Fonte: Monthly Review - 01.09.2021

Il 6 agosto 1945, alle 8,15 del mattino, la prima bomba atomica sul Giappone inceneriva all’istante la città di Hiroshima e 140 mila dei suoi abitanti; 3 giorni dopo la stessa sorte toccò a Nagasaki (un totale di più di 300 mila vittime, per le conseguenze successive). Poi ebbe inizio la guerra fredda con la folle corsa agli armamenti nucleari.


In questo estratto dell'articolo Il Capitaliniano: la prima età geologica dell'Antropocene, John Bellamy Foster e Brett Clark sottolineano come l'avvento  della tecnologia delle armi nucleari ha rappresentato un enorme cambiamento nel rapporto dell’uomo con la terra, inaugurando l'Antropocene.



Il «chiodo d’oro» nel tempo geologico che determina la fine dell'Olocene e del Meghalayano, [1] così come la corrispondente comparsa dell’Antropocene e di quello che stiamo proponendo come Capitaliniano, non è ancora stato determinato, anche se un certo numero di “candidati” sono indagati dall’Anthropocene Working Group of the International Commission on Stratigraphy. I due più importanti sono i radionuclidi, a seguito dei test nucleari, e la plastica, a seguito della nascita dell'industria petrolchimica, entrambi prodotti dell'era sintetica. Essi rappresentano l'emergere di una trasformazione qualitativa nel rapporto dell’uomo con la terra. [2] Sebbene gli "strati antropocenici possono essere comunemente sottili", essi "riflettono una grande perturbazione del Sistema Terra" a metà del XX secolo, "sono lateralmente estesi e possono includere ricchi dettagli stratigrafici" in cui sono evidenti distinte "firme" di una nuova epoca ed età. [3]

I radionuclidi di origine antropogenica derivano principalmente dalla ricaduta radioattiva dovuta ai numerosi test nucleari in superficie (e due bombardamenti atomici in guerra) che hanno avuto inizio con la detonazione nucleare Trinity alle 05:29 del 16 luglio 1945, a Alamogordo nel New Mexico. [4] La prima detonazione termonucleare fu il test di Ivy Mike sull'atollo di Enewetak, il 1º novembre 1952. A questa seguì il disastroso test di Castle Bravo nell'atollo di Bikini, il 1º marzo 1954, la cui esplosione fu due volte e mezzo quella che era stata prevista, facendo piovere acqua sui marinai di un peschereccio giapponese, il Lucky Dragon, e sui residenti delle Isole Marshall con esiti di malattia da radiazioni. Gli Stati Uniti hanno condotto oltre duecento test atmosferici e subacquei (e altri sono stati effettuati negli anni '50 e '60 da Unione Sovietica, Regno Unito, Francia e Cina), creando una pioggia radioattiva sotto forma di Iodio-131, Cesio-137, Carbonio-14, e Stronzio-90. Questa ricaduta nucleare, in particolare le forme gassose e particellari che entrarono nella stratosfera, si disperse in tutta la biosfera generando una diffusa preoccupazione ambientale globale, accomunando l'intera popolazione mondiale in uno stesso destino. [5]

I radionuclidi provenienti principalmente da test di armi nucleari sono quindi la base più ovvia per demarcare l’inizio dell'Epoca dell'Antropocene e dell'Età Capitaliniana. Hanno lasciato una traccia permanente in sedimenti, suolo e ghiaccio in tutto il pianeta, fungendo da "robusti marcatori stratigrafici indipendenti" che saranno rilevabili per millenni. [6] Gli effetti delle armi nucleari, a partire dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki alla fine della Seconda Guerra Mondiale, rappresentano un cambiamento qualitativo nella relazione dell’uomo con la terra, al punto che ora è possibile distruggere la vita ad un tale grado, che ci vorrebbero forse decine di milioni di anni per recuperarla. [7] Infatti, la teoria dell'inverno nucleare sviluppata dai climatologi suggerisce che un massiccio scambio termonucleare globale, generaratore di megaincendi in un centinaio o più di grandi città, potrebbe portare a cambiamenti climatici planetari più bruschi e in direzione opposta rispetto al riscaldamento globale, attraverso l'immissione di fuliggine nella stratosfera, causando un calo delle temperature globali o almeno emisferiche di diversi gradi (o anche "diverse decine di gradi") Celsius nel giro di un solo mese. [8]

Negli anni ’50, l'avvento della tecnologia delle armi nucleari rappresenta quindi un enorme cambiamento nel rapporto dell’uomo con la terra, che inaugura l'Antropocene, lasciando una firma distinta nella documentazione stratigrafica; segna anche il momento in cui specifici elementi radioattivi sono stati introdotti nella composizione corporea di tutta le forme di vita. [9] La tecnologia delle armi nucleari non è ovviamente del tutto separabile dall'uso dell'energia nucleare, che presenta anche pericoli di contaminazione radioattiva globale, come negli incidenti nucleari di Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima.


Note

[1] Nel 2012, i paleoclimatologi hanno scoperto una stalagmite nella grotta di Mawmluh nello stato di Meghalaya, nel nord-est dell'India, che indicava una siccità secolare. Questo è stato poi preso come chiave geologica per l'età Meghalayana. Nella versione originale del comunicato stampa sul Meghalayano, del 15 luglio 2018 intitolato Collapse of Civilizations Worldwide Defines Younger Unit of the Geologic Time Scale, l’International Commission on Stratigraphy arrivò a dichiarare che un collasso della civiltà si era verificato intorno al 2200 a.C.: «Le società agricole che si sono sviluppate in diverse regioni dopo la fine dell'ultima era glaciale sono state gravemente colpite da un evento climatico di duecento anni che ha portato al collasso delle civiltà e a migrazioni umane in Egitto, Grecia, Siria, Palestina, Mesopotamia, la valle dell’Indo, e la valle del fiume Yangtze. Le prove dell'evento climatico di 4200 anni fa sono state trovate in tutti i sette continenti».

[2] Colin N. Waters et al., “The Anthropocene Is Functionally and Stratigraphically Distinct from the Holocene,” Science 351, no. 6269 (2016): 137–47; Colin N. Waters, Irka Hajdas, Catherine Jeandel, and Jan Zalasiewicz, “Artificial Radionuclide Fallout Signals,” in The Anthropocene as a Geological Time Unit, 192–99; Reinhold Leinfelder and Juliana Assunção Ivar do Sul, “The Stratigraphy of Plastics and Their Preservation in Geological Records,” in The Anthropocene as a Geological Time Unit, 147–55. Il pensatore più importante che ha espresso il concetto di età della sintesi è Barry Commoner. Vedi Barry Commoner, Il cerchio da chiudere. La natura, l'uomo e la tecnologia (Milano: Garzanti, 1972); Barry Commoner, The Poverty of Power (New York: Alfred A. Knopf, 1976); Barry Commoner, Far pace col pianeta (Milano: Garzanti, 1990); John Bellamy Foster, The Vulnerable Planet: A Short Economic History of the Environment (New York: Monthly Review Press, 1994) 108–24.

[3] Zalasiewicz et al., “Making the Case for a Formal Anthropocene Epoch,” ” Newsletters on Stratigraphy 50, no. 2 (2017), 212–13.

[4] Sull'importanza dell'anno 1945 come cambiamento della relazione umana con la terra, vedi Commoner, Il cerchio da chiudere, 55–56; Paul M. Sweezy and Harry Magdoff, “Capitalism and the Environment,” Monthly Review 41, no. 2 (June 1989): 3.

[5] John Bellamy Foster, The Return of Nature (New York: Monthly Review Press, 2020), 502–3; Richard Hudson and Ben Shahn, Kuboyama and the Saga of the Lucky Dragon (New York: Yoseloff, 1965); Ralph E. Lapp, The Voyage of the Lucky Dragon (London: Penguin, 1957).

[6] Zalasiewicz et al., “Making the Case for a Formal Anthropocene Epoch,” 211; Waters et al. “Artificial Radionuclide Fallout,” 192–99; Jan Zalasiewicz et al., “When Did the Anthropocene Begin?,” Quaternary International 383 (2014): 196–203; “A New Geological Epoch, the Anthropocene, Has Begun, Scientists Say,” CBC News, January 7, 2016.

[7] Stephen Jay Gould, Otto piccoli porcellini (Milano: Bompiani, 1994), 71; John Bellamy Foster, Ecology Against Capitalism (New York: Monthly Review Press, 1992), 70–72.

[8] Stephen Schneider, “Whatever Happened to Nuclear Winter?,” Climatic Change 12 (1988): 215; Richard P. Turco and Carl Sagan, A Path Where No Man Thought: Nuclear Winter and the End of the Arms Race (New York: Random House, 1990), 24–27; R. P. Turco and G. S. Golitsyn, “Global Effects of Nuclear War,” Environment 30, no. 5 (1988): 8–16.” Il concetto di inverno nucleare portò ad ampie discussioni sugli effettivi effetti indiretti di uno scambio termonucleare globale; il consenso scientifico che emerse, come indicato da Schneider, fu "che gli effetti indiretti ambientali e sociali di una guerra nucleare sono ... probabilmente più minacciosi per la terra nel suo insieme rispetto alle esplosioni dirette o alla radioattività nelle zone bersaglio". Schneider, “Whatever Happened to Nuclear Winter?,” 217.

[9] Commoner, il cerchio da chiudere, 51–59.


John Bellamy Foster e Brett Clark

Traduzione di Alessandro Perduca - Antropocene.org

Fonte: Monthly Review vol.73 n. 4 ( 01.09.2021)


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