Fonte: Columbia University Press - 01.05.2013

Non ho mai pensato molto agli altri animali o alla produzione di cibo quando ero giovane. Come studente universitario di Sociologia nei primi anni '70, ho imparato a conoscere il razzismo, il sessismo, il classismo, l'omofobia e altre forme di oppressione, ma a malapena veniva detta una parola sull'oppressione di altri animali.

I professori proponevano le tradizionali chiacchiere sulle virtù dell'“addomesticamento” degli animali e sulla “collaborazione reciprocamente vantaggiosa” che ne è derivata. Questa prospettiva è rimasta sostanzialmente invariata per decenni e riflette una dichiarazione fatta nel 1896 da Frank Wilson Blackmar, che in seguito sarebbe diventato presidente dell'American Sociological Association.

«L'addomesticamento degli animali ha portato a un grande miglioramento della razza. Ha dato un aumento dell'approvvigionamento alimentare attraverso il latte e la carne degli animali… Uno dopo l'altro gli animali hanno reso un servizio all'uomo. Sono usati per cibo o vestiti, o per portare fardelli e trainare carichi. Il vantaggio del loro addomesticamento non può essere troppo stimato».

Blackmar scriveva questo centodiciassette anni fa, in un’epoca in cui anche il razzismo e il sessismo ricevevano legittimazione “scientifica”. Ma, mentre questi atteggiamenti erano cambiati notevolmente alla fine del XX secolo, le opinioni nei confronti degli animali per lo più non lo erano, e io ero indottrinato come tutti. Ma nel 1983, mentre ero in visita a un amico a Madison, nel Wisconsin, mi imbattei in una manifestazione per i diritti degli animali. Rimasi sbalordito quando venni a conoscenza della natura sistemica dell’orribile trattamento riservato agli altri animali e mi stupii del fatto che, dopo anni di attivismo politico e il conseguimento di un dottorato, non mi fosse mai venuto in mente che anche gli animali fossero soggetti a un'oppressione istituzionalizzata da parte di miliardi di persone.

In Animal Oppression and Human Violence: Domesecration, Capitalism and Global Conflict [1], sfido la visione anacronistica secondo cui l'oppressione umana di altri animali sia stata un vantaggio per lo sviluppo della società umana e sostengo invece che il livello crescente di tale oppressione è uno dei problemi più seri che il mondo oggi deve affrontare.

Storicamente, l'oppressione diffusa e sistematica di altri animali da parte dell'uomo è un fenomeno relativamente recente, iniziato circa diecimila anni fa. Gli esseri umani in Eurasia iniziarono a catturare e rinchiudere animali selvatici, come cavalli, cammelli, mucche, maiali, capre e pecore, e a usarli come cibo (principalmente per le élite) e come animali da lavoro nelle prime società agricole. L’uomo cominciò anche a manipolare gli animali dal punto di vista biologico, controllando la loro riproduzione per produrre una prole più adatta agli interessi umani.

Con la loro reclusione, lo sfruttamento, il trattamento crudele e la manipolazione biologica, questi animali sono stati profanati. Tuttavia, la parola ampiamente usata per riferirsi al trattamento degli animali – che tace sulla loro oppressione e funge da eufemismo per sostenerla – è “addomesticamento”. Il linguaggio è uno strumento importante per naturalizzare e giustificare l'oppressione e dovremmo sempre cercare di smascherare le frasi e le parole che fungono da supporto ideologico per i sistemi oppressivi. È importante rifiutare il termine “addomesticamento”, che nasconde il fatto che la maggior parte degli animali che hanno “reso servizi all'uomo”, secondo le parole di Blackmar, in realtà sono stati schiavizzati e maltrattati e hanno subìto enormi traumi. Riconoscendo che altri animali sono stati danneggiati e profanati da questo trattamento, mi riferisco a questo processo oppressivo chiamandolo domesecration.

La crescente oppressione degli animali domesecrati da parte di potenti élite maschili, compreso l'uso dei cavalli come strumenti di guerra, rese possibile la guerra su larga scala. Sedersi sul dorso dei cavalli e mangiare gli animali domesecrati costretti ad accompagnarli permetteva a eserciti feroci di imperversare per migliaia di chilometri. Nel corso dei secoli, pastori nomadi come l’unno Attila e Gengis Khan e numerosi sovrani di imperi autocratici hanno condotto guerre brutali e mortali in tutta l'Eurasia. Le società meno patriarcali o bellicose venivano schiacciate alla ricerca di pascoli, fonti d'acqua dolce, animali più domesecrati, persone da ridurre in schiavitù o da sottomettere e altri preziosi bottini per arricchire potentati e finanziare altre guerre. Milioni di persone che non sono state uccise dagli invasori predatori morivano a causa del vaiolo e di altre simili malattie zoonotiche, dovute all'affollamento di un gran numero di animali domesecrati.

Questo modello, onnipresente nella storia eurasiatica, ha contagiato il mondo attraverso la colonizzazione europea e innumerevoli popolazioni indigene e animali liberi sono morti sulla sua scia. Il loro sfruttamento ha contribuito a creare la ricchezza che ha dato origine al capitalismo, un sistema le cui fondamenta sono immerse nelle pratiche predatorie abilitate alla domesecrazione degli ultimi diecimila anni.

Negli Stati Uniti, l'incessante ricerca di profitti attraverso lo sfruttamento degli animali domestici è stata la causa principale della continua espropriazione delle terre dei nativi americani per l'espansione delle imprese di allevamento. Una volta che le popolazioni indigene, i bufali e altri “ostacoli” furono eliminati dalle Grandi Pianure – un territorio che i leader statunitensi avevano promesso ai nativi americani in perpetuo – i ricchi investitori inondarono la regione di mucche e pecore. Ferrovie e giganteschi mattatoi, costruiti e gestiti da immigrati oppressi, permisero l'ascesa della potente industria della “carne” statunitense. Non molto tempo dopo le sciocchezze di Blackmar sui “servizi resi” dagli animali agli esseri umani, il romanzo di Upton Sinclair, La giungla [2], fornì un quadro fedele delle condizioni da incubo degli animali domesecrati nei mattatoi di Chicago e del trattamento predatorio dei lavoratori.

Il terribile trattamento riservato dall'industria agli altri animali e ai lavoratori non solo è continuato, ma si è aggravato a metà del XX secolo, quando il governo degli Stati Uniti e i leader del settore agro-alimentare hanno deciso di risolvere il problema delle eccedenze di cereali nazionali dando da mangiare a un numero crescente di animali domesecrati e promuovendo un maggiore consumo di “carne”, “latticini” e “uova”. Furono arruolati nuovi specialisti in pubbliche relazioni per promuovere prodotti derivati ​​dagli animali; la promozione e la vendita di “hamburger” emersero come un modo per raccogliere profitti dalle masse di lavoratori e dalle loro famiglie.

Quando negli anni Sessanta io e i miei compagni di scuola – debitamente influenzati da quelle pubblicità – cominciammo a frequentare il nuovo ristorante McDonald's della città, allora non avevo idea che alcuni degli "hamburger" che mangiavamo provenissero da terre espropriate agli agricoltori di sussistenza e alle popolazioni indigene dell'America Latina, creando povertà e fame in quelle zone. Ora so che la crescente domanda, socialmente coltivata, di “carne tritata” in questo Paese, stimolata da una pubblicità onnipresente e da un sostanziale sostegno governativo, ha portato all'investimento di miliardi di dollari in prestiti in tutta l'America Latina da parte della Banca Mondiale e di istituzioni affini, per espandere gli allevamenti. Gli animali domesecrati sono stati definiti “oro rosso”; le guerre mortali in America Centrale sono state dovute, in gran parte, alla resistenza contro l'espropriazione delle terre per creare aziende di allevamento a beneficio delle élite locali e delle società statunitensi.

Il problema dei pascoli limitati per il maggior numero di animali necessari a soddisfare l'aumento della domanda è stato risolto con la creazione di operazioni di alimentazione animale concentrata (CAFO). Miliardi di animali domesecrati vengono confinati in modo infernale in edifici bui, senza finestre e scarsamente ventilati, e alimentati con mais, soia e acqua, sovvenzionati con fondi pubblici, fino a quando la loro terribile esperienza di vita si conclude brutalmente al macello.

Sempre più spesso, tali pratiche contribuiscono all'inquinamento dei fiumi e dei corsi d'acqua della nazione, esaurendo le preziose falde acquifere rimaste, distruggendo il suolo superficiale insostituibile e richiedendo enormi quantità di prodotti chimici a base di petrolio per mantenere alta la resa dei cereali da foraggio. I rapporti scientifici indicano che l'allevamento di altri animali a scopo alimentare in tutto il mondo è responsabile di una percentuale compresa tra il 18 e il 51% dei gas serra. Inoltre, la dieta statunitense socialmente ingegnerizzata, basata principalmente su prodotti provenienti da animali domesecrati, provoca morti premature per malattie cardiache, ictus e varie forme di cancro.

Questi gravi danni vengono esacerbati dal momento che coloro che traggono profitto da tale distruzione e e tale massacro si adoperano per aumentare ulteriormente del 50% il consumo globale di prodotti derivati ​​da animali domesecrati entro la metà del secolo. La conseguente crescita ed espansione dei CAFO e l'affollamento di migliaia di animali domesecrati in un unico edificio, aumentano la probabilità di una pandemia influenzale mortale che potrebbe competere con qualsiasi altra già sperimentata. Inoltre, in un mondo in cui la scarsità di risorse limitate cruciali (come l'acqua dolce, i combustibili fossili e il suolo) si sta avvicinando al livello di crisi, un mondo già alle prese con la fame e la scarsità di cibo dovrebbe vedere la popolazione umana crescere fino a oltre nove miliardi entro il 2050. Questa situazione già desolante è fortemente aggravata dai cambiamenti climatici e dall'aumento delle temperature, della siccità, dei fenomeni atmosferici violenti e delle inondazioni che minano la produzione alimentare.

Queste constatazioni segnano un allontanamento radicale dai giorni in cui accettavo – a scuola o da McDonalds – i “benefici” dell'“addomesticamento” degli animali. Quando ora raccomando alle persone socialmente interessate di diventare vegane, alcuni rispondono che la mia posizione è estrema. Tuttavia, anche lasciando da parte l'orribile trattamento riservato a decine di miliardi di altri animali, è il complessivo esaurimento di risorse vitali limitate, il declino ambientale, la creazione di gas serra e l'espansione di malattie e della fame causate da una dieta occidentale a base di “carne” ad essere veramente estremi. In effetti, queste crisi non sono passate inosservate alle superpotenze mondiali, che stanno pianificando risposte militari. Un rapporto del 2008 del National Intelligence Council ha rilevato collegamenti tra il riscaldamento globale, la scarsità d'acqua, la diminuzione delle riserve di petrolio e l'ingegneria dell'aumento del consumo globale di “carne”, “latticini” e “uova”.

«Anche il cibo e l’acqua sono intrecciati con il cambiamento climatico, l'energia e la demografia… [L]a domanda di cibo aumenterà del 50 % entro il 2030, a causa della crescita della popolazione mondiale, dell’aumento del benessere e del passaggio alle preferenze alimentari occidentali da parte di una classe media più numerosa…

Da qui al 2025, il mondo dovrà destreggiarsi tra le preoccupazioni di sicurezza energetica e alimentare, in competizione e in conflitto tra loro, con un groviglio di conseguenze difficili da gestire».

Da diversi anni ormai, le agenzie di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e di altre nazioni potenti insistono sulla necessità di integrare questa crisi imminente nei piani di sicurezza e difesa nazionale. A meno che non sorga un movimento significativo per porre fine alla domesecrazione e promuovere una transizione globale verso diete sane e sostenibili a base vegetale, in un futuro non troppo lontano gli Stati più potenti si scontreranno violentemente nella ricerca delle risorse residue della Terra – e per garantire ai più privilegiati di continuare a consumare “carne”. Metodo che, anche se forse altamente tecnologico in superficie, sarebbe molto familiare a Gengis Khan.


Note

[1] N.d.T. «Domesecration», neologismo creato dall’autore accorpando due termini, «domestication» con «desecration», a sottolineare quanto la cattura, l’assoggettamento, la reclusione, la manipolazione di animali liberi più che un “addomesticamento”, come viene normalmente descritto questo processo, abbiano rappresentato e rappresentino una vera e propria oppressione e profanazione degli stessi. A tale riguardo l’autore infatti precisa come «Il linguaggio [sia] uno strumento importante per naturalizzare e giustificare l'oppressione e dovremmo sempre cercare di smascherare le frasi e le parole che fungono da supporto ideologico per i sistemi oppressivi». Pertanto, in ogni occasione si è preferito usare il neologismo invece di tradurlo impropriamente.

[2] Considerato il romanzo più rivoluzionario della letteratura americana del ‘900, La giungla di Upton Sinclair è uscito in traduzione italiana presso diversi editori e anche in formato fumetto.


David A. Nibert

Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Columbia University Press blog Part 1 01.05.2013  / Part 2 02.05.2013