rivelano con chiara evidenza che l'industria chimica conosceva i pericoli dei PFAS e non ha informato dei rischi i consumatori, le autorità di regolamentazione e persino i propri dipendenti», ha dichiarato Tracey J. Woodruff, Ph.D., professore e direttore del Program on Reproductive Health and the Environment (PRHE) dell'UCSF, ex scienziato senior e consulente politico presso l'Environmental Protection Agency (EPA) e autore senior del documento.

È la prima volta che questi documenti dell'industria dei PFAS vengono analizzati da scienziati che utilizzano metodi atti a smascherare le tattiche dell'industria del tabacco.


Effetti negativi noti da decenni

I documenti segreti dell'industria sono stati scoperti nel corso di una causa intentata dall'avvocato Robert Bilott, che è stato il primo a denunciare con successo la DuPont per la contaminazione da PFAS e la cui storia è stata raccontata nel film Dark Waters. Bilott ha consegnato i documenti, che coprono un arco di quarantacinque anni, dal 1961 al 2006, ai produttori del documentario The Devil We Know, che li hanno donati alla UCSF Chemical Industry Documents Library.

«Avere accesso a questi documenti ci permette di vedere cosa sapevano i produttori e quando, ma anche come le industrie inquinanti tengono riservate informazioni critiche per la salute pubblica», ha dichiarato la prima autrice Nadia Gaber, MD, Ph.D., che ha condotto la ricerca come borsista PRHE e ora è specializzanda in medicina d'urgenza. «Questa ricerca è importante per informare le politiche e per orientarci verso un principio di regolamentazione delle sostanze chimiche basato sulla precauzione piuttosto che sulla reazione».

Nel documento The Devil They Knew: Chemical Documents Analysis of Industry Influence on PFAS Science [2], gli autori affermano che «l'industria disponeva di molteplici studi che mostravano effetti negativi sulla salute almeno ventun anni prima che i dati venissero resi pubblici».

Il documento afferma: «DuPont aveva prove della tossicità dei PFAS da studi interni sugli animali e sul lavoro che non ha pubblicato nella letteratura scientifica e non ha riferito i risultati all'EPA come richiesto dal TSCA. Questi documenti erano tutti contrassegnati come “confidenziali” e, in alcuni casi, i dirigenti dell'industria hanno dichiarato esplicitamente di “volere la distruzione di questo promemoria”».


Sopprimere informazioni per proteggere un prodotto

Il documento evidenzia una cronologia di ciò che l'industria sapeva rispetto alla conoscenza pubblica e analizza le strategie utilizzate dall'industria chimica per sopprimere le informazioni o proteggere i propri prodotti nocivi. Tra gli esempi vi sono:

  • Già nel 1961, secondo un rapporto dell'azienda, il capo del reparto tossicologico del Teflon aveva scoperto che i materiali in Teflon avevano «la capacità di aumentare a basse dosi le dimensioni del fegato dei ratti» e consigliato di «maneggiare le sostanze chimiche con estrema cura» e di «evitare rigorosamente il contatto con la pelle».
  • Secondo una nota interna del 1970, il laboratorio Haskell, finanziato dalla DuPont, aveva scoperto che il C8 (uno delle migliaia di PFAS) è «altamente tossico se inalato e moderatamente tossico se ingerito». E in un rapporto privato del 1979 per DuPont, i laboratori Haskell avevano scoperto che i cani esposti a una singola dose di PFOA erano «morti due giorni dopo l'ingestione».
  • Nel 1980, DuPont e 3M appresero che due delle otto dipendenti incinte che avevano lavorato alla produzione del C8 avevano dato alla luce bambini con difetti alla nascita. L'azienda non pubblicò la scoperta né la comunicò ai dipendenti e l'anno successivo una nota interna affermò: «Non conosciamo alcuna prova di difetti alla nascita causati dal C-8 alla DuPont».

Nonostante questi e altri esempi, nel 1980 DuPont rassicurava i suoi dipendenti che il C8 «ha una bassa tossicità, come il sale da cucina». Riferendosi alle segnalazioni di contaminazione delle acque sotterranee da PFAS nei pressi di uno degli stabilimenti di produzione della DuPont, un comunicato stampa del 1991 affermava che «il C-8 non ha effetti tossici o dannosi per la salute dell'uomo ai livelli di concentrazione rilevati».

Quando l'attenzione dei media sulla contaminazione da PFAS è aumentata in seguito alle cause legali del 1998 e del 2002, DuPont ha inviato un'e-mail all'EPA chiedendo: «Abbiamo bisogno che l'EPA dica rapidamente (entro domani) quanto segue: Che i prodotti di consumo venduti con il marchio Teflon sono sicuri e che ad oggi non sono noti effetti sulla salute umana causati dal PFOA».

Nel 2004, l'EPA ha multato DuPont per non aver divulgato le proprie scoperte sul PFOA. L'accordo da 16,45 milioni di dollari fu la più grande sanzione civile ottenuta all'epoca in base agli statuti ambientali degli Stati Uniti. Ma si trattava comunque di una piccola frazione del fatturato annuale di un miliardo di dollari che DuPont ricavava dal PFOA e dal C8 nel 2005.

«Speriamo che, nell’intraprendere azioni legali e legislative per limitare la produzione di PFAS, molti paesi possano trovare un valido aiuto nel riferimento alla cronologia delle prove presentate in questo documento», ha dichiarato Woodruff. «Questa cronologia rivela gravi carenze nel modo in cui gli Stati Uniti regolano attualmente l’uso di sostanze chimiche nocive».



Note

[1] N.d.T. Le cosiddette “forever chemicals”, in termini scientifici PFAS (Sostanze Alchiliche Perfluorurate e Polifluorurate), sono una classe di circa novemila composti chimici usati per realizzare prodotti resistenti ai grassi e all’acqua. A partire dagli anni ’50 sono adottati in diversi settori, per impermeabilizzare tessuti, tappeti, pelli, insetticidi, schiume antincendio, vernici, rivestimenti dei contenitori per il cibo, cera per pavimenti e detersivi. Uno degli utilizzi più noto è per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina (Teflon) e nella produzione dei tessuti tecnici (GORE-TEX, Scotchgard). Quando questa membrana di rivestimento si rompe, le sostanze chimiche possono finire nell’aria e inalate o su superfici dove possono essere ingerite. L’esposizione prolungata a queste sostanze può provocare il cancro, una diminuzione dell’immunità, malattie del fegato, problemi renali, patologie neonatali e delle donne in gravidanza (tra cui diabete gestazionale, neonati più piccoli e sotto peso rispetto alla media e altre malformazioni maggiori tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche). Le sostanze chimiche possono anche essere assorbite attraverso la pelle e sono un problema per i lavoratori nelle fabbriche tessili, dove sono stati riscontrati alti tassi di esposizione. I PFAS contaminano la falda, il terreno e anche gli alimenti, come è stato rilevato recentemente in Veneto. Non esiste un processo naturale per scomporli e restano nell’ambiente a tempo indefinito. (fonti varie)

[2] N.d.T. Il diavolo che conoscevano: l'analisi dell'influenza dell'industria sulla scienza dei PFAS.


Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 01.06.2023


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