Lo snobismo verso il "popolaccio", verso la «spazzatura» dimostrato dai democratici americani, negli anni li ha penalizzati. Ma si deve dare atto a Biden di aver attuato politiche del lavoro apprezzabili:
1. «di aver portato la disoccupazione a livelli relativamente bassi (certo, è cresciuto il lavoro povero, precario, e molte persone per vivere devono fare due lavori);
2. di aver sostenuto il diritto di sciopero;
E per fare qualche esempio:
3. di aver provato a trasformare rider e autisti di Uber in lavoratori dipendenti;
4. di aver sostenuto i tentativi dei lavoratori di Amazon di sindacalizzare i magazzini dell'azienda» (Francesco Barbommel da Facebook)
La situazione economica negli anni di Biden è stata relativamente in crescita, intorno al 2,5% del PIL, con piani di investimento, seppur ridimensionati, miliardari.
Evidentemente «gli operai della Rust Belt hanno dimenticato che Trump già li aveva presi in giro nel 2016, promettendo un ritorno in America delle fabbriche delocalizzate, ritorno che non c'è stato; né è servito spiegar loro che i dazi alla Cina hanno solo fatto spostare le fabbriche altrove, ad esempio in Vietnam, ma non negli USA.
Non è servito nemmeno il fatto che Trump abbia tolto i pochi regolamenti al mercato finanziario messi da Obama dopo la crisi del 2007-2008». (Francesco Barbommel)
Se ciò non è servito... Se i latinos disprezzati da Trump hanno deciso in una certa percentuale di votarlo, una ragione (magari illusoria) ci sarà.
E credo che i motivi siano sostanzialmente i seguenti:
1. Alla relativa crescita economica non è corrisposta una distribuzione della ricchezza: lavoratori e ceto medio sono rimasti generalmente estranei agli effetti di questa crescita e hanno pagato pesantemente le conseguenze dell'inflazione;
2. Le suddette classi sociali non hanno accettato a) la politica militare di Biden: il loro desiderio è che l'America non si interessi né investa tutti quei milioni di dollari nelle guerre altrui (senza però dimenticare che gli USA hanno ridimensionato negli ultimi decenni le antiche velleità di essere i poliziotti del mondo e di controllare militarmente ampie aree);
b) ritengono, come succede in Europa, i migranti la causa principale dei loro problemi e di quelli del paese.
Questo malcontento di gente penalizzata da problemi reali, come la divaricazione della forbice sociale, la chiusura delle fabbriche e la delocalizzazioni, oltre che da ciò che s'è detto, è stato cavalcato da un demagogo come Trump. A dei guerrafondai come Biden-Harris è subentrato un imprevedibile demagogo. Dalla padella nella brace. Wall Street gongola in ogni caso. Se Biden ha fatto qualcosa per i lavoratori, si è sempre dimostrato essere un agente del capitale produttivo e finanziario, lo stesso è stato e sarà Trump. I dazi di quest'ultimo sono stati applicati anche da Biden. Anzi con Trump il protezionismo si accompagnerà con un sostegno ancora più spinto al capitalismo nazionale. La questione migranti, pur essendo un problema serio che va affrontato, per i demagoghi è soprattutto un paravento che non si può gestire con i muri e le deportazioni.
Le politiche economiche del programma dei due candidati erano simili. Si veda il lungo articolo in due parti pubblicato dall'economista Michael Roberts sul suo blog [prima parte e seconda parte].
Ridicole appaiono le reazioni da parte della sinistra e della destra di fronte a questa vittoria. La sinistra che esaltava la Harris, come se fosse Che Guevara, dimenticando che è un'agente del capitale e una guerrafondaia; la destra pronta a difendere, col consueto spirito di parte, tutto ciò che è di destra, anche quando è rappresentato da personaggi impresentabili, imprevedibili, clowneschi e pericolosi; anche quando le politiche di Trump danneggeranno, così come hanno fatto, l'economia europea; anche quando tante sue misure, come la lotta alle delocalizzazioni, si sono rivelate un bluff; anche quando ridurre le tasse ai ricchi compensando queste entrate con l'aumento delle tariffe doganali ha il solo effetto - come dimostrato da studi empirici - di penalizzare i ceti medi e popolari.
Cosa i ceti medi e popolari possono aspettarsi dal suo governo è una pia illusione. Come al solito farà gli interessi propri e quelli dei suoi fiancheggiatori, come Musk.
Certo, Trump ha anche la responsabilità dell'assalto a Capitol Hill, è un maschilista osceno, un razzista, uno strenuo negazionista e sostenitore del capitalismo fossile, un evasore fiscale, è imprevedibile, è un "pallonaro"... Cose che in qualche modo ricordano il nostro cavaliere nazionale (che le sue avventure almeno le pagava profumatamente), ma prima di questi aspetti istrioneschi in lui bisogna vedere altro: il fallimento della politica dei democratici e il ritorno al potere di un personaggio che sosterrà il capitalismo più sfrenato e insofferente del diritto e delle regole; un personaggio le cui formule economiche si dimostrano alla luce dell'analisi empirica fallimentari, dato che danneggiano i ceti medi e popolari.
Ma prima di ogni cosa, ciò che soprattutto i lavoratori dovrebbero cogliere è che il capitalismo, in qualsiasi declinazione e coniugazione, è il vero e sostanziale problema. E la soluzione agli attuali problemi sociali e ambientali, come alle guerre, non potrà mai venire da un uomo del destino, dall'"uomo forte", dal Masaniello di turno. Smorziamo perciò questi entusiasmi come queste delusioni.
Alessandro Cocuzza
Aggiungi commento