Fonte: PNAS - 21.05.2018
Il testo in questione riassume una delle più complete ed ampie analisi della biomassa sul nostro pianeta ed evidenzia come essa sia composta per il 90% da piante, solo per lo 0,3 % da animali e per lo 0,01% da umani.
In più, una parte consistente della biomassa animale è composta in realtà da animali domestici, creati ad immagine e somiglianza dell’agrobusiness, l’altra faccia schiavizzata della vita su cui si regge l’intero edificio della società. Ne consegue che autotrofismo e simbiosi-endosimbiosi sono la regola, non certo l’eccezione, sicché emerge un quadro della vita assai differente da quello che il capitalismo ci ha voluto consegnare, imperniato sulla lotta di tutti contro tutti,* ove un barlume di welfare capitalistico viene a consolare una piccola parte della popolazione mondiale ed in cui la cooperazione e la socialità tra gli individui vengono immancabilmente sostituite dai soliti mercati delle indulgenze.
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* Si veda in proposito l’illuminante libro di Stefano Mancuso La nazione delle piante, specie per quanto riguarda i modelli sociali che emergerebbero in analogia al modus viventi delle piante, per nulla incongruenti a modelli sociali umani avutisi e teorizzati in alternativa al capitalismo, e ciò nonostante l’autore nei suoi testi ammicchi ad una “modernità capitalistico-tecnologica” che potrebbe derivare dai suoi studi sul mondo vegetale.
Giuseppe Sottile - Redazione di Antropocene.org
Fonte: PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America
L'impatto dell'umanità sulla biosfera
[...] La massa totale di tutti i tipi di esseri viventi è stimata in 550 miliardi di tonnellate equivalenti di carbonio (550GtC); questo equivale a dire che la massa è stimata con riferimento alla sola massa del carbonio presente nelle varie specie mentre gli altri elementi variano da caso a caso; dunque il totale effettivo è ben superiore; la stima si può fare in questi termini a causa del fatto che il rapporto fra carbonio ed altri elementi è ampiamente costante nei vari casi.
L’80% di questo totale è costituito dalle piante, dai produttori primari che fanno la fotosintesi; a loro volta le piante sono dominate dalle piante terrestri, che hanno occupato la terra anche grazie all’avvento della difesa anti-UV costituita dall’ozono, a sua volta disceso dalla produzione di ossigeno.
Questo elemento si è accumulato come rifiuto a partire da 2.5 miliardi di anni fa portando alla cosiddetta catastrofe dell’ossigeno, con espulsione dal ciclo della gran parte degli organismi anaerobi, rifugiatisi in poche zone povere di ossigeno (fondali marini, intestini degli animali, etc); questo portò all’accumulo di ozono e alla protezione della terra dagli UV che consentì poi la grande esplosione della vita del Cambriano di circa 530 milioni di anni fa sulla crosta.
Quello che vediamo ogni giorno sulla crosta è figlio della catastrofe dell’ossigeno.
Il secondo costituente della biomassa sono i batteri, circa 70GtC e circa il 15% del totale.
In ordine di importanza quantitativa seguono funghi, archaea (antichi batteri), protisti, animali e virus, che coprono il rimanente, inferiore al 10%.
Le biomassa che vive sopra il suolo costituisce il 60% del totale 320GtC (merito dell’ozono stratosferico), mentre le radici (130GtC) e i microbi del suolo e nelle superfici profonde (100GtC) costituiscono il grosso del rimanente.
La biomassa delle piante include per il 70% steli e tronchi degli alberi che sono per la maggior parte legno inerte. I batteri sono il 90% della biomassa profonda, sotto la superficie (aquiferi e fondo marino) con un metabolismo lento. Anche escludendo questi contributi comunque la biomassa globale rimane dominata dalle piante (150GtC di radici e foglie, 9GtC di batteri marini e terrestri e 12 GtC di funghi.
D’altra parte gli insetti dominano in termini di ricchezza di specie (circa 1 milione già descritte) mentre la loro biomassa è piccola. Alcune specie contribuiscono alla biomassa più di intere famiglie e classi.
Per esempio il krill antartico Euphausia superba contribuisce per 0.05GtC in modo comparabile a uomini e mucche. Stesso discorso per le termiti che così sorpassano tutti gli uccelli.
Fonte tabella: Internazionale n. 1257 maggio 2018
Durante il relativamente breve percorso dell’umanità nella storia della Terra, innovazioni come la domesticazione degli animali, l’agricoltura e la rivoluzione industriale hanno accresciuto la popolazione umana con effetti ecologici molto pronunciati. Oggi la biomassa umana è 0.06GtC e quella degli animali domestici 0.1 GtC. In confronto i mammiferi selvatici sono solo 0.007GtC. Anche per gli uccelli, quelli domestici sono circa tre volte più di quelli selvatici (0.005GtC a 0.002).
Di fatto gli uomini ed i loro animali superano tutti gli altri vertebrati esclusi i pesci. Ovviamente essi costituiscono solo una piccola frazione degli animali in complesso, che comprendono prima di tutto artropodi (1GtC) e pesci (0.7GtC).
Impressionante anche il paragone fra la biomassa attuale e quella preumana che dimostra l’impatto umano sulla biosfera.
L’attività umana ha contribuito alla scomparsa della megafauna fra 50.000 e 3.000 anni fa con una sua riduzione da 0.02GtC a 0.003GtC.
La caccia alla balena e agli altri mammiferi marini ha ridotto la loro massa di 5 volte (da ≈0.02 Gt C a ≈0.004 Gt C ).
Mentre la massa totale degli animali selvatici marini e terrestri è diminuita di un fattore 6, quella totale dei mammiferi si è accresciuta di 4 volte per merito della biomassa umana e degli animali domestici. (da ≈0.04 Gt C a ≈0.17 Gt C)
L’azione umana ha avuto anche impatto sullo stock di vertebrati, con una riduzione di 0.1GtC nella massa dei pesci, circa il 50% e all’aumento corrispondente di animali addomesticati.
L’impatto non si è limitato agli animali ma ha anche modificato profondamente la quantità di carbonio totale sequestrato dalle piante.
Si stima che la massa delle piante si sia dimezzata (e dunque anche la massa totale si è praticamente dimezzata) per azione dell’uomo. La biomassa totale delle specie coltivate dall’uomo è stimata in 10GtC che costituisce solo il 2% del totale delle altre piante rimanenti.
Claudio Della Volpe
Fonte: La Chimica e la Società - 28.05.2018
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