Fonte: Dario Zampieri - 12.07.2023

La sfida dell’emergenza climatica richiede una serie di opzioni di mitigazione [che vanno dalla riduzione dell’emissione dei gas climalteranti alla (improbabile) rimozione del carbonio dall’atmosfera (emissioni negative) e al suo sequestro] e di adattamento.

La preoccupazione che l’adozione dell’insieme delle opzioni di mitigazione non avvenga alla dovuta velocità (cosa sotto gli occhi di tutti) o che comunque non sia sufficiente ad evitare le peggiori conseguenze, ha portato a esplorare ulteriori strategie come la geoingegneria solare (Solar Geoengineering o SG). Di questo si parla anche nel sesto rapporto di valutazione dell’IPCC [Solar Radiation Modification (SRM), cap.14.4.5 in Patt et al. 2022].

Con SRM si intende l’aumento della riflessione verso lo spazio della radiazione solare, mentre SG ha un significato più esteso, includendo anche la riduzione della quantità di radiazione termica intrappolata. Per avere efficacia, queste strategie dovrebbero essere perseguite per tempi molto lunghi, come l’uso di un farmaco salvavita che non possa più essere abbandonato. Esse però introducono anche dei nuovi potenziali rischi, alcuni dei quali con effetti molto difficili da prevedere.

La SRM è comunque una strategia che non sostituisce la necessaria riduzione dell’emissione dei gas climalteranti, i quali altrimenti continuerebbero a produrre l’acidificazione degli oceani e ad incrementare il cambiamento climatico. Inoltre, non servirebbe a riportare il clima globale o regionale ad uno stato precedente e se dovesse essere interrotto, in assenza di contestuale riduzione delle emissioni, potrebbe portare ad un repentino riscaldamento con effetti catastrofici [un imperdibile saggio che fondendo storia e fantascienza prefigura gli effetti devastanti dell’uso della SRM è “Il crollo della civiltà occidentale” degli scienziati Oreskes e Conwey (2015)].

Recentemente, è stato pubblicato da parte delle National Academies of Sciences, Engineering and Medecine (NASEM, Usa) un nuovo rapporto, seguente quello del 2015 del National Research Council, sulla praticabilità della geoingegneria quale possibile risposta al rapido cambiamento climatico che sta creando impatti severi su individui, comunità, economie ed ecosistemi. Il rapporto dal titolo “Reflecting Sunlight: Recommendations for Solar Geoengineering Research and Research Governance” è dedicato a Paul J. Crutzen, recentemente scomparso, laureato Nobel in Chimica nel 1995 per l’individuazione della causa dell’impoverimento dell’ozono stratosferico, il quale in tempi più recenti si occupò anche della SG.

Il rapporto si limita ad esaminare le strategie strettamente “solari” (la terza a rigore non è riconducibile a SRM), che sono:

Illustrazione: i 3 meccanismi della SG.(NASEM 2021)

• Iniezione stratosferica di aerosol (Stratosferic Aerosol Injection, SAI) tramite flotte di aerei o palloni aerostatici, con aumento del numero delle particelle in grado di aumentare la riflessione della luce incidente.

• Lo schiarimento delle nubi marine (Marine Cloud Brightening, MCB), con aumento della riflettività delle nuvole nella bassa atmosfera al di sopra di certe regioni degli oceani.

• Assottigliamento delle nuvole cirri (Cirrus Cloud Thinning, CCT), con aumento della trasparenza delle nuvole ghiacciate in modo da favorire la radiazione infrarossa in uscita.


La ricerca indica che la SG può ridurre la temperatura, ma al tempo stesso può introdurre nuovi potenziali rischi come la perdita dell’ozono stratosferico, la modificazione regionale del clima interferendo ad esempio sul monsone indiano, e con numerosi effetti ambientali, sociali, politici ed economici. Effetti regionali positivi per una certa regione possono implicare effetti negativi per altre regioni, che vanno dal cambio del regime delle piogge con problemi per la produzione di cibo, all’incremento dei mega-incendi (Touma et al., 2023), alla induzione di migrazioni interne di popolazione. 

SAI: è la tecnica più studiata e meglio compresa. Diversamente dalla troposfera, la stratosfera è relativamente poco turbolenta e gli aerosol possono permanere in sospensione per oltre un anno, prima di passare alla troposfera o precipitare al suolo.

L’eruzione vulcanica del M. Pinatubo, nel 1991, ha iniettato nella stratosfera grandi quantità di idrogeno solforato (H2S) e biossido di zolfo (SO2), che si sono ossidati a formare un aerosol con proprietà riflettenti di acido solforico (H2SO4). Si stima che l’eruzione abbia abbassato la temperatura globale di circa mezzo grado centigrado per oltre un anno. Tuttavia, benchè simile agli effetti naturali di grandi eruzioni vulcaniche, lo spargimento di solfati può provocare effetti indesiderati come la riduzione della concentrazione dell’ozono, che protegge dalla dannosa radiazione ultravioletta. La superficie addizionale degli aerosol riduce i livelli di NOx via conversione di N2O5 ad acido nitrico. Nella bassa stratosfera questo aumenta la perdita di ozono per via dell’incremento dei livelli di HO2 e ClO.

Inoltre, l’incremento di riscaldamento infrarosso associato all’aggiunta di solfati cambierebbe la circolazione stratosferica, alterando la distribuzione dell’ozono. Nei prossimi 50-100 anni la concentrazione dell’ozono dovrebbe aumentare per effetto delle restrizioni nella produzione dei clorofluorocarburi. Tuttavia, la messa in opera della SAI potrebbe ritardare questo recupero.

Sostanze alternative ai solfati potrebbero essere particelle solide di calcite, di alluminio o di rutilo, ma la microfisica di questi composti, come la coagulazione sulle superfici degli aerosol non è ancora compresa.

Un altro effetto non ben compreso è il possibile aumento del rapporto tra luce diffusa e luce diretta, con implicazioni sulla fotosintesi (produzione agricola, ecosistemi) e sulla produzione di energia fotovoltaica. Un ulteriore potenziale effetto indesiderato per la salute umana può essere l’esposizione cronica delle popolazioni via ingestione di acqua e cibo contaminati dalle particelle che si depositerebbero al suolo (per esempio alluminio).

MCB: la ricerca mostra che aggiungendo aerosol alle nubi marine (tra 0 e 3 km sulla superficie marina) può in certi casi aumentare la riflettività, come accade per esempio sulla scia lasciata dai gas di scarico dalle navi. È stato proposto che lo stesso effetto possa essere ottenuto spruzzando una nebbia sottile di acqua salata. Non è però chiaro dove e quanto l’albedo (proprietà di riflettere la radiazione solare) delle nuvole possa cambiare e se i feedback amplifichino o mascherino gli effetti. Anche la scala ridotta di questo processo potrebbe essere un limite.

CCT: le nuvole cirri sono composte prevalentemente da cristalli di ghiaccio nella alta troposfera. Queste contribuiscono al riscaldamento del pianeta, in quanto riducono la radiazione infrarossa in uscita più di quanto riflettano la radiazione solare incidente. Disseminando i cirri con nuclei di ghiaccio si possono produrre cristalli più grandi che cadono più in fretta, riducendo il tempo di vita e quindi la copertura di queste nuvole. L’efficacia della CCT, che non modifica la quantità di energia solare che raggiunge la superficie, non è ben compresa e le simulazioni di pochi modelli climatici hanno fornito risultati contrastanti.


Etica e geoingegneria

Dal punto di vista etico vi sono parecchie considerazioni, di seguito estremamente sintetizzate e solo accennate.
Alcuni ricercatori sociali hanno prospettato che questo “giocare a essere Dio” di una parte dell’umanità è una brama eccessiva. Altri invece pensano che poiché l’uomo sta già alterando il clima, anche se non intenzionalmente, il farlo invece in modo intenzionale non sarebbe più problematico. Se in futuro si dovesse ricorrere alla geoingegneria come misura disperata, sarebbe meglio conoscere a fondo quali approcci sono più efficaci e quali ne sono i limiti e le incertezze.

Sempre nell’ambito delle discipline filosofico/sociali, altri ancora pensano che la ricerca sulla SG potrebbe distrarre dalla ricerca sulla mitigazione (azzardo morale), perché la geoingegneria sarebbe ingovernabile o perché non ha il consenso delle popolazioni indigene del Sud Globale. Un altro aspetto riguarda la giustizia intergenerazionale, in quanto la SG è un’impresa multigenerazionale alla scala dei decenni o dei secoli. Inoltre, gli studi (pochi) sinora fatti riguardano quasi esclusivamente i paesi sviluppati (Europa, Usa e Canada, con poche eccezioni in Giappone e Cina) e non si sa quale sia l’opinione delle popolazioni del Sud Globale, che sono maggiormente vulnerabili.

Una conclusione è che la ricerca sulla SG è in uno stadio embrionale e non permette di fornire elementi di supporto ad eventuali decisioni.


Aspetti legali

Anche qui la questione è piuttosto complessa. Ad esempio, la Convenzione di Vienna sulla protezione dello strato di ozono (1985), ratificata da quasi tutte le nazioni, chiede alle parti di proteggere la salute umana e l’ambiente dagli effetti avversi risultanti dalle attività umane che possono modificare lo strato di ozono. L’iniezione di aerosol solfatici nella stratosfera può appunto esacerbare la perdita di ozono. Il Protocollo di Montrèal (1987) restringe la produzione e l’uso di una serie di sostanze elencate in una lista, che dovrebbe essere aggiornata.

In risposta ai tentativi di usare come arma la modificazione del clima durante la guerra del Vietnam è stata ratificata una specifica convenzione (Environment Modification, ENMOD, 1978), che però non esclude usi diversi da quelli militari. La convenzione è comunque carente nel definire le istituzioni che dovrebbero implementare o espandere l’accordo. La Convenzione delle Nazioni Unite sulla legge del mare (UNCLOS), ratificata da più di 160 stati ma non dagli Usa, prevede l’obbligo di proteggere gli oceani dall’inquinamento “da o attraverso l’atmosfera”.

Sta aumentando il riconoscimento che il cambiamento climatico e le risposte possono impattare i diritti umani. Il preambolo dell’Accordo di Parigi (2015) incoraggia le parti a rispettare e promuovere gli obblighi rispetto ai diritti umani quando si implementino azioni sul cambiamento climatico.
Una conclusione è che non esiste attualmente una azione coordinata sulla ricerca SG e che i meccanismi legali esistenti, nati in altri contesti, possono applicarsi solo ad alcuni aspetti degli impatti di tipo fisico.

Il rapporto NASEM fornisce una serie di proposte per un governo della ricerca su SG e delle raccomandazioni sulle modalità da rispettare per eventuali esperimenti in atmosfera, laddove non sia possibile ottenere informazioni tramite modelli e studi di laboratorio. Nelle conclusioni, si evidenzia che “dato che il cambiamento climatico è una delle sfide più complesse che l’umanità abbia mai affrontato, e che la SG è uno degli aspetti più controversi di risposta, la comunità scientifica deve raccogliere questa sfida con umiltà e creatività, mettendosi alla prova tra discipline diverse e confini nazionali, con nuove modalità oltre gli approcci business-as-usual (BAU) della ricerca”.


Ricercare oppure no?

Un recente post comparso sul Bulletin of Atomic Scientists (Tang, 2023) mette in guardia sulla sottovalutazione dei rischi insita nella ricerca stessa, che per sua natura si configura come un tentativo di risolvere il problema per via tecnologica, oscurando la vera migliore opzione, cioè l’abbandono immediato della dipendenza dai fossili tramite sviluppo delle energie rinnovabili combinato con la riduzione dei consumi.

Alcuni propongono un uso “moderato” e coordinato in modo impeccabile della SG, ritenendo in questo modo di minimizzare i rischi (Richter et al., 2022). Così, la SG è vista come un modo centralizzato e facile di mitigare il riscaldamento globale, che si basa sull’assunzione di un perfetto coordinamento internazionale, il quale è lungi dalla realtà e anzi, a dispetto delle apparenze – come gli accordi di Parigi sul clima – tende a disgregarsi in un contesto globale sempre più multipolare. Inoltre, questo tipo di ricerca può essere usato dai decisori politici come alibi per rimandare le azioni climatiche necessarie, con l’effetto di ridurre il campo di manovra anno dopo anno, dunque peggiorando la situazione.

I sostenitori della ricerca sulla SG si appellano paternalisticamente ad una “giusta transizione” per alleviare i danni che stanno già colpendo più duramente i paesi vulnerabili del Sud Globale, ma nel far questo sottovalutano i rischi che potrebbero derivare da un cattivo uso della ricerca. La perpetuazione del mito della ricerca scientifica come pratica neutrale completamente svincolata dall’etica sociale deve essere messa in discussione, soprattutto ora che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) fornisce un nuovo strumento estremamente potente.

La scienza è un sistema sociale e come tale ha a che fare con la cultura, l’economia, la politica e l’etica; dunque, le conoscenze e le tecnologie prodotte da questo sistema sono il risultato del contesto in cui si sono sviluppate, portando con sé nuovi modi di aiutare così come di nuocere. Presentando una versione idealizzata della SG il mondo resterebbe impreparato allo scenario peggiore, che può accadere. In conclusione, dato il carattere di predicament (situazione spiacevole, difficile o pericolosa) dell’Antropocene, di cui il cambiamento climatico è uno dei tanti effetti, le risposte non possono essere solo di tipo scientifico e tecnologico, ma anche sociale, culturale e politico.



Bibliografia

Patt, A., L. Rajamani, P. Bhandari, A. Ivanova Boncheva, A. Caparrós, K. Djemouai, I. Kubota, J. Peel, A.P. Sari, D.F. Sprinz, J. Wettestad, 2022: International cooperation. In IPCC, 2022: Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change. Contribution of Working Group III to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [P.R. Shukla, J. Skea, R. Slade, A. Al Khourdajie, R. van Diemen, D. McCollum, M. Pathak, S. Some, P. Vyas, R. Fradera, M. Belkacemi, A. Hasija, G. Lisboa, S. Luz, J. Malley, (eds.)] Cambridge University Press, Cambridge, UK and New York, NY, USA.

Oreskes N., Conway E., Il crollo della civiltà occidentale. Una storia del futuro. Piano B edizioni, Prato 2015.

National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine 2021. Reflecting Sunlight: Recommendations for Solar Geoengineering Research and Research Governance. Washington, DC: The National Academies Press.

Touma D., Hurrell J. W., Tye M. R., Dagon, K., 2023.The impact of stratospheric aerosol injection on extreme fire weather risk. Earth’s Future, Advancing Earth and Space Sciences, June 06, 2023.

Rasch, P. J., P. J. Crutzen, and D. B. Coleman. 2008. Exploring the geoengineering of climate using stratospheric sulfate aerosols: The role of particle size. Geophysical Research Letters 35(2). Advancing Earth and Space Sciences, January 26, 2008.

Tang Aaron, When looking is dangerous: How solar radiation management research can harm. Bulletin of the Atomic Scientists, June 30, 2023.

Richter, J. H., Visioni, D., MacMartin, D. G., Bailey, D. A., Rosenbloom, N., Dobbins, B., Lee, W. R., Tye, M., and Lamarque, J.-F., 2022. Assessing Responses and Impacts of Solar climate intervention on the Earth system with stratospheric aerosol injection (ARISE-SAI): protocol and initial results from the first simulations, Geosci. Model Dev., 15, 8221–8243.



Dario Zampieri
- Studioso senior dello Studium Patavinum -