Fonte: The Elephant - 23.10.2023
In Africa, le politiche di “Green Revolution” arricchiscono i giganti dell'alimentazione, mentre accrescono la fame e spremono i piccoli agricoltori.
Dal 5 all'8 settembre di quest'anno, a Dar es Salaam, in Tanzania, i donatori, i governi e i leader economici hanno tenuto un ennesimo e poco incisivo African Green Revolution Forum (AGRF). Poco clamore, pochi annunci importanti e nessun accenno ad un contributo significativo verso i piccoli agricoltori, i presunti beneficiari dell'ex Green Revolution per l'Africa. La richiesta degli agricoltori tanzaniani di sedersi al tavolo, per un confronto collaterale più critico, è stata respinta.
Alcuni dicono che se non hai un posto a tavola, probabilmente sei nel menu. È così che si sentono gli agricoltori zambiani. Lo Zambia è uno dei numerosi paesi presi di mira per i cosiddetti “agro-poli”, aree di terreno di 250.000 acri, spesso sottratti alle comunità locali per attirare investimenti agroalimentari. Un vero e proprio menu.
«Dove sono i contadini?», ha chiesto il leader tanzaniano Juma Shabani in una conferenza stampa del 30 agosto organizzata dall'Alliance for Food Sovereignty in Africa (AFSA). «Sono ovviamente esclusi dall’incontro dell'AGRF del 2023 in Tanzania, un paese con più del 70% della popolazione impiegata nell'agricoltura».
Alla conferenza stampa del 30 agosto, i leader agricoli di Kenya, Uganda, Mali, Zimbabwe e Zambia hanno denunciato i fallimenti dell'Alliance for a Green Revolution in Africa (ora nota semplicemente con l'acronimo AGRA, dopo aver eliminato le parole “Green Revolution” dal suo nome). E hanno denunciato l'indebita influenza che l'organizzazione, finanziata dall'estero, esercita sulle politiche dei governi africani.
«L'intervento diretto e l'influenza dell'AGRA sulle politiche governative africane, in particolare in materia di sementi e biosicurezza, hanno fatto pendere la bilancia a favore dei fornitori di sementi commerciali e delle tecnologie della Green Revolution», si legge nel comunicato stampa dell'AFSA. «Questo livello di interferenza ha eliminato voci e approcci alternativi come l'agroecologia».
Questo è il terzo anno consecutivo che l'Alliance for a Green Revolution in Africa e i suoi alleati protestano contro la fede diligente dei fautori della Green Revolution per le sementi, i fertilizzanti ed i pesticidi. Gli unici cambiamenti che gli agricoltori hanno visto sono di pura facciata. Le parole "Green Revolution" sono state rimosse dal forum, che ora si chiama African Food Systems Summit. E AGRA ora non rappresenta letteralmente nulla. Ma le politiche della Green Revolution erano in bella mostra al vertice, nonostante i loro comprovati fallimenti.
La fame è aumentata a livelli allarmanti in tutta l'Africa subsahariana. I tredici paesi di riferimento di AGRA hanno visto crescere l’indigenza, poiché le sementi e i fertilizzanti fortemente sostenuti non sono riusciti a incrementare la produttività. Nel 2006, la Fondazione Bill e Melinda Gates e altri sponsor di AGRA avevano promesso di raddoppiare la produttività e i redditi, dimezzando l'insicurezza alimentare entro il 2020. Invece, secondo le Nazioni Unite, il numero di affamati cronici nei paesi AGRA è aumentato del 50%.
La Tanzania, ospite del vertice, ha visto crescere del 34% il numero di “denunutriti” da quando ha aderito ad AGRA. Si stima che il 59% dei tanzaniani soffra di discreti o gravi livelli di insicurezza alimentare.
Molti di costoro sono piccoli agricoltori e non sono seduti al tavolo dell'AGRF, ma sono sul menu mentre i "Green Revolutionaries" pianificano il loro prossimo progetto, sostenuto dalle imprese, per soppiantare i piccoli agricoltori con aziende agricole industrializzate.
L'ultimo assalto è stato condotto dalla African Development Bank (AfDB) nell'ambito della sua iniziativa «Feed Africa», che è stata appoggiata dalla Gates Foundation, dalla US Agency for International Development (USAID) e dalla stessa AGRA, che con la sua autoproclamata strategia «AGRA 3.0» sta facendo da promotore per spingere i governi africani a rendere le loro politiche più favorevoli all'agrobusiness.
Una severa analisi dei donatori, condotta lo scorso anno, ha riconosciuto che AGRA non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi di miglioramento della produttività e del benessere degli agricoltori. Ma, hanno osservato i valutatori, spesso è riuscita a cambiare le politiche. Così AGRA ha intensificato il suo lavoro per influenzare le politiche agricole.
Lo Zambia, che ha recentemente aderito ad AGRA, di cui è un obiettivo particolare, e ad AGRA 3.0, sembra disposto ad aggirare gli sforzi politici più democratici.
Dal 2021 lo Zambia sta sviluppando il suo secondo Piano Nazionale di Investimento per l'Agricoltura (NAIP II), il quadro di base per lo sviluppo agricolo. Dopo una costruttiva consultazione pubblica avvenuta durante la valutazione del NAIP I, i donatori e gli agricoltori zambiani sono rimasti sorpresi nel vedersi presentare un quadro di investimenti completamente diverso, redatto con il supporto di consulenti sponsorizzati dalla FAO e del consulente AGRA residente presso il Ministero dell'Agricoltura dal 2020.
Il Comprehensive Agriculture Transformation Support Programme (CATSP) non era in alcun modo progettato sul consenso e sulle raccomandazioni emerse dalla valutazione del NAIP I. Il voluminoso documento chiede un'ampia serie di riforme politiche favorevoli all'imprenditoria, volte a “consentire al settore privato” di assumere il controllo della produzione e della commercializzazione dell'agricoltura.
Perciò l'attenzione si concentra sulle filiere di valorizzazione delle materie prime per una produzione ristretta di colture commerciali. Si richiede più mais, soia e grano, invece di alimenti nutrienti e resistenti al clima come il miglio e il sorgo. Il piano prevede lo sviluppo di “aree agricole” di 250.000 acri per le aziende agricole industriali, spesso su terreni sottratti agli agricoltori e alle comunità locali.
Green Mbozi, Segretario Permanente per i Servizi Tecnici del Ministero dell'Agricoltura dello Zambia, ha dichiarato ai partecipanti a un incontro convocato dall'Economics Association of Zambia che «i piccoli proprietari inefficienti saranno eliminati (smetteranno di produrre) per spianare la strada alle grandi imprese commerciali che produrranno in modo efficiente per abbassare il costo del cibo». Il documento CATSP e gli strumenti di attuazione delle politiche ad esso allegati sono stati approvati in tutta fretta, con una “convalida nazionale” prevista per il 5 ottobre 2023, una mossa considerata deplorevole da molte organizzazioni di base.
Queste sono le politiche che derivano dall'approccio verticistico di AGRA allo sviluppo delle politiche agricole. La nuova strategia è stata preparata da consulenti stranieri con una consultazione ridotta delle parti interessate. La maggior parte dei piccoli agricoltori, delle organizzazioni della società civile e delle istituzioni religiose non erano presenti a quel tavolo, e i pochi che erano presenti sono stati portati da partner cooperanti o erano noti per essere alleati della Green Revolution. Il documento finale riflette questa esclusione, poiché gli interessi dei piccoli agricoltori non sono rappresentati.
L'USAID ha dimostrato il suo impegno a sostenere l'attuazione del piano una volta approvato. La African Development Bank sta finanziando programmi di questo tipo in tutto il continente, come ha documentato l'ONG internazionale GRAIN in un recente rapporto. Il suo direttore, l'ex ministro dell'Agricoltura nigeriano Akinwumi Adesina, si è vantato che l'agricoltura africana sarà «il nuovo petrolio».
A giudicare dalle dure parole pronunciate durante la conferenza stampa dell'Alleanza per la sovranità alimentare del 30 agosto, gli agricoltori africani non tollereranno un altro programma estrattivo imprenditoriale che non porti benefici ai poveri. Hanno chiesto ancora una volta che i donatori privati e bilaterali riconoscano i comprovati insuccessi dell'applicazione della Green Revolution e spostino il loro sostegno verso un'agricoltura ecologica incentrata sui contadini. I contadini che lavorano con gli agroecologi stanno ottenendo risultati di gran lunga migliori di quelli ottenuti da AGRA.
L'innovazione semplice e a basso costo del "sovescio" ha permesso agli scienziati di lavorare con circa 15 milioni di piccoli coltivatori di mais in Africa per piantare varietà locali di alberi e colture alimentari che fissano l'azoto nei loro campi di mais, triplicando la resa del mais senza alcun costo per l'agricoltore.
Alcuni agricoltori zambiani hanno abbandonato gli approcci fallimentari della Green Revolution. Organizzazioni come il Kasisi Agricultural Training Center hanno smesso di promuovere queste pratiche quando i loro agronomi hanno scoperto che gli agricoltori pagavano costi di produzione più alti ottenendo poco in cambio. Kasisi ora forma gli agricoltori all'agricoltura biologica, con risultati di gran lunga migliori.
La Zambian Alliance for Agroecology and Biodiversity lavora con un'ampia rete di “salvatori di semi” locali, per cercare di frenare la scomparsa delle varietà locali di colture alimentari, perse a causa delle sovvenzioni e della promozione della Green Revolution. Stanno ripristinando la biodiversità nei campi degli agricoltori.
Come ha detto Mamadou Goïta del Mali’s Institute for Research and Promotion of Alternatives in Development alla conferenza stampa del 30 agosto, «le cooperative agricole non hanno mai accettato queste soluzioni tecnologiche. La gente ha lavorato sui propri sistemi alimentari, per contrastare ciò che AGRA stava piantando».
«Gli africani amano l'agricoltura, è la spina dorsale della nostra economia», ha detto la moderatrice dell'evento Susan Nakacwa, dell'ONG internazionale GRAIN. «Ma quando si tratta di politiche agricole, questo amore non viene ricambiato».
È ora che i donatori tolgano i piccoli agricoltori dal menu. Permettere a consulenti stranieri di dirottare le politiche sviluppate per anni da tutte le parti interessate – comprese le cooperative agricole – come hanno fatto in Zambia, è un insulto alla sovranità e alla partecipazione democratica dello Zambia. L'USAID e gli altri donatori dovrebbero smettere di mettere gli agricoltori dello Zambia nel menu, minacciando le loro terre e i loro mezzi di sussistenza.
Ridate loro il posto a tavola. Meglio ancora, che entrino in cucina per programmare il loro magnifico menu di cibi africani, che rispettino le culture locali, ripristinino i terreni e rendano gli agricoltori più resilienti al cambiamento climatico, e non più vulnerabili.
Potrebbero anche decidere di utilizzare alcuni ingredienti della Green Revolution. Oppure no. Ma sarebbe una loro scelta. Questa è la sovranità alimentare: il diritto di scegliere senza pressioni da parte delle aziende e delle influenze straniere.
Articoli da Climate and Capitalism in traduzione italiana
Timothy A. Wise e Mutinta Nketani
Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org
Fonte: Climate&Capitalism 04.11.2023
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