La bolla olimpica. Illusioni, speculazioni e interessi dietro ai cinque cerchi Mimesis, a cura di Silvio La Corte, Mimesis, 2020.

Da Messico ’68 con la strage di Piazza delle tre Culture alle morti per doping, dagli “sfrattati” delle favelas ai “saccheggi” ambientali: in ognuna delle edizioni della storia recente, la bandiera a cinque cerchi ha lasciato una scia di povertà e ipocrisia, a Rio come a Londra, ad Atene come a Torino.

Ma i cittadini reagiscono: dalle Olimpiadi di Denver ’72 in avanti, tantissimi referendum hanno respinto i tentativi di candidatura forzata promossi da sindaci e governatori. Homeless, movimenti ambientalisti, giovani e imprenditori lungimiranti insieme hanno saputo modificare scelte che sembravano irreversibili. Attraverso una ventina di contributi qualificati e diverse interviste, Silvio La Corte restituisce la voce a coloro che si sono opposti a questa corsa sfrenata senza vincitori, ma solo con vinti. 

"La regola imprescindibile dell’organizzazione sociale del pianeta in cui viviamo è la “crescita”: l’aumento, anno dopo anno del Prodotto Interno Lordo, detto PIL, il vero totem della nostra epoca, senza il quale questa organizzazione sociale non sta in piedi.
Solo da qualche tempo abbiamo cominciato ad accorgerci che il turismo è ormai la maggiore industria del mondo: quella che fa più fatturato, che genera più occupazione (quasi tutta precaria), che coinvolge più “consumatori” e, soprattutto, che ha gli impatti ambientali più devastanti.
Nel vasto settore dei “grandi eventi”, quelli sportivi, con il loro circo ambulante di atleti, allenatori, organizzatori, sponsor, giornalisti, tifosi, ma anche macchine, barche e attrezzature varie, con relativi addetti occupano un posto privilegiato, e tra questi alle Olimpiadi spetta indubbiamente un primato.

Oggi le Olimpiadi sono diventate un’occasione imperdibile per mettere mano ai fondi pubblici e realizzare nuove ed “indispensabili” infrastrutture per garantire lo svolgimento dei giochi: strade, autostrade, alberghi, stadi non c’è limite alla fantasia e anche alla realtà. Le Olimpiadi, dietro questa aura di valori positivi universali, sono anche diventate la miglior occasione per ridisegnare le città, svuotandole, in tanti modi diversi, di quelle presenze residuali, povere, che frenano lo sviluppo, la crescita del famoso P.I.L. Svuotandole dei soggetti più deboli, spedendoli in periferia, ad arricchire col lavoro sporco, il “centro”, comunque lo si voglia perimetrare. Alla fine, dopo questa smisurata ed iniqua distribuzione della ricchezza, le città e i territori si ritrovano più povere, indebitate e sotto ricatto, mentre un manipolo di imprenditori è già partito in direzione del prossimo grande evento, abbandonando un territorio saccheggiato dal punto di vista ambientale, con conseguenze sociali immaginabili.

La bolla olimpica, Mimesis Edizioni, smaschera, dati alla mano, questa illusione, ripercorrendo velocemente le tappe dal ‘68 ad oggi, Tokio 2020, pardon 2021. Denuncia un ulteriore inganno ai danni della popolazione italiana tutta: i giochi olimpici Milano Cortina 2026 non potevano essere, già prima del Covid 19, la strada per uscire da una recessione nella quale versa il paese da alcuni decenni, e ancor meno potranno esserlo oggi, quando tutta l’organizzazione della vita pubblica deve essere rivista alla luce di condizioni radicalmente diverse. Al termine dei giochi saremo tutti più poveri, economicamente e ambientalmente. I giochi del 2026 non fanno eccezione: il saccheggio delle Dolomiti è iniziato da tempo, si tenta l’ennesimo assalto ambientale all’alta Valtellina e si coglie l’occasione per catalogare come “indispensabili” grandi opere che nulla hanno a che fare con i territori olimpici.

La bolla olimpica è un libro militante, nel senso che può essere uno strumento utile per condurre una battaglia contro questo ennesimo assalto alle vere ricchezze del nostro paese: il territorio e la sua storia. Negli ultimi capitoli si evidenzia come un altro percorso possa tutelare l’ambiente e generare occupazione, mettendo in sicurezza il territorio che nello specifico italiano è la nostra più grande risorsa."

Silvio La Corte

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