Fonte: Monthly Review - 01.02.2008

Il 27 settembre del 1962 fa veniva pubblicato Silent Sping (Primavera silenziosa) di Rachel Carson, il primo libro che aprì gli occhi dell’opinione pubblica sulla gravità della crisi ambientale. Ricordiamo l'avvenimento con la pubblicazione di questo articolo, inedito in italiano, che colloca Rachel Carson nell'ampio movimento provocato dalla rivolta di scienziati e pensatori di sinistra negli anni 50-60 che sollevò gravi interrogativi sulla distruttività dello scontro sociale con l'ambiente.



La critica ecologica di Rachel Carson

Rachel Carson è nata 115 anni fa, nel 1907. Il suo libro più famoso, Primavera silenziosa pubblicato nel 1962, si ritiene da più parti che abbia dato l'avvio al moderno movimento ambientalista. Nonostante molto sia stato scritto sia sulla sua persona che sul suo lavoro, il fatto che fosse una «donna di sinistra» ha spesso contribuito a minimizzare il suo contributo. La rapida accelerazione della crisi ecologica su scala mondiale che stiamo vivendo e sulla quale lei , più di chiunque altro ci ha messo in guardia, richiede una riflessione critica della natura del suo pensiero e della sua relazione con la più ampia rivolta all'interno del mondo scientifico a cui era associata.

Prima di tutto Rachel Carson fu una naturalista e una scienziata, ma la sua comprensione delle forze ecologiche distruttive che agiscono nella società moderna l'ha spinta a svolgere un ruolo di critica radicale. Una sua recente biografia ha cercato di cogliere questo aspetto già dal titolo stesso: La sovversiva gentile. Le cause principali del degrado ecologico, affermava Carson, erano «il dio profitto e il dio produzione». L’ostacolo principale a un rapporto sostenibile con l'ambiente risiedeva nel fatto che viviamo «in un'era dominata dall'industria nella quale il diritto di guadagnare un dollaro a qualsiasi costo viene raramente contestato». [1]

Primavera silenziosa fu un attacco diretto contro l’industria chimica e la produzione di pesticidi. La più grande capacità della Carson fu quella di coniugare le più recenti informazioni scientifiche allora disponibili con l'abilità di grande scrittrice, ottenendo un effetto straordinario in grado di smuovere l'opinione pubblica su questo tema. Tuttavia, nonostante una serie di successi, Rachel Carson e coloro che seguirono le sue orme persero la guerra contro i pesticidi di sintesi, che lei preferiva chiamare «biocidi». Pur ammettendo che in alcune situazioni l'applicazione di tali sostanze chimiche potesse essere appropriata, la Carson fu decisamente convinta che «l'obiettivo dovrebbe essere l'eliminazione dell'uso di pesticidi tossici persistenti», come affermato dal Comitato Consultivo Scientifico del Presidente, nel rapporto del 1963 sui pesticidi che lei stessa considerava una conferma delle sue opinioni. Il controllo chimico doveva essere sostituito, laddove possibile, dal controllo biologico (metodi organici che si basano su nemici naturali dei parassiti). Nel capitolo conclusivo del suo libro, l'autrice ha definito questo possibile approccio: «l'altra strada». Tuttavia, fatta eccezione per la messa al bando di alcuni insetticidi letali come il DDT, l'industria chimica ha trionfato, ed ora assistiamo all'espansione della produzione di questa classe di sostanze chimiche. [2]

L'uso crescente di pesticidi di sintesi non ha nulla a che vedere con l'applicazione razionale delle conoscenze scientifiche. Benché l'industria chimica e i suoi partners cercassero di dimostrare che le argomentazioni proposte da Rachel Carson non fossero prive di errori ed esagerassero sui pericoli risultanti dall’uso di pesticidi, la sua ricerca ha resistito alla prova del tempo.

Inoltre, le questioni sollevate sull'accumulo di queste pericolose sostanze chimiche negli organismi viventi sono sempre più attuali. La preoccupazione principale dell'autrice era rivolta agli effetti provocati a lungo termine da questi 'biocidi', che venivano utilizzati in quantità sempre maggiori e che, persistendo nell'ambiente, si espandevano con derive in modo incontrollato, spesso concentrandosi negli organismi presenti in aree molto lontane dal luogo dove erano stati irrorati. Carson aveva previsto con precisione che la dipendenza dai pesticidi di sintesi avrebbe portato a un incremento dei pesticidi stessi, poiché gli organismi si evolvevano rapidamente in forme più resistenti che richiedevano dosi più elevate o nuovi biocidi. «La guerra chimica», scriveva, "«non ha mai vinto la sua ultima battaglia, e tutte le forme viventi si trovano perennemente sottoposte al suo fuoco incrociato.» Alla fine degli anni '80 la produzione di principi attivi di pesticidi, in gran parte destinati alle aziende agricole statunitensi, era aumentata più del doppio rispetto ai primi anni '60, quando la Carson scrisse Primavera silenziosa. Nel 1999, oltre 100 milioni di famiglie statunitensi hanno utilizzato un qualche tipo di pesticida per le loro case, i prati e i giardini. Molte delle sostanze chimiche oggi in commercio non sono state adeguatamente testate. Nel frattempo, l'industria agroalimentare statunitense ha continuato a produrre ed esportare in altri Paesi i pesticidi vietati e alcuni degli alimenti importati negli Stati Uniti sono coltivati utilizzando tali sostanze.

Negli ultimi decenni, l'attenzione verso l’uso di pesticidi e sostanze chimiche correlate, si è spostata dal cancro e dalle potenziali mutazioni genetiche, che rimangono tra i maggiori pericoli di queste sostanze, alle alterazioni del sistema endocrino, che influisce su una miriade di funzioni corporee. La ricerca scientifica ha evidenziato come l’uso di pesticidi sia in grado di replicare l’azione degli estrogeni, ormoni femminili, causando riduzione della fertilità, cancro ai testicoli e al seno, e malformazioni agli organi genitali. Sono stati sollevati seri interrogativi sui complessi effetti ancora poco compresi di tali sostanze chimiche sul sistema riproduttivo animale e umano. Tra i primi anni '70 e i primi anni '90, l'incidenza del cancro ai testicoli negli Stati Uniti è aumentata di circa il 50%, mentre nell'ultimo mezzo secolo circa si è assistito a un calo del numero di spermatozoi a livello mondiale di circa il 50%. L'attenzione si è rivolta anche ad altre sostanze chimiche sintetiche introdotte nell'ambiente e presenti in innumerevoli prodotti. Oltre settantamila sostanze chimiche sintetiche sono utilizzate nel commercio, mentre solo il 10-20% di esse è stato sistematicamente testato. L'incapacità di testare o limitare adeguatamente l'uso di queste sostanze chimiche, a più di quarantacinque anni dalla pubblicazione di Primavera silenziosa, è un motivo che rende il libro della Carson ancora importante. [3]

Ma l'attacco della Carson all'uso dei pesticidi di sintesi non è il suo risultato più considerevole. È piuttosto la sua critica ecologica più ampia, che sfida l'intera natura della nostra società, a essere così importante oggi. Una migliore comprensione di Rachel Carson la si può avere se la si pensa non come una figura isolata, come spesso si crede, ma come parte di un'ampia rivolta di scienziati e pensatori di sinistra negli anni Cinquanta e Sessanta, nata inizialmente dalle preoccupazioni per gli effetti delle radiazioni nucleari. L'allarme per gli esperimenti nucleari in superficie e per gli effetti nocivi delle radiazioni, insieme ai timori di una guerra nucleare, spinsero gli scienziati, provenienti soprattutto dalla sinistra, a sollevare interrogativi sulla distruttività della nostra civiltà. Da questo lavoro è nato il moderno movimento ecologista.


Radiazioni ed ecologia

Le considerazioni fatte dalla Carson inerenti agli effetti dei pesticidi sugli esseri viventi si basano in buna parte sulle precedenti scoperte degli scienziati in materia di radiazioni. In Primavera silenziosa e in altre pubblicazioni, l'autrice fa ripetutamente riferimento alle scoperte avvenute negli anni Venti dal genetista statunitense H. J. Muller, che per primo scoprì che l'esposizione degli organismi alle radiazioni poteva generare mutazioni genetiche. Come del resto spiegò al Consiglio Nazionale delle Donne degli Stati Uniti nell'ottobre del 1962, due settimane dopo la pubblicazione del suo libro:

«Quando mi ero già laureata alla Hopkins University e stavo continuando i miei studi sotto la guida del grande genetista H. S. Jennings, una scoperta di un altro illustre genetista, il professor H. J. Muller, all'Università del Texas creò fermento nell'intera comunità dei biologi. Il professor Muller aveva scoperto che, esponendo gli organismi alle radiazioni, si potevano produrre quei cambiamenti improvvisi nelle caratteristiche ereditarie che i biologi chiamano mutazioni.»

«Prima di allora si pensava che le cellule germinali fossero immutabili, immuni alle influenze dell'ambiente. La scoperta di Muller significava che era possibile, per caso o per progetto, modificare il corso dell'ereditarietà, anche se la natura dei cambiamenti non poteva essere controllata.»

Fu molto più tardi che due ricercatori scozzesi scoprirono che alcune sostanze chimiche potevano avere conseguenze simili a quello delle radiazioni, ovvero di produrre mutazioni. Tutto questo avveniva prima dell’utilizzo dei moderni pesticidi di sintesi e la sostanza chimica utilizzata in questi esperimenti fu il gas mostarda. Ma nel corso degli anni si è appreso che ognuna delle sostanze chimiche utilizzate come insetticidi o diserbanti ha il potere di produrre mutazioni negli organismi che sono stati sottoposti ai test, o in qualche altro modo di cambiare o danneggiare la struttura cromosomica. [4]

Come evidenziato dalla Carson in Primavera silenziosa, «tra gli erbicidi ve ne sono alcuni classificati come 'mutageni', cioè capaci di modificare i geni, dai quali dipende l’ereditarietà. Siamo giustamente atterriti dagli effetti genetici della radioattività; come possiamo allora, restare indifferenti di fronte agli stessi effetti provocati dalle sostanze chimiche che disseminiamo pazzamente attorno a noi?». [5]

Muller, che nel 1946 ricevette il Premio Nobel per le sue scoperte in campo medico e fisiologico, fu una figura complessa che aveva alle spalle una lunga storia politica di socialismo e di critica al capitalismo. All'inizio degli anni Trenta era stato consigliere di facoltà della sezione texana della National Student League e aveva contribuito alla sponsorizzazione e alla redazione della pubblicazione Spark, che prendeva il nome dall'Iskra di Lenin. Nel 1933 Muller si recò in Unione Sovietica per lavorare nei laboratori di genetica avanzata, ma presto entrò in conflitto con il regime nel contesto della controversia Lysenko, scontrandosi direttamente con Stalin. Prestò servizio nelle brigate internazionali nella guerra civile spagnola e lavorò con il medico canadese Norman Bethune, in seguito eroe della Cina di Mao.

Sebbene Muller fosse un forte oppositore dell'Unione Sovietica sotto Stalin (a causa della chiusura dell'istituto di genetica che aveva contribuito a fondare e a causa dell'assassinio di alcuni suoi amici e colleghi), mantenne molte delle sue convinzioni critiche, compresa la fede nel socialismo. Inoltre mantenne la sua precedente e fondamentale concezione dialettica, che enfatizzava «i complicati processi ('movimenti' in senso marxiano) per cui... le cose sono interconnesse tra loro e interagiscono nel loro sviluppo»; tale approccio dialettico, secondo lui, era cruciale per la «realizzazione delle complesse realtà della materia, specialmente della materia vivente, e della sua interconnessione». [6]

Il conferimento del Premio Nobel per il lavoro svolto sugli effetti genetici delle radiazioni, poco dopo lo sganciamento delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, rese Muller un personaggio famoso. Muller mise spesso in guardia sui pericoli a lungo termine dovuto al fallout delle guerre nucleari (e anche degli esperimenti nucleari), contribuendo ad aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica, ma facendolo entrare in conflitto con la Commissione per l'energia atomica, che lo vide come un ostacolo alla piena espansione degli armamenti nucleari. Primavera silenziosa troverà in Muller il suo più prestigioso difensore scientifico. In una recensione per il New York Herald Tribune, in occasione della pubblicazione del libro, lo definì «un'accusa schiacciante che affronta le conseguenze disastrose, sia per la natura che per l'uomo, della guerra chimica di massa che oggi viene condotta indiscriminatamente contro insetti, erbe infestanti e funghi nocivi». Tuttavia, la vera importanza di Primavera silenziosa risiedeva nella profonda comprensione delle interconnessioni all'interno della natura e tra la natura e la società ovvero «l'illuminazione che porta il grande pubblico a comprendere l'alta complessità e l'interrelazione della rete della vita in cui ci troviamo». [7]

Muller fu uno degli undici intellettuali di spicco che firmarono la lettera Russell-Einstein che ha portato alla Conferenza di Pugwash del 1957 sul controllo delle armi nucleari. Insieme a migliaia di altri scienziati, firmò la petizione del 1958 alle Nazioni Unite, promossa dal chimico e premio Nobel Linus Pauling (con il sostegno del biologo Barry Commoner), per chiedere la fine dei test sulle armi nucleari.

Nel 1954 quando la nube di segretezza che circondava il problema riguardante il fallout si dissolse, la comunità scientifica poté studiare l'entità del degrado ambientale e della contaminazione causata dagli esperimenti condotti con armi nucleari. Tale lavoro richiese la competenza di biologi, genetisti, ecologi, patologi e meteorologi, che studiarono gli effetti delle radiazioni su piante e animali, nonché la diffusione di materiale radioattivo attraverso l'atmosfera, gli ecosistemi e le catene alimentari.

I test nucleari hanno accumunato la popolazione mondiale a un comune un destino ambientale, poiché lil fallout radioattivo è stato distribuito a livello globale dal vento, dall'acqua e dagli esseri viventi. Gli isotopi radioattivi prodotti dall'uomo, come lo stronzio-90, lo iodio-31, il cesio-137 e il carbonio-14, sono stati introdotti nell'ambiente a livello mondiale e, da quel momento in poi, sono entrati a far parte sia della composizione corporea degli esseri umani che di tutte le forme di vita. I diversi elementi radioattivi avevano proprietà distinte e rappresentavano una minaccia unica per il genere umano e l'ambiente. Piante e animali hanno assorbito questi elementi, che successivamente son stati trasmessi attraverso la catena alimentare. Lo stronzio-90 è stato assimilato nelle ossa e nei denti dei bambini, il cesio-137 si è concentrato nei muscoli e lo iodio-131 è stato assorbito nelle ghiandole tiroidee, aumentando il rischio di cancro. Linus Pauling ha sottolineato la miriade di minacce biologiche legate al carbonio-14 depositato in tutti i tessuti del corpo.

Studiando gli effetti delle sostanze radioattive sulle catene alimentari, sono stati stabiliti i concetti di bioaccumulo e di bioamplificazione, che in seguito sono stati strettamente associati a Primavera silenziosa. Il bioaccumulo si riferisce al processo per cui una sostanza tossica viene assorbita dall'organismo a una velocità superiore a quella con cui viene espulsa. Ad esempio, lo stronzio-90 è un isotopo radioattivo chimicamente simile al calcio e può accumularsi nelle ossa, dove potrebbe causare mutazioni genetiche e cancro. La bioamplificazione si verifica quando una sostanza aumenta di concentrazione lungo la catena alimentare. Dalla bioamplificazione sono influenzate numerose variabili come la lunghezza della catena alimentare, il tasso di bioaccumulo all'interno di un organismo, l'emivita del nuclide (nel caso di sostanze radioattive) e la concentrazione della sostanza tossica nell'ambiente circostante. L'ecologo Eugene Odum osservò che, grazie alla bioamplificazione, è possibile rilasciare una «quantità innocua di radioattività, che la natura ce la restituisce in un pacchetto letale!» La stessa Carson sottolineò come la biamplificazione abbia portato a carichi pericolosamente elevati di stronzio-90 e cesio-137 nei corpi degli eschimesi dell'Alaska e dei lapponi scandinavi, che si trovano alla fine di una catena alimentare che comprende licheni e caribù.

Nell'edizione del 1961 di The Sea around us (Il mare intorno a noi), Rachel Carson, che era seriamente impegnata nella protesta contro lo scarico di rifiuti radioattivi negli oceani sollevò un interrogativo pregnante: «Che né è allora dell'attento calcolo di un 'livello massimo ammissibile' [di radioattività]? Dal momento che i piccoli organismi vengono mangiati da quelli più grandi e così via lungo la catena alimentare fino all'uomo. E a causa di tale processo, i tonni di un'area di un milione di miglia quadrate intorno all’area dei test della bomba di Bikini hanno sviluppato un grado di radioattività enormemente superiore a quello presente nell'acqua di mare».

La detonazione della bomba all'idrogeno Castle Bravo, nel marzo 1954 nell'atollo di Bikini, a cui ci stiamo riferendo, fu uno dei sessantasette test nucleari effettuati dagli Stati Uniti nelle Isole Marshall tra il 1946 e il 1958, e il più noto per i suoi effetti. La dimensione dell'esplosione (quindici megatoni, pari a mille volte la bomba sganciata su Hiroshima) fu più del doppio di quanto ci si aspettasse. Il fallout radioattivo ricadde sulle aree abitate delle Isole Marshall e su un peschereccio giapponese, il Lucky Dragon, che si trovava a circa ottanta miglia nautiche da Bikini (oltre a aver contaminato la vita oceanica in un'area molto vasta), provocando una controversia internazionale anche se gli Stati Uniti negarono la propria responsabilità. [8]

Una figura chiave che collega la critica scientifica del fallout nucleare e delle conseguenze ambientali e più in generale alle lotte dei movimenti sociali, con cui Carson si identificò strettamente, fu il biologo e socialista Barry Commoner. Sul modello della precedente campagna per il latte puro organizzata dalle donne di St. Louis, nel 1956 Commoner discusse con l'amica e attivista marxista Virginia Brodine la possibilità di organizzare una campagna di test da eseguire sul latte per identificare la presenza di stronzio-90. Ciò portò alla formazione, nell'aprile del 1958, del Greater St. Louis Citizens Committee for Nuclear Information (CNI) - Committee for Environmental Information, dopo il 1963 - che riuniva scienziati (la "divisione tecnica" del CNI) e attivisti. Il CNI avviò subito la famosa indagine sui denti dei neonati per esaminarne l'eventuale presenza di stronzio-90. Carson lodò le critiche di Commoner sull'incapacità del sistema di affrontare problemi come l'inquinamento atmosferico ancor prima dell'introduzione di una nuova tecnologia potenzialmente pericolosa. Nel suo discorso del 1963 su "Our Polluted Environment" (Il nostro ambiente inquinato) ha sottolineato l'importanza della ricerca del CNI sugli effetti del fallout radioattivo. [9]


Carson e l'ecologia degli ecosistemi

Negli anni in cui Rachel Carson fu attiva, la sua coscienza ambientale subì una influenza molto importante grazie all’ascesa dell’ecologia degli ecosistemi e i nuovi sviluppi della teoria evolutiva.

In quel periodo l'ecologia era ancora un campo in fase embrionale e il concetto chiave di "ecosistema" era stato introdotto solo pochi decenni prima, nel 1935, dall'ecologo britannico Arthur Tansley. Tansley era un socialista di stampo fabiano che aveva studiato con il principale biologo darwiniano del suo tempo, E. Ray Lankester. Lankester era un materialista convinto, un critico precoce e acuto del degrado ecologico e un giovane amico di Karl Marx, presente al funerale di quest'ultimo.

Alla fine degli anni Venti e negli anni Trenta, il nuovo campo dell'ecologia era dominato da concezioni teleologiche (che enfatizzavano la finalità della natura, emanata da cause finali) associate al lavoro di Frederick Clements negli Stati Uniti e di Jan Christian Smuts e dei suoi collaboratori in Sudafrica. (Smuts, che fu primo ministro sudafricano, fu una delle figure principali nello stabilire i presupposti per il sistema dell'apartheid). Incuriosito dalle interpretazioni idealistiche/razziste dell'ecologia proposte da Smuts e dai suoi seguaci, Tansley sviluppò il concetto di ecosistema come alternativa materialista all'olismo teleologico di Smuts. «Sebbene gli organismi possano essere oggetto del nostro interesse primario», scrisse, «non possiamo separarli dal loro ambiente, con il quale formano un unico sistema fisico.... Questi ecosistemi, come possiamo chiamarli, sono di tipologie di e di varie dimensioni. Essi costituiscono una categoria dei numerosi sistemi fisici dell'universo, che vanno dall'universo nel suo complesso fino all'atomo». Tansley era profondamente preoccupato per «le attività umane distruttive del mondo moderno». «L'ecologia», sosteneva, «deve essere applicata alle condizioni causate dall'attività umana» e a questo scopo il concetto di ecosistema, che situa tutta la vita all'interno di un ambiente materiale più ampio e penetra "sotto le forme delle entità 'naturali'", era la forma essenziale di analisi. [10]

Un altro dei fondatori della moderna analisi degli ecosistemi fu lo zoologo britannico Charles Elton, stretto collaboratore di Tansley, il cui lavoro sarebbe stato fondamentale per lo sviluppo della critica ecologica di Carson. Elton era famoso per la sua opera pionieristica Animal Ecology del 1927. Tuttavia, fu il suo libro successivo, The Ecology of Invasions by Animals and Plants (1958), in cui utilizzò il nuovo concetto di ecosistema, a ispirare gran parte dell'argomentazione di Primavera silenziosa. In una potente condanna ecologica dei pesticidi di sintesi, Elton dichiarò che «questa sorprendente pioggia di morte su gran parte della superficie terrestre» era sostanzialmente inutile e minacciava "il delicato sistema organizzativo delle popolazioni» in un dato ecosistema. Esistono «altri e più duraturi metodi per salvaguardare la ricchezza organica del mondo» che enfatizzano la complessità e la diversità piuttosto che la semplificazione biologica. Sostenne che l'uso sconsiderato della guerra chimica contro gli esseri viventi, come affermava l'ecologo e ambientalista statunitense Aldo Leopold, riflette il fallimento di un sistema basato su valori economici che non lasciano posto a quelli più vasti di una comunità biotica. Egli sottolineò che queste azioni potrebbero un giorno essere considerate al pari degli «gli eccessi dello sfruttamento coloniale». Carson citò la dichiarazione di Elton sulla 'pioggia di morte' nella lettera dell'aprile 1959 al New York Times, con la quale aprì il suo attacco ai pesticidi; la citerà di nuovo in Primavera silenziosa come leitmotiv del suo capitolo Disinfestazioni aeree indiscriminate. [11]

L'analisi di Elton fornì le basi per il lavoro dell'amico e socio di Rachel Carson, Robert Rudd, professore di zoologia all'Università della California. Nell'aprile del 1958 Carson contattò Rudd per la prima volta, per farsi aiutare nelle sue ricerche sui pesticidi e per ottenere alcune delle sue pubblicazioni sull'argomento. Il rapporto tra Rudd e Carson si cementò quando in estate Rudd andò a farle visita con i figli nel suo cottage nel Maine e tra i due si instaurò una forte amicizia e uno stretto rapporto di lavoro.

Rudd fu un sofisticato pensatore di sinistra con un profondo senso dell'ecologia, della sociologia e dell'economia politica del problema dei pesticidi. Quando incontrò Carson aveva già iniziato a scrivere il suo libro sull'argomento, finanziato dalla Conservation Foundation. Nel 1959 scrisse due articoli per "The Nation" :The Irresponsible Poisoners [Gli avvelenatori irresponsabili], in maggio e Pesticides: The Real Peril [Pesticidi: il vero pericolo], in luglio. L'articolo The Irresponsible Poisoners sosteneva che l'uso di pesticidi mortali come il DDT si basava sulla errata priorità della produzione rispetto a tutti gli altri valori. «La sovrapproduzione si è imposta su di noi come una peste. L'uso di prodotti chimici per aumentare la produzione è continuamente ribadito; e pochi si fermano a chiedersi: perché?». In Pesticides: The Real Peril sostenne che la ragione principale per cui tali sostanze chimiche sono necessarie - e anche l'effetto principale del loro utilizzo in una sorta di circolo vizioso auto-rinforzante - è l'estrema 'semplificazione' imposta all'ambiente dall'agricoltura industriale. Alla domanda sul perché della crescente dipendenza da queste sostanze chimiche mortali, «un ecologo risponderebbe ... semplificazione dell'ecosistema, [che] è il risultato della maggior parte delle attuali pratiche di produzione negli Stati Uniti». L'unico modo efficace per affrontare il problema sarebbe, quindi, quello di cambiare le pratiche di produzione: «coltivare la diversità ecologica» e affidarsi al controllo biologico. «Per il bene di tutti noi, le tecniche chimiche devono lasciare il posto alla priorità ecologica. La coltivazione della diversità dell'ecosistema produrrà sicurezza delle colture, produttività duratura [e] riduzione dei rischi chimici». Il sistema emergente dell'agrobusiness globale deve essere messo in discussione fin dall'inizio: «La nostra esportazione del know-how agricolo americano potrebbe rendere un pessimo servizio ai paesi "interessati».

Per la stesura di due capitoli di Primavera silenziosa (Conseguenze dell’uso degli insetticidi sulla vita degli uccelli e Cause dirette ed indirette della morte dei pesci) Carson fece riferimento alle ricerche di Rudd. Inoltre gli articoli di Rudd su Nation ispirarono la prima opera di Murray Bookchin sull'ecologia Our Synthetic Environment pubblicata nel 1962 (lo stesso anno di Primavera silenziosa) con lo pseudonimo di Lewis Herber.

La critica ecosistemica di Rudd all'industria dei pesticidi e all'agrobusiness nel suo complesso fu così profonda che si trovò sotto attacco da parte degli interessi costituiti e la sua stessa posizione universitaria fu messa a rischio. A differenza di Carson, egli non era uno scrittore indipendente, ma un professore universitario del Land Grant College e la sua carriera dipendeva sia dalle pubblicazioni che dalle valutazioni dei colleghi. La sua opera principale, Pesticides and a Living Landscape [Pesticidi e paesaggio vivente], fu completata prima di Primavera silenziosa. Ma l'editore a cui la Conservation Foundation aveva affidato il manoscritto lo rifiutò in quanto 'polemico'. Quindi il manoscritto venne offerto alla University of Wisconsin Press, dove fu esaminato da diciotto revisori, tra cui l'intero dipartimento di entomologia dell'Università, il risultato che ottenne fu il record del maggior numero di revisori per quella casa editrice e lunga fu la decisione se pubblicarlo o meno. Di conseguenza, Pesticides and a Living Landscape fu pubblicato solo nel 1964, l'anno della morte di Carson. Il libro ottenne più di 200 recensioni, con un giudizi prevalentemente favorevoli, ma tutto questo costò la promozione di Rudd presso l'Università della California a Davis, con serie ripercussioni per la sua carriera. Nel 1964 senza preavviso fu rimosso dal suo posto alla California Agricultural Experiment Station.

Non c'è dubbio che Pesticides and a Living Landscape fosse un'opera brillante nonché una devastante critica delle pratiche ambientali esistenti. Rudd esplorò in profondità le più ampie questioni sistematiche legate alle trasformazioni degli ecosistemi associata all'applicazione dei pesticidi di sintesi, per Carson l’obiettivo principale era quello di far conoscere al pubblico la natura mortale dei pesticidi stessi, compito che non le riuscì pienamente. Secondo Rudd, 'il problema generale' potrebbe essere sintetizzato:

«Per consentire la produzione economicamente sostenibile di alimenti e fibre commerciabili, i sistemi di coltivazione sono stati necessariamente semplificati dal punto di vista ecologico. La conseguenza più frequente è un ecosistema squilibrato in cui alcune specie di organismi aumentano numericamente oltrepassando la soglia di tolleranza. Per definizione, queste specie diventano infestanti....Produzione e protezione [dagli infestanti] sono facce della stessa medaglia. Non possono essere biologicamente separate ... Non possiamo più permetterci di liquidare in modo frammentario i problemi 'separati' che derivano dalla presenza incontrollata di sostanze chimiche negli ambienti di vita. Non esistono problemi separati».

Per quanto riguarda i rischi derivanti dall’uso di pesticidi per gli esseri umani, Rudd sottolineò che «sarebbe imbarazzante per i nostri 'esperti' sapere che si verificano effetti significativi a lungo termine. Centottanta milioni di cavie umane [negli Stati Uniti] avrebbero pagato a caro prezzo la loro fiducia».

Per Carson, il concetto di ecosistema emerse come base di una sfida radicale alla nozione di dominio umano sulla natura. La moderna scoperta «del fatto che l'uomo, come tutte le altre creature viventi, è parte dei vasti ecosistemi presenti sulla terra, soggetto alle forze dell'ambiente», sosteneva l'autrice, era alla pari (e in definitiva inseparabile) dalla teoria dell'evoluzione di Darwin. L'ovvio corollario di questa visione evolutivo-ecologica è che «l'uomo è sottoposto alle stesse influenze ambientali che controllano la vita di le molte migliaia di altre specie, e a cui è legato da vincoli evolutivi». [12]

Fondamentali per la formazione della critica ecologica della Carson furono i nuovi sviluppi della teoria evolutiva e della teoria dell'origine della vita. Nel 1924 venne introdotta una spiegazione materialista dell'origine della vita, quando il biochimico sovietico A. I. Oparin sviluppò l'ipotesi che la vita fosse sorta prima che l'ossigeno fosse presente nell'atmosfera (permettendo ai raggi solari di operare più efficacemente per promuovere la vita sulla Terra), da un corpo d'acqua gradualmente arricchito di molecole organiche, in seguito denominato 'oceano di Oparin' o 'brodo primordiale'. In qualche modo la vita è emersa quando queste molecole si sono raggruppate e poi auto-organizzate in un sistema chimico capace di auto-replicarsi. Idee simili furono sviluppate separatamente nel 1929 dal biologo e marxista britannico J. B. S. Haldane, che fu una delle figure principali nello sviluppo della sintesi neodarwiniana che collega la teoria evolutiva di Darwin al nuovo campo della genetica. Questo approccio generale alle origini della vita fu portato avanti sperimentalmente, all'inizio degli anni Cinquanta, dal chimico di Chicago Harold Urey e dal suo studente Stanley Miller, che riuscirono a produrre aminoacidi, i mattoni delle proteine, replicando in laboratorio le condizioni terrestri primitive. Carson fu chiaramente colpita da questa nuova e influente teoria scientifica sull'origine della vita e dalla prospettiva evolutiva-ecologica unificata che ne derivò. Il suo libro Il mare intorno a noi iniziava con il mare come scenario «per la creazione della vita dalla non-vita».

Una delle concezioni fondamentali di questa teoria dell'origine della vita, risalente a Oparin e Haldane (e derivata dalla concezione della biosfera di V. I. Vernadsky), era che la vita avesse essa stessa alterato l'atmosfera generando l'ossigeno e lo strato di ozono, rendendo non più possibile la creazione spontanea di nuova vita dalla non-vita. Carson, nel suo intervento su The Pollution of Our Environment [L'inquinamento del nostro ambiente], ha dato enorme importanza a questo punto e al suo significato per una critica ecologica, sostenendo che:

«Da tutto ciò possiamo generalizzare che, fin dall'inizio del tempo biologico, c'è stata la più stretta interdipendenza possibile tra l'ambiente fisico e la vita che esso sostiene. Le condizioni della “giovane” terra hanno prodotto la vita; la vita ha poi subito modificato le condizioni della terra stessa, in modo che questo singolo atto straordinario di generazione spontanea non potesse essere ripetuto. In una forma o nell'altra, l'azione e l'interazione tra la vita e l'ambiente circostante continua da allora.»

«A mio avviso, questo fatto storico ha un significato più che accademico. Una volta accettato si può capire perché non possiamo continuare ad aggredire l’ambiente, come stiamo facendo, restando impuniti. Ogni serio studioso della storia della terra sa che né la vita né il mondo fisico che la sostiene possono esistere in piccoli compartimenti separati. Al contrario, riconosce la straordinaria unità tra gli organismi e l'ambiente. Per questo motivo sa che le sostanze nocive rilasciate nell'ambiente tornano a creare problemi all'umanità.... La branca della scienza che si occupa di queste interrelazioni è l'ecologia....Non possiamo pensare all'organismo vivente come isolato; né possiamo pensare all'ambiente fisico come a un'entità separata. I due esistono insieme, ognuno agisce sull'altro per formare un complesso ecologico o un ecosistema.» [13]

Ecosistemi così complessi e in evoluzione erano [per la Carson] entità altamente dinamiche. Di conseguenza, i cambiamenti che stavano subendo erano spesso imprevisti, fino a quando non sarebbe stato troppo tardi.

In tutta la sua opera Carson sottolineò il carattere evolutivo e l'interconnessione del mondo naturale. È questo che conferisce ai suoi scritti naturalistici una qualità mozzafiato. In un'analisi approfondita della trilogia sul mare di Carson -Under the Sea Wind (1941), The Sea Around Us (1951), and The Edge of the Sea (1955)- insieme a Primavera silenziosa, Mary McCay ha ricondotto questa qualità della scrittura di Carson al concetto fondamentale, introdotto fin dall'inizio della sua opera, di 'immortalità materiale'. Come scrisse la Carson nel 1937 nell'articolo Undersea, le varie forme di vita sono «disciolte nella sostanza che le compone», come risultato delle «inesorabili leggi del mare.». Di conseguenza, «i singoli elementi si perdono alla vista, per poi riapparire in forme diverse, in una sorta di immortalità materiale.». Come scienziata, Carson si avvicinò al mondo naturale da un punto di vista materialista, rifiutando tutte le spiegazioni non naturalistiche. Una volta, quando sua madre le disse che Dio aveva creato il mondo, lei rispose: «Sì e la General Motors ha creato la mia Oldsmobile. Ma la domanda è, come?». L'evoluzione di una complessa rete di vita era tutto. [14]


L'ecologia come forza radicale

L'intenso studio della Carson sull'ecologia degli ecosistemi, nel contesto del suo lavoro su Primavera silenziosa, accentuò questa comprensione materialista, trasformandola in una forza radicale. Al momento della sua morte aveva un contratto per la pubblicazione di un libro che prevedeva un esame filosofico dell'ecologia e stava raccogliendo materiale per uno studio scientifico sull'evoluzione. I due argomenti erano ovviamente collegati nella sua mente e dovevano indubbiamente costituire la base di una critica approfondita dell'attuale relazione dell'uomo con la terra. [15]

Questo la mise in diretto conflitto con i poteri forti. Per gli interessi economici dominanti, come osservò il suo editore e biografo Paul Brooks, «la cosa davvero spaventosa» era che Rachel Carson «stava mettendo in discussione l'intero atteggiamento della società industriale nei confronti del mondo naturale. Questa era un'eresia e doveva essere soppressa». La stessa Carson era ben consapevole che la sua prospettiva ecologica radicale la metteva in contrasto con un sistema orientato all'espansione della produzione privata a tutti i costi. Nel corso della stesura di Primavera Silenziosa studiò La società opulenta di John Kenneth Galbraith, che sollevava la questione della ricchezza privata della miseria pubblica, cioè delle diseconomie esterne del sistema di mercato, che imponevano costi sociali e ambientali alla società e alla natura. [16]

Nel rispondere agli attacchi a Primavera silenziosa, Carson si lamentò dell'«enorme flusso di propaganda che bloccava la scienza razionale e i valori ecologici». Inveì contro le agevolazioni fiscali concesse ai lobbisti delle corporation e attaccò le notevoli sovvenzioni private alle università attraverso le quali le aziende cercavano di comperare una 'facciata scientifica' per le loro operazioni. Dietro a tutto questo c'era la domanda che lei sollevava continuamente: «Cosa succede... quando l'interesse pubblico viene contrapposto ai grandi interessi commerciali?».

La Carson non aveva dubbi sull'esistenza di un conflitto inconciliabile tra interessi economici e ambientali nella società contemporanea. Per questo lamentava la promozione di un 'intensivismo' estremo nella produzione alla ricerca di maggiori profitti, in particolare per quanto riguarda il maltrattamento degli animali. Il sistema economico, sottolineava l'autrice in linea con Rudd, è orientato alla 'sovrapproduzione' a spese dell'ambiente. Nella nostra società, dominata dalla logica del possesso materiale, la vita è stata distrutta perché gli affari sono «accecati dal simbolo del dollaro». Infatti, «il mondo moderno», dichiarava, «adora gli dei della velocità e della quantità, del profitto facile e veloce, e da questa idolatria sono sorti mali mostruosi». Aggiungeva che «la lotta contro la massiccia forza dell'industria è troppo grande perché uno o due individui... possano gestirla» - un'opinione che richiedeva chiaramente la formazione di un movimento ambientalista per contrastare il potere dell'industria. [17]

Ciò che più di ogni altra cosa sembrò irritare l'industria chimica, nel libro di Rachel Carson, fu la scelta di iniziare Primavera silenziosa con un espediente letterario: Una favola per il domani, il racconto di «una città... dove tutta la vita sembrava in armonia con l'ambiente circostante», e che imprudentemente, quasi a sua insaputa, introduceva al suo interno sostanze chimiche di distruzione. Per Carson un 'lugubre spettro' perseguitava la moderna società industriale e avida, minacciando di far tacere la primavera. La sua favola era chiaramente 'per il domani' in due sensi: rappresentava sia una minaccia senza precedenti per tutta la vita, sia la possibilità di superarla. La cosa peggiore che la società potrebbe fare è rimanere immobile di fronte a una tale minaccia. A riprova del suo ampio progressismo, scrisse altrove: «i cambiamenti e l'evoluzione di nuovi modi di vivere sono naturali e nel complesso auspicabili». [18]

Oggi molti degli stessi problemi evidenziati dalla Carson persistono, spesso in forme più incisive. E, non può essere altrimenti, per un sistema che, per sua stessa natura, deve crescere (a un tasso superiore alla crescita demografica) per non incorrere in gravi crisi, nel quale la forza motrice dell’economia è produrre profitti sempre maggiori. Un esempio di come le priorità economiche prevalgano sugli approcci ecologici può essere visto nel caso dei coltivatori di fragole in California, che non possono guadagnare molto se ruotano le colture e tolgono terreno alle fragole. Per questo motivo, "devono" usare un biocida, il bromuro di metile (attivo nell'esaurimento dello strato protettivo di ozono atmosferico a un livello cinquanta volte superiore a quello dei CFC), per uccidere i parassiti del suolo che sarebbero neutralizzati da un approccio più ecologico alla coltivazione delle fragole. Per dare un'idea di quanto sia significativo il problema dell'uso dei pesticidi, nel 2006 circa il 64% dei prodotti freschi e il 59% della frutta e della verdura lavorata, analizzati dal Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, contenevano livelli rilevabili di residui di pesticidi. [19]

Allo stesso modo, gli allevatori che utilizzano metodi di allevamento in cui gli animali sono ammassati in condizioni disumane 'devono', ci dicono, usare abitualmente antibiotici (una forma di pesticida, ovviamente) per cercare di far crescere gli animali in modo ragionevolmente veloce. Questo porta non solo a residui di antibiotici nella carne, ma anche allo sviluppo di microbi resistenti agli antibiotici. Allevare gli animali in un sistema meno stressante e più umano, usando gli antibiotici solo quando gli animali si ammalano davvero, porta a costi di produzione più elevati e quindi è rifiutato dai principi del mercato - quello che Carson chiamava «gli dei del profitto e della produzione». Sebbene si stia sviluppando un interesse pubblico per i prodotti agricoli ottenuti con metodi biologici e per gli animali allevati in modo 'umano', si tratta ancora di mercati di nicchia.

Il governo degli Stati Uniti si è dimostrato particolarmente sensibile nei confronti del desiderio delle imprese di avere la mano più libera possibile nel continuare a introdurre nuove sostanze chimiche nell'ambiente. Per questo motivo si è opposto all'obbligo di eliminare i potenziali pericoli. Come sottolineato in un recente articolo del New York Times: «Gli Stati Uniti hanno mantenuto i loro sistemi di regolamentazione delle sostanze chimiche risalenti a 30 anni fa, che rendono difficile per le agenzie vietare le sostanze chimiche o richiedere test industriali. Mentre il governo ha collaborato con l'industria su base volontaria, per studiare ben 2.000 sostanze chimiche e per eliminarne gradualmente alcune, dal 1976 ha imposto lo studio di sole 200 sostanze chimiche e limitato l'uso di solo 5.» [20]

Oltre a questi problemi persistenti, associati all'introduzione di sostanze chimiche di sintesi nel nostro ambiente, rimane l'insieme più ampio di pericoli ecologici affrontati dalla Carson. È stata questa critica ecologica più ampia, che mise in discussione l'intera natura del sistema produttivo moderno, a rappresentare il suo contributo più duraturo. Lungi dall'essere la figura tranquilla, pudica e di establishment di cui si sente spesso parlare oggi, la Carson rappresentò in realtà una voce sfidante e radicale. Come scienziata e scrittrice si spinse oltre i limiti di ciò che è consentito nei 'circoli educati', allertando e stimolando il pubblico. Quando fu attaccata dall'industria, mantenne la sua posizione, andando alla radice del problema. Esortò, in particolare, coloro che sono responsabili della crescita e dell'educazione dei bambini a rifiutare «la sterile preoccupazione per le cose artificiali, l'alienazione dalle fonti della nostra forza.» [21]

Rachel Carson trascorse la maggior parte della sua vita scoprendo e descrivendo con amore il 'mare che ci circonda'. Ma con l'eleborazione della sua critica ecologica, percependo la distruttività dello scontro sociale con l'ambiente, cercò non solo di spiegare il mondo, ma di cambiarlo.


Note

[1] Rachel Carson, Lost Woods (Boston: Beacon Press, 1998), 210, Silent Spring (Boston: Houghton Mifflin, 1994), 13, (Trad. it. Primavera silenziosa, Milano, Feltrinelli, 2016), 34; Mark Hamilton Lytle, The Gentle Subversive (New York: Oxford University Press, 2007).

[2] Lytle, The Gentle Subversive, 184; Carson, Primavera silenziosa, 282-302; Appendix IV, “Recommendations of the President’s Scientific Advisory Committee on the Use of Pesticides,” in Robert L. Rudd, Pesticides and the Living Landscape (Madison: University of Wisconsin Press, 1964), 297.
 
[3] I dati sui principi attivi dei pesticidi qui citati si riferiscono semplicemente ai "pesticidi convenzionali" (erbicidi e insetticidi) ed escludono i conservanti del legno (fungicidi) e altri ingredienti presenti nell'elenco ampliato dell'EPA. Carson, Primavera silenziosa, 35; Shirley A. Briggs, “Thirty-Five Years with Silent Spring,” Organization & Environment, 10:1 (March 1997), 73–84; Al Gore, “Introduzione a, Primavera silenziosa, 7-18; Carson, Lost Woods, 218, 244; Dan Fagin and Marianne Lavelle, Toxic Deception (Monroe, Maine: Common Courage Press, 1999); Theo Colborn, et. al., Our Stolen Future (New York; Dutton, 1996); “Sperm in the News,” Rachel’s Environment and Health Weekly, January 18, 1996; Audubon, “Reduce All Pesticides But Eliminate Those Used on the Lawn,” http://www.audubon.org/bird/at_home/ReducePesticideUse.html.

[4] Carson citata in Paul Brooks, The House of Life (Boston: Houghton Mifflin, 1989), 301–02; Carson, Primavera silenziosa, 219, Carson, Lost Woods, 106–09.

[5] Carson, Primavera silenziosa, 55. Sugli effetti mutageni degli organoclorurati, compresi alcuni pesticidi, vedi Joe Thornton, Pandora’s Poison (Cambridge, Massachusetts: MIT Press, 2000), 84–85.

[6] Loren R. Graham, Science and Philosophy in the Soviet Union (New York: Alfred A. Knopf, 1972), 451–53; H. J. Muller, “Lenin’s Doctrines in Relation to Genetics” (1934) in Graham, Science and Philosophy, 463; Elof Axel Carlson, Genes, Radiation, and Society (Ithaca: Cornell University Press, 1981). Muller era una figura controversa anche sotto un altro aspetto, a causa della sua difesa dell'"eugenetica progressiva". Il suo impegno umanistico complessivo era, tuttavia, evidente. Nel 1963 ricevette il premio“humanist of the year” dall’American Humanist Association.

[7] H. J. Muller, “Silent Spring” (review), New York Herald Tribune, September 23, 1962.

[8] Barry Commoner, Science and Survival (New York: Viking, 1966); Joel B. Hagen, An Entangled Bank (New Brunswick, NJ: Rutgers University Press, 1992), 100–07, 115–18; Richard Rhodes, Dark Sun (New York: Simon and Schuster, 1995), 541–42; Tokue Shibata, “The H-Bomb Terror in Japan,” Monthly Review 4, no. 2 (June 1954): 72–76; Eugene P. Odum, Fundamentals of Ecology (Philadelphia: Saunders, 1959), 467; Carson, Lost Woods, 108–09, 237–38; “U.S. Nuclear Testing Program in the Marshall Islands,” http://www.nuclearclaimstribunal.com; Helen Caldicott, Nuclear Power is Not the Answer (New York: New Press, 2006), 64, 73.

[9] Virginia Brodine, Green Shoots and Red Roots (New York: International Publishers, 2007), 3–10; Carson, Lost Woods, 232, 240. Briggs è stato redattore di Nuclear Information, pubblicata dal Committee for Nuclear Information (in seguito Science and Citizen) dal 1962 al 1969.

[10] A. G. Tansley, “The Use and Abuse of Vegetational Concepts and Terms,” Ecology 16, no. 3 (July 1935): 299, 303–04. Nello sviluppare il suo concetto di ecosistema, Tansley è stato influenzato dall'analisi dialettica dei sistemi presentata dal matematico marxista britannico Hyman Levy in The Universe of Science (New York: The Century Co., 1933).

[11] Charles Elton, The Ecology of Invasions by Animals and Plants (London: Methuen and Co., 1958), 137–42; Carson, Lost Woods, 190; Primavera silenziosa, 167.

[12] Robert L. Rudd, “The Irresponsible Poisoners,” The Nation (May 30, 1959), 496–97, “Pesticides: The Real Peril,” The Nation (November 28, 1959), 399–401, Pesticides and the Living Landscape, 154–55, 284–91; Frank Graham Jr., Since Silent Spring (Boston: Houghton Mifflin, 1970), 167–69; Linda Lear, Rachel Carson (New York: Henry Holt, 1997), 331–32; Murray Bookchin (sotto lo pseudonimo di Lewis Herber), Our Synthetic Environment (New York: Knopf, 1962), 55–61; Carson, Lost Woods, 244–45.

[13] Robert M. Hazen, Genesis (Washington D.C.: John Henry Press, 2005), 85–90; J. D. Bernal, The Origin of Life (New York: World Publishing Co., 1967); Rachel Carson, The Sea Around Us (New York: Oxford University Press, 1989), 7, (Trad. it. Il mare intorno a noi, Prato, Piano B, 2019), 9; Carson, Lost Woods, 230–31.

[14] Mary McCay, Rachel Carson (New York: Twayne Publishers, 1993), 23–24, 42–43, 109.

[15] Carson, Lost Woods, xi.

[16] Brooks citato in Shirley A. Briggs, “Rachel Carson,” in Gino J. Marco, et. al., ed., Silent Spring Revisited (Washington, D.C.: American Chemical Society, 1987), 6; Lear, Rachel Carson, 334.

[17] Carson, Lost Woods, 162, 194–95, 218, 220–21, Carson, Primavera silenziosa, 34; Carson citata in Lytle, 178–79.

[18] Carson, Primavera silenziosa, 23-25; Lost Woods, 89.

[19] U.S. Department of Agriculture, Pesticide Data Program, Annual Summary, Calendar Year 2006 (December 2007), x, http://www.ams.usda.gov.

[20] "Meythyl Bromide Still Finds its Way into U.S. Fields,” San Francisco Chronicle, November 24, 2007; “Everyday Items, Complex Chemistry,” New York Times, December 22, 2007.

[21] Rachel Carson, The Sense of Wonder (New York: Harper and Row, 1965), 43.




Le implicazioni di Primavera silenziosa ... vanno ben oltre la vita degli insetti e degli uccelli; ben oltre la salute, la capacità riproduttiva e la vita dei singoli esseri umani, e certamente ben oltre il nervo scoperto dell'industria chimica.... Visto nei suoi aspetti più ampi e considerato alla luce delle sue probabili conseguenze, il tema di Primavera silenziosa ha una caratteristica di universalità che è stata solo accennata in libri simili sulla guerra, sulla schiavitù e sulle insalubri condizioni della lavorazione della carne [come Guerra e pace, La capanna dello zio Tom e La giungla].
Primavera silenziosa è un libro che dovrebbe portare il ragionevole uomo moderno a confrontarsi con l'immane disastro verso il quale si sta dirigendo con la velocità di un super-jet....

L'uomo moderno, sfruttando l'immenso potenziale del Power Age [Era del Potere], ha vinto la sua guerra contro gli animali, li ha schiavizzati (addomesticati) e li ha usati per il cibo, il potere o per lo sport. Sta vincendo la sua guerra contro la vegetazione arando i pascoli, macellando le foreste, spianando la terra e spruzzando veleni sulle piante infestanti (erbacce). L'uomo è impegnato in una selvaggia guerra chimica contro gli insetti e le altre forme di vita che minacciano la sua salute o interferiscono con i suoi progetti o le sue imprese. Sta portando avanti una guerra fredda-calda contro coloro che non condividono i suoi ideali e le sue teorie o che mettono in discussione le sue pratiche. In una parola, la civiltà occidentale dell'attuale generazione sta ripetendo il ciclo seguito dalle civiltà precedenti: iniziando con l'enfasi sulla produzione e il consumo, continuando, nel XIX secolo, con accumulo di eccedenze e sprechi stravaganti, per arrivare alla terza fase del ciclo, all'inizio del XX secolo, con la distruttività suicida ....

L'alternativa? Imparare a vivere e lasciare vivere; o, meglio ancora, vivere e aiutare a vivere.


Scott Nearing, "Lamento per gli uccelli canori avvelenati/Coesistenza o sterminio".

Monthly Review, novembre 1962.





John Bellamy Foster e Brett Clark

Traduzione di Vincenzo Riccio - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Monthly Review 01.02.2008


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