Fonte: A l'encontre - 01.03.2022 -

Il rapporto del Gruppo di Lavoro II dell’IPCC sugli impatti e l’adattamento al cambiamento climatico* lancia un terribile avvertimento: la catastrofe è più grave di quanto previsto dai modelli previsionali, i suoi effetti si manifestano più rapidamente e aumentano tutti i rischi. I poveri, le popolazioni indigene, le donne, i bambini e gli anziani sono sempre più a rischio, soprattutto nei paesi del Sud del mondo. Le politiche adottate per limitare i danni sono inadeguate, contrastano con la sostenibilità e aggravano le disuguaglianze sociali. Gli autori chiedono un approccio inclusivo per trasformare la società a tutti i livelli. 


I risultati


Ovunque gli ecosistemi sono alterati dai cambiamenti climatici. Per alcuni di loro sono stati superati i limiti dell’adattamento (soprattutto nelle regioni polari ed equatoriali) e non potranno rigenerarsi naturalmente. Alcuni eventi estremi superano le medie previste per la fine del secolo. Alcune specie stanno già scomparendo a causa del riscaldamento globale.
Le conseguenze antropiche sono preoccupanti. Gli incendi di foreste e torbiere, il drenaggio delle zone umide e la deforestazione fanno sì che alcuni "pozzi di carbonio" si trasformino in fonti di carbonio (la foresta pluviale amazzonica, in particolare). La produttività dell’agricoltura, delle foreste e della pesca è in calo, mettendo a rischio la sicurezza alimentare. Il verdetto degli scienziati è categorico: il sistema alimentare globale non riesce ad affrontare in modo sostenibile la sfida dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione.

I problemi dell’acqua sono particolarmente preoccupanti. Mentre metà della popolazione mondiale sperimenta una grave scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno, mezzo miliardo di persone vive in aree in cui le precipitazioni medie sono attualmente al livello delle precipitazioni che in passato si verificavano solo ogni sei anni. Lo scioglimento dei ghiacciai di montagna provoca inondazioni o carenze a valle e le malattie trasmesse dall’acqua colpiscono milioni di persone in Asia, Africa e America centrale.

Nel complesso, le conseguenze sanitarie del riscaldamento globale sono gravi e aumentano le disuguaglianze. Nei paesi particolarmente vulnerabili al riscaldamento globale (dove vivono 3,3 miliardi di persone), la mortalità, causata da inondazioni, siccità e tempeste, è quindici volte superiore che altrove sulla Terra. Alcune regioni del globo si stanno avvicinando, o lo stanno già sperimentando, a livelli di stress termico che sono incompatibili con il lavoro. Diversi fenomeni legati al riscaldamento globale (caldo, freddo, polvere, ozono troposferico, polveri sottili, allergeni) favoriscono malattie croniche respiratorie. La distruzione degli habitat naturali e la migrazione delle specie favoriscono le zoonosi [1].

Il cambiamento climatico è diventato un fattore importante nella migrazione e nello spostamento delle popolazioni umane. Dal 2008, venti milioni di persone sono state costrette a spostarsi ogni anno a causa di eventi meteorologici estremi (soprattutto tempeste e inondazioni). Queste tragedie umane colpiscono soprattutto l'Asia meridionale e sudorientale, l'Africa subsahariana e i piccoli stati insulari. Altre popolazioni non sono in grado di lasciare regioni divenute inospitali, per mancanza di mezzi o per altre ragioni.

Le grandi concentrazioni urbane nel Sud del mondo sono particolarmente esposte agli impatti combinati di cambiamento climatico e determinanti sociali della vulnerabilità. Questo è soprattutto il caso degli insediamenti delle periferie informali - senza acqua o fognature, spesso collocati su pendii a rischio di frane - (dove donne e bambini sono in maggioranza). Nell'Africa subsahariana, il 60% della popolazione urbana vive nelle periferie informali; 529 milioni di asiatici vivono in simili condizioni precarie.


Le proiezioni

Le proiezioni sono ancora più preoccupanti dei risultati, e possono essere riassunte in due parole: escalation di minacce.

Secondo gli autori del rapporto, qualsiasi ulteriore riscaldamento a breve termine aumenta i rischi per gli ecosistemi in tutte le regioni. La percentuale prevista, di specie ad alto rischio di estinzione a +1,5°C, 2°C e 3°C, è rispettivamente del 9%, 10% e 12% (NB: il campo di incertezza è ampio, la realtà potrebbe essere peggiore), con un salto qualitativo compreso tra +1°C e +3°C [2]. Gli eventi meteorologici estremi e altri fattori di stress aumenteranno in grandezza e frequenza, accelerando il degrado degli ecosistemi e la perdita di servizi ecosistemici. A +4°C di riscaldamento, per esempio, la frequenza degli incendi aumenterà dal 50 al 70%.

I cambiamenti nella stratificazione delle acque oceaniche ridurranno i flussi di nutrienti. I cambiamenti temporali nello sviluppo del fitoplancton possono ridurre le risorse ittiche.

Qualsiasi ulteriore riscaldamento aumenterà anche la pressione sul sistema alimentare e sulla sicurezza alimentare. Secondo i ricercatori, gli impatti negativi del riscaldamento globale diventeranno prevalenti per tutti i sistemi alimentari e aumenteranno le disuguaglianze regionali nella sicurezza alimentare. A seconda degli scenari, la biomassa globale degli oceani diminuirà dal 5,7% al 15,5% nel 2014 rispetto al 1990 e il numero di esseri umani denutriti aumenterà di decine di milioni entro il 2050.

Il problema dell'acqua si aggraverà, in termini di sostenibilità. Secondo gli scenari mediani, entro il 2100 scomparirà il 50% dei ghiacciai di alta montagna in Asia. A +1,6°C di riscaldamento, il numero di persone sfollate dalle inondazioni in Africa aumenterà del 200% (e del 600% a 2,6°C). A +2°C di riscaldamento, le siccità agricole estreme aumenteranno del 150-200% nel bacino del Mediterraneo, nella Cina occidentale e alle alte latitudini del Nord America e dell'Eurasia. A +2,5°C, dal 55% al 68% delle specie di pesci d'acqua dolce, sfruttate commercialmente in Africa, saranno a rischio di estinzione.

L'innalzamento del livello del mare sarà sempre più minaccioso: i rischi nelle regioni costiere aumenteranno soprattutto dopo il 2050 e continueranno a crescere in seguito, anche se il riscaldamento si arresterà. Il rischio aumenterà del 20% per un innalzamento di 15 cm, raddoppierà per un aumento di 75 cm e triplicherà per un aumento di 1,4 metri (NB: un tale aumento è probabile in questo secolo). L'Africa è, sotto questo aspetto, a grande rischio: da 108 a 116 milioni di persone saranno colpite già nel 2030, e fino a 245 milioni possono esserlo nel 2060. I paesi sviluppati non sono immuni: il rischio aumenterà di dieci volte in Europa entro il 2100, e più velocemente se la politica rimarrà così com'é.

Le conseguenze sulla salute sono simili e incrementate dal "degrado e dalla distruzione dei sistemi sanitari". Uno scenario ad alte emissioni aumenterebbe il numero annuo di morti dovute al clima, di 9 milioni nel 2100. In uno scenario medio, questo numero aumenterebbe di 250.000/anno nel 2050. Aumenteranno, soprattutto in Africa, Asia meridionale e America centrale, le vittime della malnutrizione. In tutti gli scenari, le aree del mondo che oggi sono densamente popolate diventeranno insicure o inabitabili.

Se le politiche inegualitarie continueranno, il numero di persone che vivono in estrema povertà passerà da 700 milioni a un miliardo entro il 2030. Gli autori si riferiscono a tutto ciò definemdolo: superamento di "punti critici sociali".


Preoccupazioni maggiori

Come nei precedenti rapporti, il Gruppo di Lavoro II individua cinque «major Reasons for Concern, RFC» (principali Motivi di Preoccupazione): RFC1: singoli ecosistemi a rischio, come le barriere coralline e gli ambienti montani; RFC2: eventi meteorologici estremi; RFC3: distribuzione sociale degli impatti; RFC4: alcuni effetti globali aggregati, come il numero di morti per cause climatiche; RFC5: singoli eventi su larga scala, come la rottura delle calotte glaciali.

Per ciascuno di questi RFC, gli autori confrontano il livello di rischio attuale con quello valutato nel loro precedente rapporto (IPCC 5th Assessment Report, 2014).

Il livello di rischio fa riferimento all'obiettivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) adottata a Rio (1992: "evitare pericolose interferenze antropiche con il sistema climatico". I risultati del confronto dovrebbero suonare come un campanello d'allarme: il rischio è diventato da alto a molto alto per i cinque RFC in tutti gli scenari (anche se il livello di riscaldamento rimane basso). Rimanere al di sotto di +1,5°C permetterebbe di mantenere il rischio: "moderato" per le RFC 3, 4 e 5; ma è già alto per la RFC 2, e sta passando da alto a molto alto per la RFC 1.

Sappiamo che alcuni scenari di mitigazione delle emissioni presuppongono un "superamento temporaneo" di +1,5°C, pur rimanendo "ben al di sotto di +2°C" (Accordo di Parigi). Questo comporterebbe gravi rischi e impatti irreversibili, sostengono i ricercatori. Inoltre, aumenterebbe il rischio che grandi quantità di carbonio immagazzinate negli ecosistemi vengano rilasciate (a causa di incendi, scioglimento del permafrost, ecc.), il che accelererebbe la catastrofe climatica.


Limiti all'adattamento, ingiustizia delle politiche

I governi sostengono di perseguire una politica di adattamento alla componente inevitabile del cambiamento climatico, come previsto dagli accordi internazionali.
Il rapporto del Gruppo di Lavoro II la valuta così

1. Ingiusta e inefficace, avvantaggia più i ricchi che i poveri;

2. invece di completare la necessaria riduzione drastica e rapida delle emissioni di gas serra, serve a sostituirla, in modo che il riscaldamento globale peggiori, riducendo le possibilità di adattamento, a scapito dei poveri;

3. questi margini di manovra sono ulteriormente ridotti dal dispiegamento di misure per aggirare la riduzione delle emissioni (per esempio: cattura-sequestro del carbonio, piantagioni di alberi, grandi dighe idroelettriche) a danno delle popolazioni indigene, dei poveri e delle donne.

Il rapporto afferma chiaramente che "le strategie di sviluppo dominanti sono contro lo sviluppo sostenibile per il clima". Vengono avanzate diverse ragioni: la crescente disuguaglianza di reddito, l'urbanizzazione incontrollata, la migrazione forzata, le sempre maggiori emissioni di gas serra, il continuo cambiamento dell'uso del suolo e l'inversione della tendenza a lungo termine verso una maggiore aspettativa di vita.

Secondo gli autori, è fondamentale sviluppare una politica inclusiva, equa e giusta, soprattutto per quanto riguarda le popolazioni indigene le cui conoscenze devono essere valorizzate. L’empowerment (potenziamento) delle comunità emarginate è decisivo per la co-produzione di una politica climatica sostenibile. La mancanza di giustizia sociale da parte dei governi viene indicata come l’ostacolo maggiore, soprattutto di fronte alle sfide del nesso cibo-energia-acqua.

La salute, l'educazione e i servizi sociali di base sono vitali per aumentare il benessere delle persone e la sostenibilità dello sviluppo, dice il rapporto. È quindi prioritario aumentare i mezzi finanziari del Sud del mondo, dove il costo dell'adattamento al riscaldamento globale supererà molto rapidamente i 100 miliardi di dollari/anno che il Nord ha promesso di versare (ma non l'ha fatto) al Green Climate Fund (Fondo verde per il clima). Il rapporto cita importi di 127-290 miliardi di dollari/anno nel 2030-2050, che aumenteranno fino a 1 trilione di dollari.

Il rapporto dell'IPCC Gruppo di Lavoro II non fornisce, ovviamente, una strategia sociale per combattere la catastrofe climatica capitalista: il tono generale è quello delle buone intenzioni e del desiderio velleitario di includere tutti gli attori sociali. Ma gli attivisti dei movimenti sociali vi troveranno due cose utili alla loro lotta: una conferma scientifica dell'estrema gravità degli impatti del riscaldamento globale e una dimostrazione rigorosa dell'ingiustizia sistemica delle politiche climatiche.
(Articolo pubblicato il 1° marzo 2022 sul sito della Gauche anticapitaliste Belgique)


Note:

* Il rapporto del gruppo di lavoro II è la seconda parte del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6), che sarà completato quest’anno [N.d.R.]

[1] Una zoonosi è una malattia infettiva che è stata passata dagli animali all'uomo.

[2] Il tasso di estinzione del 9% è più di mille volte il tasso naturale di estinzione delle specie.


Daniel Tanuro


Traduzione di Walter Dal Cin - Redazione di Antropocene.org

Fonte: A l'encontre 01.03.2022