Fonte: Ecornetwork - 15.06.2021

In questa terza parte, gli autori dimostrano come gli allevamenti intensivi nelle megafattorie siano soggetti a una vasta gamma di malattie mortali e l’elevato volume di produzione predisponga a diverse patologie. Le dimensioni della popolazione di bestiame industriale può amplificare il salto di specie della malattia: maggiore è la dimensione delle aziende agricole, peggiore è il problema.


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Bestiame e pollame: Industrializzare l’evoluzione degli agenti patogeni

Una zootecnia nettamente monetizzata si palesa nelle epizoologie peculiari della nostra epoca.
Le condizioni delle megafattorie selezionano una vasta gamma di malattie mortali che smentiscono le invocazioni autoassolutorie dell’industria della “biosicurezza”.[1]

Tra i recenti patogeni prodotti dall’allevamento o di origine alimentare, emergenti e riemergenti,  di crescente letalità ed estensione epidemica troviamo la peste suina africana, Campylobacter, COVID-19, Cryptosporidium, Cyclospora, Ebola Reston, E. coli O157:H7, afta epizootica, epatite E, Listeria, virus Nipah, febbre Q, Salmonella, Vibrio, Yersinia, e un assortimento di nuove varianti dell’influenza A, tra cui H1N1 (2009), H1N2v, H3N2v, H5N1, H5N2, H5Nx, H6N1, H7N1, H7N3, H7N7, H7N9 e H9N2.[2]
Nel contrapporre l’ingegneria industriale di Frederick Taylor a Charles Darwin (e Marx), la crescita di vaste monoculture rimuove le barriere immunogenetiche che nelle popolazioni più diversificate interrompono l’espandersi della trasmissione.[3]

Gli agenti patogeni si evolvono abitualmente attorno ai genotipi immunitari ospite ormai usuali. Le densità del settore possono anche deprimere la risposta immunitaria.[4]
Mandrie di maggiori dimensioni e densità selezionano i ceppi patogeni in base all’aumento dei tassi di trasmissione e alle infezioni ricorrenti.[5]
L’elevato volume di produzione offre una fornitura continuamente rinnovata di soggetti predisposti a patologie a livello di stalla, fattoria e regione, eliminando il limite demografico riguardo all’evoluzione della letalità degli agenti patogeni.[6]
Poiché la persistenza di agenti patogeni acuti è selezionata anche dalle dimensioni della popolazione di bestiame industriale di ordini di grandezza inferiori a quelle umane, tale produzione può amplificare il salto di specie della malattia nella popolazione umana.[7] La modellizzazione matematica e una molteplicità di dati suggeriscono ulteriori perversità epizoologiche.[8]
Diminuire l’età dell’uccisione a sei settimane nei polli e a ventidue nei suini può determinare una maggiore virulenza e viremia dell’agente patogeno, in grado di sopravvivere a sistemi immunitari più robusti.[9]

La produzione “all-in/all-out”, un tentativo di controllare i focolai allevando gruppi in lotti, può introdurre la condizione ottimale per la trasmissione a livello di stalla o di azienda agricola. La pratica può determinare una soglia di infezione della popolazione per stalla che si allinea con i tempi di finitura stabiliti dall’industria per le sue mandrie o i suoi greggi.[10]
Cioè, i ceppi di successo sviluppano corsi di vita che uccidono animali da allevamento cresciuti e prossimi alla macellazione, quando il bestiame è più prezioso per gli allevatori. Senza riproduzione in loco e con l’allevamento condotto all’estero principalmente per i soli tratti morfometrici, le popolazioni di bestiame non sono in grado di sviluppare la resistenza alle infezioni circolanti.[11]

La selezione naturale viene eliminata come servizio ecosistemico, non più in grado di svolgere un lavoro gratuito per gli allevatori. La modellizzazione sta trovando supporto nella documentazione storica. Gli aumenti della virulenza dell’influenza aviaria sono stati documentati quasi esclusivamente nelle aziende commerciali più grandi.[12]
Oltre il cancello della fattoria, l’allungamento dell’estensione geografica del fiorente commercio di animali vivi ha ampliato la diversità dei segmenti genomici che i loro agenti patogeni scambiano, aumentando la velocità e le combinazioni su cui gli agenti patogeni esplorano le loro possibilità evolutive.[13]
Maggiore è la variazione della loro genetica, più rapidamente evolvono le popolazioni di agenti patogeni.
Anche le strategie di successo nella biosicurezza hanno i loro costi. Sia con l’igiene quotidiana che con l’abbattimento di emergenza, la resistenza alle malattie della popolazione può essere filtrata, possono essere rimossi i sierotipi meno virulenti che escludono i loro concorrenti più virulenti ed è possibile che vengano rimosse le esposizioni che lo sviluppo immunitario naturale richiede, inclusi gli epitopi patogeni che provocano protezione cross-reactive.[14]
I vaccini - che certamente hanno il loro posto nella salute degli animali per l’alimentazione - possono anche mascherare o determinare l’evoluzione della virulenza in condizioni industriali.[15]

Le fattorie che richiedono una biosicurezza rigorosa sono tipicamente raggruppate spazialmente come parte della spinta per la creazione di economie di scala, producendo super-epidemiologie che si estendono oltre la capacità di qualsiasi fattoria di controllare un’epidemia, con impatti netti sul salto di specie verso gli umani e l’adattamento degli agenti patogeni.[16]
Alcune dinamiche epizoologiche sono così irregolari e imprevedibili che si esclude la possibilità di eradicazione qualunque siano gli sforzi sviluppati per il controllo della malattia.[17] Altri risultati segnalano divergenze in corso nel pensiero scientifico. Dalla modellizzazione del virus della malattia di Marek, un alfaherpesvirus che produce una varietà di tumori nel pollame, si deduce che gli effetti della densità degli allevamenti sulla mortalità degli agenti patogeni possono dipendere dal fatto che le galline ovaiole facciano la muta ed entrino in una sospensione naturale nella deposizione delle uova.[18]
Mentre il disease modeler Carly Rozins e i suoi colleghi sostengono che un tale risultato indica che il miglioramento del benessere delle galline non è necessariamente in contrasto con l’economia industriale, l’elevata densità di allevamento, che ha portato a ridurre la perdita di uova nel modello, ha richiesto le interruzioni stagionali imposte dalla muta (e che il settore delle galline ovaiole tenta di aggirare con l’illuminazione contro-stagionale per la deposizione durante tutto l’anno).
La logica della modellizzazione da parte dei ricercatori - alla ricerca di spazio per le pratiche industriali - è particolarmente tendenziosa, dato che ormai incolpare delle epidemie i piccoli proprietari e richiedere protocolli di biosicurezza che i produttori su pascolo non sono in grado di permettersi, per malattie raramente originate da loro, fa parte del pacchetto standard del settore per la gestione delle crisi epidemiche. [19]
I sociologi dello sviluppo Paul Foster e Olivier Charnoz e l’epidemiologo evoluzionista Rob Wallace sostengono che tale imposizione si estende al di là di una "dottrina dello shock", per la quale le epidemie vengono utilizzate per un fugace vantaggio finanziario del capitale.[20]

La distinzione essenziale tra allevamenti industriali che esercitano la biosicurezza, da un lato, e piccoli allevatori le cui mandrie e le greggi sono esposte agli elementi epidemiologici, dall’altro, è smentita dalle complessità relative alla proprietà e agli obblighi contrattuali.[21]
In molti paesi industriali, l’agribusiness spedisce pulcini di un giorno affinché vengano allevati a cottimo da allevatori a contratto. Una volta cresciuti (ed esposti agli uccelli migratori e alle fonti ambientali di malattie), i branchi vengono rispediti allo stabilimento per la lavorazione. La violazione della biosicurezza è incorporata direttamente nel modello industriale.
L’insieme di questi vincoli - la perdita di diversità immunitaria e di evoluzione reattiva, la selezione per virulenza e persistenza - sono quasi interamente autoimposti. Oltre a scaricare la colpa, il settore ha risposto alla trappola delle malattie di sua iniziativa modificando gli animali per l’alimentazione.
La durata delle logistiche  realizzate in laboratorio e in allevamento, tuttavia, si basano su letture di convenienza della natura delle biologie del bestiame, che si stanno rivelando orribili nella loro violenza.[22]
Le porcilaie “sterili”, ad esempio, sono popolate da maialini ottenuti per “parto strappato” - raccolti direttamente alla nascita e allevati in isolamento.[23]
In base alle variazioni HYPAR o HCDC, i maialini sono “procurati o derivati per isterectomia” e “allevati artificialmente” o privati del colostro.[24]
Cioè, le scrofe che erano sulla soglia del parto vengono sottoposte a eutanasia prima o dopo il parto mediante isterectomia terminale.[25]
I loro uteri vengono rimossi e posti in una incubatrice o cosparsi di antisettico prima che i maialini vengano rimossi dal loro involucro uterino. In alcuni casi, i maialini vengono attaccati alle scrofe HYPAR di prima generazione in modo che possano ottenere il colostro. Alcuni sono indotti per via farmacologica allo svezzamento precoce. In altri casi, i maialini sono completamente allevati con latte artificiale. L’obiettivo nel rompere il legame madre-maialino è quello di produrre quello che l’industria chiama un gruppo caratterizzato da “malattia minima” (MD), “stato di salute elevato” o “esente da organismi patogeni specifici” (SPF) che interrompe la trasmissione verticale dei patogeni (e di un microbioma benefico) dalla scrofa alla progenie.[26]
I suini  contrassegnati MD dovrebbero essere esenti da specifiche patologie dell'allevamento industriale, quali brucellosi, polmonite enzootica, pleuropolmonite, dissenteria suina, parassiti esterni come la rogna sarcoptica e parassiti interni, tra cui grande nematode del maiale, verme nodulo, verme a frusta e verme dello stomaco Hyostrongylus.
Lo sviluppo post-parto è definito da un’altra serie di interventi chirurgici e ambientali.[27]
Le code dei maialini vengono abitualmente tagliate con cauterizzazione o cutter, i canini rimossi per impedire ai maialini annoiati di mangiarsi il sedere a vicenda e la castrazione indotta chimicamente nei giovani.[28]
Nel tentativo di economizzare spazio e lavoro nell’allevamento, le contabilità ancora una volta privilegiate, molte scrofe industriali vengono poste in piccole casse da gestazione e da parto, nelle quali non possono muoversi.[29]
Masticano le sbarre per noia e sviluppano piaghe nel tentativo di alzarsi e sdraiarsi. Il benessere è quasi interamente presentato in termini di mortalità minore per scrofe e maialini, piuttosto che in termini di vissuto degli animali.[30]

Il bestiame industriale viene allevato da sempre più come carne che come animale vivo.[31] Questo presupposto si ripercuote sulle cure veterinarie.
Gli antibiotici subterapeutici nel maiale e nell' altro bestiame e pollame - l’80% dell’utilizzo totale (umano e non) negli Stati Uniti - che ammontano a 34 milioni di libbre all’anno in questo paese, vengono impiegati in primo luogo come promotori della crescita e profilassi per malattie che per la maggior parte sarebbero altrimenti prevenibili con un cambiamento nel modello di produzione.[32]
Le applicazioni negli allevamenti concorrono a [creare] resistenza agli antibiotici nelle infezioni batteriche che contribuiscono a uccidere da 23.000 a 100.000 americani all’anno e, con crescente impiego a livello globale, 700.000 persone in tutto il mondo.[33]
Tali mandrie, come abbiamo notato, sono caratterizzate da una minore immunità di fondo. Il modello industriale di produzione pretende di codificare il rischio di malattia imponendo condizioni iniziali sterili in stalle piene di liquidi corporei e letame.
Viene ora prescritta la danish entry/exit: un’area contaminata in cui vengono lasciati stivali e indumenti da lavoro, che conduce attraverso un’area di lavoro intermedia a una zona pulita dove viene fornito un indumento per l’esterno della stalla.[34] Vengono imposte delle pause prima che siano autorizzati visitatori.  Le docce sono fornite in loco all’ingresso e all’uscita. Sono disponibili vaschette per pediluvio. La produzione è organizzata intorno al sistema “all-in/all-out”, per cui una mandria o un gregge vengono portati in una stalla solo dopo la rimozione della coorte precedente. Le stalle sono dotate di sistemi a doppia porta, sistemi con “camera di compensazione” e filtri per la circolazione dell’aria in entrata e in uscita.

La recinzione perimetrale e la protezione da uccelli selvatici e roditori mirano a tenere alla larga la natura sporca.  Macchinari e strumenti - camion, carrelli elevatori, marcatori auricolari e simili - sono riservati alla stalla.
Il bestiame morto viene incenerito, seppellito o compostato in loco. È disponibile una mensa separata.
I prodotti animali trasformati sono vietati. Al personale viene impedito il contatto con animali simili - domestici, commerciali e selvatici - anche se l’economia del settore sceglie anche squadre di braccianti itineranti mal pagati che lavorano da fattoria a fattoria.[35]
Gli interventi si estendono fuori sede. Ci sono aziende che hanno ispezionato le case dei lavoratori dell’allevamento come se fossero la fonte del problema.[36]
Per quanto seguiti diligentemente, anche i programmi più rigorosi si stanno dimostrando inefficaci contro una crescente schiera di agenti patogeni mortali in evoluzione, in parte come problema della loro stessa azione. Nonostante i mesi di preavviso, l'ampia copertura mediatica e le campagne pubblicitarie degli stati e dei programmi di assistenza agricola, l’influenza aviaria altamente patogena A H5N2 ha devastato le attività [di allevamento] di tacchini e galline ovaiole nel Midwest degli Stati Uniti, uccidendo 50 milioni di uccelli per infezione diretta o abbattimento.[37] A quanto pare il ceppo è stato diffuso da fomiti portati dal vento per i quali il modello danese offriva poca protezione e che la concentrazione spaziale del settore favoriva.

Il contagio, insieme all’inquinamento, al maltrattamento dei lavoratori agricoli e a tutte le altre lacerazioni che abbiamo toccato in questo articolo, esemplifica una diseconomia di scala connaturata e a cui si fa poco riferimento. Maggiore è la dimensione delle attività sia a livello di azienda agricola che a livello di regione, peggiore è il problema.
La problematica del contagio va oltre la capacità logistica che il settore può sopportare riguardo ai focolai.[38]
Nel 2016, i settori delle anatre e delle oche della Francia sono stati colpiti in diciotto dipartimenti del sud-ovest da focolai simultanei di influenze aviarie altamente patogene H5N1, H5N2, H5N3 e H5N9[39].
In risposta, gli allevatori di pollame si sono mossi per porre fine alla produzione industriale sulla base del fatto che le pratiche di biosicurezza a lungo perseguite erano insufficienti per il biocontrollo.[40] Contrariamente alla produzione statunitense, la regolamentazione settoriale sta introducendo pause di quattro mesi tra un gruppo di animali e l'altro, durante le quali gli allevatori dovrebbero pulire e disinfettare le loro stalle, una tempistica che effettivamente metterebbe fine al posizionamento della Francia nella corsa globale al ribasso nell’ecologia della produzione.
Il dilemma è reso attuale da qualcosa di più della scarsa probabilità che la consueta serie di interventi possa riuscire a fermare queste nuove infezioni emergenti.

Gli agenti patogeni dell’agribusiness si stanno evolvendo anche attraverso il cuore del modello di produzione, come confutazioni viventi di un paradigma.
I nuovi agenti patogeni, tra cui H5Nx e la peste suina africana, aggirano le nozioni culturali di ciò che la “biosicurezza” deve significare per il settore, sia come questione di necessità economica sia come “significante principale” su cui fondare la storia del cibo per il grande pubblico.[41]
Questi cumuli di cibo “sterile” non stanno dimostrando nulla del genere. Il danno risultante, che va oltre la perdita del patrimonio zootecnico, ha introdotto un’ansia esistenziale nell’agricoltura industriale.[42]
Malattie sporche che sfuggono dal cibo presumibilmente pulito “contaminano” la narrativa del settore nel mezzo di una crisi già in corso di forte legittimità e fiducia pubblica.[43]

Frazioni di capitale agricolo, già in conflitto sull’opportunità di rifornire mercati altamente competitivi oppure di proteggere il valore con una scarsità pianificata, stanno cominciando a perdere la disciplina di classe necessaria per risolvere a favore dell’agrobusiness  il moltiplicarsi di situazioni critiche del settore.
La risposta di alcune fazioni industriali sembra accidentale, al di là persino del “prendi e scappa” delle isterectomie terminali. Forse qualche soluzione sistemerà questo trimestre finanziario, si pensa.
Il software di riconoscimento facciale per monitorare migliaia di capi di bestiame per le malattie o i laser per allontanare dagli allevamenti gli uccelli selvatici in migrazione offrono poche prospettive, e contano poco nel modo di trasformare i programmi di produzione al centro del modello di business, che selezionano la virulenza e persistenza dei patogeni.[44]
La “pre-programmazione” della resistenza alle malattie negli animali per l’alimentazione transgenici mira a bloccare i patogeni prima ancora che arrivino.[45]
Ma i microbi sono professionisti del trucco molto migliori. Attraverso milioni di portatori ogni giorno, sviluppano soluzioni nei confronti della profilassi molte volte prima ancora che i farmaci vengano introdotti.[46] La capacità di adattamento dell’agribusiness non va tuttavia sottovalutata. Il settore ha a lungo messo a frutto le sue intrinseche modalità fallimentari nel controllo delle malattie.[47]

L’ingegnosità è sbalorditiva se non capiamo che il materialismo su cui lavora l’agricoltura industriale si estende oltre la carne e le macchine, nel sociale e nel semiotico.[48]
Piuttosto che ripensare il modello di produzione, decenni fa l’allevamento intensivo negli Stati Uniti e in altri paesi industriali ha scorporato l’ingrasso degli animali - quello che molti immaginano come l’allevamento stesso – in modo che fossero allevatori in appalto a sopportare la parte peggiore delle perdite derivanti dalle malattie.
Gli appaltatori vengono ingaggiati su base temporanea mentre sono responsabili di milioni di dollari in prestiti per acquistare la terra, le stalle, le attrezzature e altri input per allevare animali per l’alimentazione secondo le specifiche della compagnia committente. Le compagnie “fanno crescere” gli appaltatori, e i debiti in conto capitale a cui sono vincolati questi agricoltori, per assorbire il peggio dei danni causati dai focolai.
Fino ad ora il piano alternativo ha funzionato come previsto. Per l’epidemia di H5N2 nel Midwest degli Stati Uniti, i costi diretti degli uccelli uccisi dal virus, per i quali un vaccino prodotto durante l’epidemia si è rivelato inefficace, sono ricaduti sugli appaltatori, per i quali non è prevista alcuna assicurazione contro l’epidemia.[49]  I costi di abbattimento dei branchi non ancora infettati dall’H5N2, ma in pericolo, sono stati pagati dai contribuenti federali.

In breve, a tutto vantaggio degli agenti patogeni più letali, a cui è stato permesso di continuare a circolare attraverso una vasta rete di stalle, fattorie e confini nazionali, il capitalismo, contro la propria caratterizzazione, non è riuscito a punire il fallimento del mercato del settore.
Il sistema sposta invece i danni fuori dal suo bilancio e verso animali per l’alimentazione, la fauna selvatica, gli agricoltori, i consumatori, le comunità locali, e all’estero. I fallimenti fondamentali nella biosicurezza vengono nascosti all'interno della produzione, innanzitutto nei riguardi di agricoltori e governi federali, prima che un singolo lotto di maiali o polli esca dal camion.

(3. Continua)


Glossario:

All in/All out: sistema per il quale non è possibile introdurre un nuovo lotto prima che sia stata estratta la totalità di quello precedente.
Antigene: una molecola in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa.
Colostro: è un liquido che il seno materno produce prima della montata lattea circa tre giorni dopo il parto. Molto nutriente e importante per aumentare le difese immunologiche.
Cross reactivity: reazione del sistema immunitario all’antigene.
Danish entry/exit:  sistema di organizzazione dei flussi di persone negli allevamenti attraverso la separazione delle zone potenzialmente infette e non, inframezzate da aree di disinfezione.
Disease modeling: l'uso di modelli matematici in materia sanitaria.
Epitopo:  è quella piccola parte di antigene che si lega agli anticorpi.
Epizoologia: epidemiologia veterinaria.
Fomite: oggetto inanimato che, se contaminato o esposto a microrganismi patogeni, può trasferire una malattia infettiva a un nuovo ospite.
Modellizzazione: costruzione di un modello teorico.
Morfometrico: relativo alla morfometria, l'analisi quantitativa della forma.
Sierotipo: sottospecie. Un livello di classificazione di batteri e virus inferiore a quello di specie.


 Note:

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[4] Houshmand M, K Azhar, I Zulkifli, MH Bejo, and A Kamyab (2012). “Effects of prebiotic, protein level, and stocking density on performance, immunity, and stress indicators of broilers.” Poult Sci., 91: 393–401; Gomes AVS, WM Quinteiro-Filho, A Ribeiro, V Ferraz-de-Paula, ML Pinheiro, et al. (2014). “Overcrowding stress decreases macrophage activity and increases Salmonella Enteritidis invasion in broiler chickens.” Avian Pathology 43(1): 82–90; Yarahmadi P, HK Miandare, S Fayaz, C Marlowe, and A Caipang (2016). “Increased stocking density causes changes in expression of selected stress- and immune-related genes, humoral innate immune parameters and stress responses of rainbow trout (Oncorhynchus mykiss).” Fish & Shellfish Immunology 48: 43–53; Li W, F Wei, B Xu, Q Sun, W Deng, et al. (2019). “Effect of stocking density and alpha-lipoic acid on the growth performance, physiological and oxidative stress and immune response of broilers” Asian-Australasian Journal of Animal Studies

[5] Pitzer VE, R Aguas, S Riley, WLA Loeffen, JLN Wood, and BT Grenfell (2016) . “High turnover drives prolonged persistence of influenza in managed pig herds.” J. R. Soc. Interface 13: 20160138; Gast RK, R Guraya, DR Jones, KE Anderson, and DM Karcher (2017). “Frequency and duration of fecal shedding of Salmonella Enteritidis by experimentally infected laying hens housed in enriched colony cages at different stocking densities.” Front. Vet. Sci. ; Diaz A, D Marthaler, C Corzo, C Muñoz-Zanzi, S Sreevatsan, M Culhane, and M Torremorell (2017) . “Multiple genome constellations of similar and distinct influenza A viruses co-circulate in pigs during epidemic events.” Scientific Reports 7: 11886; EFSA Panel on Biological Hazards (EFSA BIOHAZ Panel), K Koutsoumanis, A Allende, A Alvarez-Ordóñez, D Bolton, et al. (2019). “Salmonella control in poultry flocks and its public health impact.” EFSA Journal 17(2): e05596.

[6] Atkins KE, RG Wallace, L Hogerwerf, M Gilbert, J Slingenbergh, J Otte, and A Galvani (2011). Livestock Landscapes and the Evolution of Influenza Virulence. Virulence Team Working Paper No. 1. Animal Health and Production Division, Food and Agriculture Organization of the United Nations, Rome; Allen J and S Lavau (2015). “‘Just-in-time’ disease: Biosecurity, poultry and power”; Pitzer VE, R Aguas, S Riley, WLA Loeffen, JLN Wood, and BT Grenfell (2016). “High turnover drives prolonged persistence of influenza in managed pig herds”; Rogalski MA, CD Gowler, CL Shaw, RA Hufbauer, and MA Duffy (2017). “Human drivers of ecological and evolutionary dynamics in emerging and disappearing infectious disease systems.” Phil. Trans. R. Soc. B 372(1712): 20160043.

[7] Rogalski MA, CD Gowler, CL Shaw, RA Hufbauer, and MA Duffy (2017). “Human drivers of ecological and evolutionary dynamics in emerging and disappearing infectious disease systems.”

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[10] Atkins KE, RG Wallace, L Hogerwerf, M Gilbert, J Slingenbergh, J Otte, and A Galvani (2011). Livestock Landscapes and the Evolution of Influenza Virulence; Kennedy DA, C Cairns, MJ Jones, AS Bell, RM Salathe, et al. (2017). “Industry-wide surveillance of Marek’s disease virus on commercial poultry farms.” Avian Dis. 61: 153–164.

[11] Wallace RG (2016). “A pale, mushy wing.” In Big Farms Make Big Flu: Dispatches on Infectious Disease, Agribusiness, and the Nature of Science. Monthly Review Press, New York, pp 222–223; Gilbert M, X Xiao, and TP Robinson (2017). “Intensifying poultry production systems and the emergence of avian influenza in China: A ‘One Health/Ecohealth’ epitome.”

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Rob Wallace, Alex Liebman, David Weisberger, Tammi Jonas, Luke Bergmann, Richard Kock e Rodrick Wallace


Traduzione di Ecor.Network

Fonte: Dead Epidemiologists: On the Origins of COVID-19 - Monthly Review Press 2020


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